di Stefano Allievi. Sociologo del mutamento culturale. Pubblicato nel blog dell'autore e in corriere veneto del 21 giugno 2023.
Talvolta tocca agli amministratori insegnare la politica ai politici: come la si fa, e i principi (quelli costituzionali) sulla base dei quali la si sostiene. È successo anche a proposito del riconoscimento dei figli di coppie omogenitoriali.
La procura di Padova ha impugnato gli atti registrati dal sindaco Giordani in questi anni e chiede di disconoscere 33 genitori di altrettante coppie omosessuali, tutte al femminile, in maniera retroattiva, anche a bimbi che vivono con le loro genitrici da sei anni! In un caso, infatti, si tratta addirittura della registrazione dell’atto di nascita di una bimba nata da una delle due mamme di una coppia omogenitoriale, avvenuta in Canada nell’agosto 2017 e regolarmente sposata in quel paese: e peraltro, in questo caso, ciascuna mamma ha un figlio biologico, con il risultato che i figli non saranno più legalmente fratelli, ma, pur convivendo, avranno ciascuno un cognome diverso (e, a proposito, per evitare scivolamenti su un altro argomento sensibile, in discussione in parlamento proprio in questi giorni, la gestazione per altri non c’entra assolutamente nulla, trattandosi in tutti i casi di situazioni in cui una madre biologica c’è).
La procura chiede – puramente e semplicemente – di togliere il secondo genitore dallo stato di famiglia: con tutte le implicazioni pratiche, dalla scuola alla sanità, e simboliche, sui princìpi e sui diritti, che si possono immaginare. Un effetto della sciagurata circolare Piantedosi di marzo, che in obbedienza ai dettami del nuovo governo e alla sua agenda, diciamo così, valoriale, e nel vuoto legislativo che caratterizza la materia, si è imposta nelle sue conseguenze ai sindaci con una discutibile interpretazione, che peraltro non ha forza di legge e potrebbe essere incostituzionale, in quanto diversifica e ridimensiona i diritti dei bambini.
La posta in gioco è il diritto alla genitorialità di entrambi i genitori: la procura chiede infatti la rettifica del cognome, cancellando quello del genitore non biologico, forzando quindi un cambio dell’identità burocratica dei figli (risolvibile, eventualmente, all’atto pratico, con una lunga procedura di adozione: ma non se ne capisce francamente la ratio). Il sindaco di Padova, come quelli di altre grandi città, da Milano a Roma, è colpevole di avere registrato entrambe le madri, che sono i genitori effettivi.
Al di là del merito della questione, va sottolineato il pacato coraggio civile del sindaco (molti altri – la maggioranza – preferiscono lavarsene le mani). Che in nome di un onesto pragmatismo mirato alla soluzione dei problemi, e dell’obbedienza ai principi e valori costituzionali, da sei anni procede a queste trascrizioni, sempre comunicandole alla procura, che in passato non ha mai eccepito.
Va a onore del sindaco il fatto di procedere in questa direzione semplicemente perché ci crede e pensa sia giusto, senza altre ambizioni e senza agende nascoste, essendo già al suo secondo mandato alla guida di una piccola e sonnacchiosa città di provincia, senza le tentazioni glamour e senza la visibilità e le opportunità politiche di chi governa la capitale statuale e la (ex) capitale morale.
Va sottolineato anche perché è un comportamento molto più responsabile di chi, in parlamento (e non solo da destra: per opposte ragioni, anche da sinistra) ha preferito fino ad ora l’ignavia del non legiferare e del non prendere decisioni, rifiutando la faticosa ricerca del compromesso, pur di ribadire la propria posizione di principio e di conseguenza la propria rispettiva rendita elettorale. Si chiama etica della responsabilità – questa dei sindaci, che altri politici hanno mostrato e mostrano di non avere – e dovrebbe insegnare qualcosa. Se non altro sulla differenza tra la politica utile e quella che non lo è.