di Luigi Viviani. Sguardi al futuro politico.
Da sindacalista e da politico ho vissuto parecchie feste del 1° Maggio come celebrazioni unitarie del sindacato per valorizzare i passi compiuti in termini di miglioramento complessivo della dignità del lavoro, e di prospettazione di ulteriori traguardi da raggiungere. Questo rito ha avuto quest’anno uno svolgimento del tutto diverso e con effetti che non hanno certamente giovato ai diritti del lavoro.
Ha incominciato il governo di destra che, con l’intento di conquistare spazio politico in questa festa, tradizionalmente più vicina alla sinistra, ha deciso di convocare il Consiglio dei ministri proprio il Primo Maggio, per definire un provvedimento legislativo in materia di lavoro, che fin dalle sue prime discussioni prometteva ben poco di buono.
Con una certa arroganza il governo ha poi convocato i sindacati la domenica sera precedente, a cose ormai decise, per un incontro di puro scambio delle rispettive posizioni. I contenuti del provvedimento riguardano essenzialmente tre questioni: un taglio al cuneo fiscale, il superamento del Reddito di cittadinanza con l’introduzione di un Reddito di inclusione, e il superamento di alcune casuali dei contratti a termine con un incentivo all’assunzione dei neet (giovani che non studiano e non lavorano).
Nel complesso, di fronte a una modesta e temporanea riduzione dell’onere del cuneo fiscale, condizionata dalla ridotta entità delle risorse disponibili, si è ridotto l’intervento contro la povertà con l’introduzione di un Reddito di inclusione di livello inferiore e soggetto a maggiori condizioni, e resi più flessibili e con meno causali i contratti a termine. Uno scambio che, alla fine, aumenta la libertà d’impresa, rende ulteriormente estendibile la precarietà del lavoro, e riduce risorse nella lotta alla povertà.
A fronte di tali scelte, ben lontane dai veri problemi del mercato del lavoro, sta il sindacato confederale che ha preferito seguire la via tradizionale di incontrare il governo (in tale occasione in una condizione troppo subalterna) per constatare che le posizioni dell’esecutivo sono contrarie alle proprie, e quindi continuare a criticarlo, dimostrando, in questo caso, anche preoccupanti incrinature unitarie.
Con questo comportamento il sindacato sembra aver dimenticato il suo ruolo fondamentale di iniziativa diretta e autonoma di promozione e tutela della condizione dei lavoratori, frutto dell’esercizio del suo potere, che sta innanzitutto nelle aziende, e si esercita attraverso la contrattazione collettiva nei confronti delle controparti imprenditoriali, per stipulare accordi anche con il sostegno dello sciopero, quando serve. Fa parte del suo ruolo anche il confronto con il governo, ma l’esperienza ha ampiamente dimostrato ch questo è tanto più efficace quanto più si esercita sulla base delle precedenti intese tra le patti sociali. L’aver trascurato la contrattazione collettiva (almeno metà dei contratti di categoria sono da rinnovare) ha impedito, ad esempio, di fronte alle profonde trasformazioni del lavoro, di arrivare a un’intesa generale con le controparti sulle nuove tutele del lavoro, per poi trasferirla in una nuova versione dello “Statuto dei diritti dei lavoratori”, da rivendicare nei confronti del Parlamento e del governo.
Lo stesso sistema dei partiti ha dimostrato, anche in questo 1° Maggio, tutti i suoi limiti nei confronti dei problemi e e delle politiche del lavoro. Nella maggioranza governativa, solo FdI ha difeso pedissequamente le scelte del governo, mentre Lega e FI, in parte deluse per il mancato intervento in materia di pensioni, sono stati in prevalenza a guardare. Un discorso particolare merita il Pd che in tale occasione, oltre il salario minimo, non ha manifestato particolare impegno di proposta in materia di politiche del lavoro.
Elly Schlein ha inteso festeggiare la ricorrenza andando in visita in Sicilia a Portella della Ginestra, luogo storico per la strage del 1947 da parte del bandito Giuliano, nei confronti dei lavoratori che festeggiavano il Primo Maggio. La memoria del passato è certamente importante, ma i compiti del Pd, e della stessa sua segretaria, riguardano soprattutto il presente nel quale la proposta strategica del partito sul futuro dell’Italia, alternativa al governo della destra risulta ancora largamente indeterminata. In questo quadro, di segno triste e piuttosto deprimente, ha costituito una rilevante e benefica eccezione il forte messaggio del presidente Mattarella, che, in visita alle aziende del comparto meccatronica a Reggio Emilia, ha indicato con rigore i problemi, la dignità e i diritti del lavoro di oggi, nello spirito e nella lettera della Costituzione.
Mentre dall’insieme di questi fatti emerge come la Festa del Lavoro abbia messo in chiara evidenza i limiti e le contraddizioni che caratterizzano la politica e la società italiana su questo problema, lo splendido messaggio del Presidente della Repubblica ci ricorda che la nostra democrazia ha in sé i valori e le energie per superare questa situazione e creare le condizioni affinché il lavoro venga rispettato e tutelato nella sua essenziale umanità. Alla condizione che tutti i soggetti, che a vario titolo, sono impegnati in quest’opera, svolgano fino in fondo, con rigore e responsabilità, il loro compito. Perché è soltanto da tale impegno concorde che sarà possibile realizzare una sintesi adeguata tra crescita del lavoro e democrazia del Paese.