di Sara De Carli. Pubblicato in Vita.it del 28 giugno 2023.
Si avvicina il giorno in cui la Corte Costituzionale deciderà sulla costituzionalità della legge sulle adozioni, che prevede l'interruzione in automatico dei rapporti con la famiglia d'origine. Anfaa, storica associazione di famiglie adottive, è contraria: «Il diritto dei bambini è quello di avere una famiglia in cui guardare positivamente al futuro. Temiamo che passi un inesistente diritto della famiglia di origine a continuare ad avere un ruolo nella vita del minore adottato. Mantenere i legami in casi eccezionali è già possibile, ma qui rischia di saltare l'equilibrio».
Con l’adozione si diventa figli, senza aggettivi. E il diritto del minore (a cui l’adozione dà una risposta) non è quello di mantenere rapporti con una famiglia con cui condivide sostanzialmente solo il patrimonio genetico, ma quello di poter avere una propria famiglia, in cui crescere serenamente. Senza che il diritto al mantenimento dei legami con la famiglia d’origine finisca per mascherare un inesistente diritto della famiglia di origine a continuare ad avere un ruolo nella vita presente e futura del minore adottato.
Sono queste le ragioni della «forte preoccupazione» con cui l’Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie-Anfaa guarda al prossimo 5 luglio, giorno in cui la Corte Costituzionale discuterà l’ordinanza interlocutoria 230/2023 della Corte di Cassazione, circa la legittimità costituzionale del passaggio della Legge 184 (art. 27 comma 3).
Questa legge stabilisce che con l’adozione cessino in automatico i rapporti dell’adottato con la famiglia di origine, fino al quarto grado di parentela. La richiesta di valutazione da parte della Cassazione parte dalla vicenda di due minori, orfani di femminicidio.
L’Anfaa, un’associazione di volontariato che si occupa di adozioni da oltre 60 anni si fonda proprio nell’aver visto «tante esperienze e casi concreti, la nostra non è certo la pretesa di spiegare agli uccelli come volare». Esperienze di adozione aperta - ossia di un’adozione piena, ma con il mantenimento dei rapporti con la famiglia d’origine, già possibili anche con la legge attuale - in cui questi legami sono stati positivi e «al contrario esperienze di vere e proprie “persecuzioni” da parte di adulti che non hanno mai accettato l’adottabilità dei propri nati, li hanno rintracciati, hanno preteso di interagire con loro, li hanno ricattati (anche economicamente), compromettendo la serenità di tutti». È questo che Anfaa ha raccontato in una lettera aperta scritta in vista della decisione della Corte Costituzionale.
Partiamo dall’inizio: qual è la ratio dell’attuale divieto di rapporti con la famiglia di origine?
L’interruzione dei rapporti è scontata, nel momento in cui con l’adozione piena diventa figlio a tutti gli effetti. Questo rapporto di filiazione, equiparato alla filiazione biologica, è stato ribadito costantemente: si diventa figli e basta, senza aggettivazioni. È così che si realizza la piena tutela del minore. Questa è la premessa. Dobbiamo dire che tale interruzione è necessaria anche per affermare l’appartenenza dell’adottato alla nuova famiglia: un’appartenenza che non può non tener conto della storia pregressa - soprattutto nel caso di minori che sono stati dichiarati adottabili in età preadolescenziale o magari dopo anni di affidamento in cui hanno mantenuto rapporti significativi con qualche componente della famiglia d’origine - e rispetto a cui in alcune situazioni si può valutare positivamente anche il mantenimento di relazioni concrete con alcuni familiari, però una cosa è la conoscenza della propria storia familiare e personale e dei motivi per cui si è stati dichiarati adottabili - il diritto a conoscere una verità narrabile - e un’altra è invece la conoscenza e la relazione con i genitori biologici. Che l’adozione si debba basare sulla cancellazione del passato del minore, Anfaa non lo ha mai pensato, in sessant’anni di storia. Però il rischio che vediamo è che si riconosca diritto della famiglia di origine ad avere un ruolo nella storia presente e futura dell'adottato, a discapito del diritto del minore di poter avere una propria famiglia, in cui crescere serenamente. Il diritto del minore è questo, non quello di mantenere rapporti con una famiglia con cui condivide sostanzialmente solo il patrimonio genetico. Pensiamo a minori che hanno subito per anni maltrattamenti e abusi e che finalmente, con l'adozione, hanno avuto la possibilità di vedere riconosciuto il diritto a una famiglia idonea e a guardare positivamente al loro futuro: esperienze del genere sono ferite sempre aperte o che comunque lasciano cicatrici: non può essere previsto che venga mantenuto un rapporto con un parente/genitore che si è reso autore di quelle ferite, che potrebbero riaprirsi a seguito di rapporti forzati, compromettendo il faticoso percorso avviato con l'inserimento nella famiglia adottiva.
Quale auspicate che sia quindi la decisione della Corte Costituzionale il prossimo 5 luglio?
Per noi sarebbe importante lasciare la norma così com’è, perché ulteriori precisazioni potrebbero portare a stabilire che ci possano essere adozioni piene con mantenimento dei rapporti con la famiglia di origine. Significherebbe che il diritto prevalente del minore va a discapito del diritto della famiglia di origine ad avere un ruolo nella storia presente e futura dell'adottato, con conseguenze negative, se non pessime. Da tempo ci sono campagne mediatiche che hanno sostanzialmente identificato l'interesse del bambino con quello delle famiglie d’origine, ma così non è. Un taglio netto significa dare una seconda chance ai minori. Non diciamo che nella pratica, in alcuni casi eccezionali, non si possa prevedere il mantenimento dei rapporti con alcuni componenti della famiglia d'origine, ma la decisione deve essere sempre in capo all'adottato e ai suoi genitori, non in capo ai genitori di origine che con i loro avvocati pretendono di riprendere rapporti con i loro nati. Il nostro timore è che dettagliando ulteriormente le situazioni, in questo momento si potrebbe arrivare ad una interpretazione capovolta e a dare accoglienza ai presunti diritti della famiglia di origine: non per nulla, invece, la legge stabilisce che l’adottato divenuto adulto possa chiedere di risalire all'identità dei propri genitori biologici ma non il viceversa.
sintesi di Alessandro Bruni
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