di Alessandro Lolli. Recensione del libro "Disertate" di Franco Bifo Berardi. Pubblicato in Il tascabile dell'8 giugno 2023. Premessa e sintesi commentata di Alessandro Bruni.
I sistemi di governance mondiali attuali hanno rivelato i loro limiti. La pandemia, la guerra in Ucraina, l’aumento dell’inflazione e le possibili carestie di cibo e materie prime hanno reso evidente come la politica possa ormai poco di fronte agli stravolgimenti mondiali provocati dall’economia capitalista, dal riscaldamento globale e dalla sovrapproduzione di merci.
Sono venute meno tante sicurezze e i media ci bombardano di previsioni oscure che innalzano l'insicurezza collettiva e individuale. La comunicazione si esprime sempre più in modo duale offrendo idee, previsioni, programmi sempre più antagonisti. Sembra non esista più spazio per la discussione pacata capace di pesare pro e contro nel rispetto delle opinioni differenti maturate dopo uno studio approfondito delle problematiche di governance mondiale. In questa situazione sociale ogni persona si sente pedina ininfluente e così rifiuta ogni governance con l'assenza dalla urne sentendosi sudditi di schemi ideologici precostituiti da altri. In queste condizioni, sempre più debolmente democratiche, ciascuno di noi è tentato a non schierarsi, a cadere nell'indifferenza sociale e personale. Un declino etico verso una diserzione metaforica e reale che si avverte e che preoccupa per gli anni a venire.
Il libro di Bifo, edito da Time0 (2023), offre ragioni della tentazione sociale contemporanea a disertare, scappare, nascondersi, rendersi indifferenti. Una tentazione che non è solo quella di moderni romiti perché non ci si limita a fuggire, ma a trovare complici, affinità sociali creando legami, nuove idee e nuove armi politiche con le quali difendersi da un mondo sempre più inumano. Sono i gradini di una scala di evoluzione sociale di rifiuto e di decadimento in una parcellizzazione individualistica contro le logiche del mainframe politico-economico. Sono i gradini che portano ad una fase evolutiva collettiva che si oppone alle logiche contemporanee del sistema di governance opponendo azioni antisistema variamente colorate in continua metamorfosi e prive di un'unica testa di una guerriglia socio-politica basata sul non consenso (ci si riferisce alle basi ideologiche e alle attività di movimenti non partitici contro in mainframe dal novax al no Tav, all'astensione del voto, al rifiuto di partecipare alla vita politica dei partiti storici).
Siamo dunque all'inizio (o nel bel mezzo) di un'epoca di difficili schieramenti, ora radicalizzati, ora pervasi da una indifferenza strisciante causata dalla ipertrofia dell'opinione prima ancora di aver raggiunto una conoscenza dei fatti?
Vale la pena cercare di dare risposta meditata partendo dal libro di Bifo e dalla sua recensione di Alessandro Lolli.
Sintesi commentata della recensione di Alessandro Lolli
Il libro di Bifo appare come un paradigma magari sotterraneo, ma in circolazione da almeno trent’anni e giunto forse a maturazione. Nella prima parte tratteggia un’etica della diserzione sociale che muove dalla constatazione dell’impotenza di ogni agire politico significativo in un mondo che accelera verso la catastrofe planetaria e nel rifiuto prima individuale e poi collettivo ad esserne partecipe. Nella seconda parte si sottolinea come la diserzione sociale sia tendenza già in atto esprimendosi nella concreta realtà con l'indifferenza, la depressione e la rassegnazione più abulica.
Per Bifo l'esortazione a disertare può essere letta come un prendere parte a un “movimento” già dato di disperati, ad accettare la depressione che è l’unica risposta razionale al disastro psicosociale che ci troviamo a vivere. Non solo, ma anche a unirsi a coloro che si “rassegnano” dal lavoro (gioco di parole bilingue con la cosiddetta Great Resignation) e cercare da qui modi di vivere, o forse semplicemente di essere, alternativi. Verso la fine il libro propone un elenco pratico di diserzioni da mettere in campo: non votare, non lavorare, non consumare più niente che non sia prodotto da comunità di autoproduzione, non procreare, non partecipare a nessuna guerra, non aggredire, ma neppure difendersi ...
