di Domenico Barrilà. Psicoterapeuta adleriano. Pubblicato nel blog dell'autore e in Tg24 Sky del 15 luglio 2023.
L’ambiente familiare e civile è il contributore più importante nei processi di formazione dello stile di vita, chi ricopre incarichi pubblici e dimentica questa premessa, diventa una minaccia. Molti genitori e altrettanti politici sono accomunati da un errore persistente. Ignorano i nessi tra il proprio comportamento e il degrado della collettività.
La ragione di certe conseguenze lesive dell’interesse comune risiede nel fatto che l’educazione è una trasmissione “testimoniale”, ciò significa che ogni processo educativo dipende solo per una piccola frazione dalle parole, mentre un peso decisivo lo assumono le azioni. È di quelle, soprattutto, che si ciba la psiche dei recettori, ossia i cittadini, di qualsiasi età, figli inclusi. L’ambiente familiare e civile è il contributore più importante nei processi di formazione dello stile di vita, chi ricopre incarichi pubblici è dimentica questa premessa, diventa una minaccia.
Quando vi è uno scarto tra le parole i comportamenti, bambini e ragazzi danno credito ai secondi. Basterebbe guardare a quei genitori che si lagnano di incontrare difficoltà nel disciplinare l’uso degli strumenti digitali nei figli, dimenticando di essere parte decisiva del problema, essendo essi stressi grandi consumatori di nuove tecnologie, sovente con modalità adolescenziali.
Impossibile contrastare un comportamento discutibile, se l’educatore stesso ne è posseduto. L’effetto è ancora più ampio quando sono figure pubbliche a infrangere le regole. Un giornalista straniero sosteneva che il passaggio di un controverso leader italiano, non aveva cambiato le abitudini dei suoi concittadini, che avevano continuato a fare le cose di prima, la differenza era “che ora non se ne vergognavano più”. Questo è il peso educativo della politica e dei personaggi esposti, vale anche per quella gerontocrazia intemperante che popola le reti televisive e non perde occasione per montare spettacoli volgari e aggressivi, spesso a causa della difficoltà ad accettare il declino anagrafico e di ruolo.
Ci ricorda che uno dei grandi pilastri della pedagogia familiare e civile di un paese si trova nell’assunto che chiunque ricopra una carica pubblica, dal bidello al presidente della Repubblica, si deve considerare un educatore, sentendone la relativa responsabilità.
Più la carica ricoperta è importante, più si allarga l’ombrello della sua influenza pedagogica. Difendere un congiunto, che potrebbe essersi macchiato di una mancanza grave, gettando nella mischia il proprio potere, oppure reclutare un parente stretto in un fondamentale organo di governo, rappresentano prima di tutto pesanti gesti diseducativi, suscettibili di emulazioni.
Alcune pratiche nefaste come la raccomandazione sopravvivono proprio perché i politici e le persone che ricoprono ruoli importanti ne fanno larghissimo uso, legittimandole e rendendole pratica comune. Un messaggio che manda in frantumi la solidarietà sociale, ma la conseguenza più grave della raccomandazione è quella che definirei “indolenza sociale”, perché le vittime di tale pratica smetteranno di credere nelle istituzioni e adotteranno comportamenti sottilmente vendicativi, minando l’energia vitale della collettività.
Il veleno della contiguità, i presunti diritti di prossimità, fanno molto male ai gruppi umani, perché figli di istinti territoriali che avevano senso quando vivevamo nelle caverne e difendevamo, letteralmente, con le unghie è con i denti, lo spazio, la femmina, i cuccioli. Parlare di patriottismo oggi, quando il maresciallo Josef Radestky da quasi due secoli non è più governatore del Lombardo-Veneto, è un atto di stupidità umana, che serve solo a risvegliare quei sentimenti primitivi.
L’esclusione della componente educativa dall’esercizio di un ruolo pubblico è la prima responsabile del degrado delle comunità. Non è un tema ideologico ma pedagogico, chi non lo comprende non può occuparsi della vita pubblica, se lo fa è colpa di chi si è fidato. Vale per tutti, nessuno escluso.
sintesi di Alessandro Bruni
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