Bifo è, tuttavia, consapevole che nessuno può applicare con completezza queste indicazioni che vanno invece lette più come principio da perseguire. Se infatti è relativamente semplice non votare o non procreare (basta in fondo astenersi dal farlo) diverso è immaginare e organizzare la propria vita al di fuori del lavoro, vivendo di sola autoproduzione.
Lolli poi fa notare, a costo di sembrare provocatorio, che a livello psicologico, chi molla tutto e va a vivere in una comune ha molto più da spartire con chi chiede un prestito per lanciare una start-up o ritira tutti i risparmi per investirli in cryptovalute. Comunque la si pensi, sono atti coraggiosi e vitali che poco hanno a che vedere con chi, depresso e rassegnato, si trascina giorno dopo giorno lavorando in precarietà.
Giunti a questo punto, occorre uscire dalla metafora e andare a verificare la diserzione reale a quale di questi tanti sensi più si attagli. La riflessione di Bifo muove da un evento reale con i suoi disertori in carne e ossa, ed è il conflitto Russo-Ucraino scoppiato il 23 febbraio del 2022. Cosa fa il disertore ucraino o russo che non risponde alla chiamata del suo governo e fugge dal paese? Disertare è un atto deliberato, un proposito preciso che necessita determinazione e coraggio per essere portato a termine, correndo tutti i rischi del caso. Ed emerge una ulteriore e più fondamentale distinzione tra la figura suggestiva del disertore metaforico e l’azione del disertore reale.
Concludendo, la diserzione metaforica si presenta come il rifiuto di sostenere l’una o l’altra parte di un conflitto: ci sono due posizioni, due schieramenti, una polarizzazione. Il disertore in carne e ossa è condizionato dal suo governo che lo raggiunge con un ordine. Di fronte a questo ordine ha solo una scelta binaria mutualmente escludente: obbedire e arruolarsi o disobbedire e fuggire. Il moderno disertore metaforico inventa, invece, una terza via, si sottrae alla scelta poiché reputa il tavolo truccato e nasce da un preciso stress psicologico sorto nella nostra società: la profonda trasformazione antropologica che i social network hanno imposto al discorso pubblico.
Quando ci si confronta nell’arena del social network non si incontra solo chi la pensa diversamente ma anche chi la pensa proprio come noi. Il disgusto per questo vociare ininterrotto dell’Altro diventa quindi disgusto per noi stessi che ci percepiamo come parte del coro, disgusto di me in quanto portatore di un’opinione difficilmente elaborata da fatti conoscitivi, dato che assorbiamo quelli del mainframe. Da qui la fantasia escapista della diserzione, la fuga dalla polarizzazione. Il social network ha posto sullo stesso piano il prendere posizione su qualsiasi evento rendendo ugualmente stucchevoli e insopportabili sia le ragioni sull’abbattimento di un’orsa che sulla risoluzione di un conflitto mondiale.
Se le cose stanno così, erigere la diserzione metaforica ad ideale è un errore. Le questioni non sono tutte uguali, e il network ci spinge a dimenticarlo. Non è la stessa cosa non discutere, ragionare, schierarsi rispetto a una guerra dalle ripercussioni mondiali. Si può e forse si deve disertare la “polemica del giorno”, rifiutarsi di nutrire la macchina con le nostre energie psichiche e fisiche; ma occorre anche sapere quando non farlo. Riconoscere questo sapere è il compito di un “disertore contemporaneo” che sa quando combattere e non si racconta come abitante di un altrove che purtroppo non c’è.
sintesi di Alessandro Bruni
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Commento di Alessandro Bruni. La lettura del libro di Bifo e la sua recensione da parte di Lolli pongono anche problemi di appartenenza e di azione ai lettori che praticano l'associazionismo sociale. Praticare il volontariato significa essere sempre in bilico tra il dire e il fare, entrambe azioni necessarie, che devono compenetrarsi per giungere ad un agito di senso verso l'Altro. É un impegno che stimola il volontariato ad essere comunque presente e a espressioni di campo non necessariamente polarizzanti in senso binario, ma alla pratica difficile della terza via di una neutralità impegnata che esige il distinguo di caso per caso e non di schieramento ideologico acritico. Un impegno culturale che Madrugada e Macondo praticano da tempo con l'esercizio del dubbio e della critica.