di Gianluca Nicoletti. Pubblicato nel blog dell'autore il 4 agosto 2023.
è stata una fitta al cuore, per come per ogni altro genitore di un figlio con un serio deficit cognitivo, leggere oggi, nell’incipit della rubrica “Invece Concita” , che lo stato che accomuna i nostri ragazzi è usato con disprezzo e scherno per definire i giovani influencer tedeschi, sicuramente maleducati e viziati, che per farsi un selfie nella fontana di una villa a Viggiù hanno rotto una statua. I ragazzi come Tommy possono essere turbolenti o svampiti ma non sono vandali.
Per un attimo ho stentato a credere possibile che una mia collega gentile e sensibile, da sempre testimone di tutte le possibili battaglie a difesa di ogni fragilità e diritto civile, possa essere sfuggita una frase del genere. Sembra piuttosto scritta da uno di quei bei tipi che ogni tanto attaccano sui social, lo fanno per cose che si scrivono o dicono non in linea con i loro punti di vista, prendendo però la disabilità psichica come esempio di una probabile incapacità a esprimere pensiero.
La frase che mi ha addolorato la riporto qui integralmente:
“Allora dunque ci sono questi cretini integrali, decerebrati assoluti che in un tempo non così remoto sarebbero stati alle differenziali, seguiti da un insegnante di sostegno che diceva loro vieni tesoro, sillabiamo insieme, pulisciti però prima la bocca. Ecco ci sono questi deficienti, nel senso che letteralmente hanno un deficit cognitivo – non è mica colpa loro, ce l’hanno – e che però pur essendo idioti hanno probabilmente centinaia o migliaia di followers, non ho controllato ma non importa, è assolutamente possibile che siano idoli della comunità.”
Lo so che tra le tante maniere di esprimere oggi un pensiero civilmente arretrato, la lotta alla discriminazione “abilista” sia quella meno gratificante per essere presa come proprio specifico terreno di militanza. Non posso farci nulla e mi dispiace di dare l’impressione di voler alimentare una di quelle tristissime dispute pubbliche tra giornalisti (tra l’altro Concita e io lavoriamo per lo stesso gruppo). Però siccome non ho mai fatto passare leggerezze simili ad alcun collega, non posso per onestà verso mio figlio Tommy e i tanti come lui fare finta di non aver letto. Anche perché altri genitori me l’hanno fatto notare da parecchie ore.
Volevo solo se possibile far riflettere Concita sul fatto che, grazie a battaglie che qualcuno ha fatto prima di noi, le scuole differenziali in Italia non ci sono più dal 1977 quando furono abolite dalla legge 517, con l’introduzione, un paio di anni dopo, della figura dell’insegnante di sostegno. Le due realtà quindi non sono mai coesistite.
Quella che veniva indicata come luogo dell’emarginazione e dello stigma (“…Che vai alle differenziali?” era un insulto molto comune tra ragazzini) venne sostituita con il principio dell’inclusione scolastica. E’ una legge che rappresenta per l’Italia un motivo di grande orgoglio, non sempre è applicata come dovrebbe ma è un diritto sancito che ci pone all’avanguardia rispetto molti altri Paesi.
Un ultimo particolare, forse quello meno gradevole in assoluto. L’immagine di un insegnante che dice al ragazzo con deficit psichico “sillabiamo però pulisciti prima la bocca” è veramente atroce. I nostri ragazzi possono anche sbavare, possono avere difficoltà nel parlare, nel leggere, queste sono le conseguenze dei loro cervelli fuori standard. E allora? Bavoso si può dire, cicciona guai?
Nessuno però dovrebbe permettersi di riassumere il loro disagio nel vivere una vita difficile per formulare un insulto, soprattutto se per definire persone che sarebbe molto più semplice chiamare “poveri stronzi” senza il rischio di ferire la nostra sensibilità di cervelli ribelli.
di Marina Viola. Pubblicato nel blog dell'autrice il 7 agosto 2023.
mi chiamo Marina Viola e sono la mamma di un cerebroleso che sbava. Quando poi mangia i suoi biscotti al cioccolato, devi vedere che schifo: sbava una bava marroncina che sembra merda. A proposito di merda: si caga anche addosso, come ha fatto ieri sera. Non ha mai avuto un’insegnante di sostegno perché è talmente cerebroleso che manco lo hanno accettato nelle scuole pubbliche!
Parlavo con amici, genitori di figli cerebrolesi, proprio della condizione peggiore dei nostri figli: la loro vulnerabilità. L’incapacità di far gruppo, di organizzarsi e di protestare, ma anche l’incapacità di capire di essere discriminati. Peggio ancora della bava, peggio ancora delle crisi epilettiche settimanali e della difficoltà di comunicare, i cerebrolesi, come li chiami tu, sono alla mercé di tutti, ma proprio di tutti. Non c’entrano i contesti, non c’entrano le cazzate che persone fortunatamente normo dotate ma coglione fanno, non c’entra la sensibilità di chi, come noi, ha la responsabilità di parlare a grandi gruppi.
Per esempio, ho una figlia queer e fortunatamente per lei, ci sono enormi manifestazioni in tutto il mondo che espongono discriminazioni e altro. Hanno il Pride, sono riusciti ad ottenere importanti leggi a loro favore, almeno qui negli Stati Uniti (in Italia, come sai, siamo terribilmente indietro). Per Luca non è così. Tutti, compreso l’ex presidente degli Stati Uniti, dove vivo da più di trent’anni, possono permettersi di deridere la loro situazione. Tanto, come vede, a parte qualche genitore arrabbiato, non ci sono conseguenze alcune. Fino a quando si capirà che i cerebrolesi hanno, ahimè per qualcuno, un ruolo fondamentale nella società e devono essere considerati, sarà sempre così.
Il loro ruolo nella società si chiama neuro diversità. Come ogni essere umano ha diverse caratteristiche a seconda di dove è nato, della cultura ricevuta, dalle opportunità, così i cerebrolesi hanno una serie di valori diversa dai nostri, un modo differente di percepire il mondo.
Per esempio, non conoscono la competitività, non sono interessati a raggiungere alcun successo economico, non hanno nessuna voglia di far parte della politica, degli opinionisti. Non rompono le palle a nessuno, se non ai propri genitori o a chi non ha nessuna voglia di includerli nel quotidiano. Eppure, ci sono. Cosa facciamo: li eliminiamo? Non diamo loro le cure necessarie così se muoiono ci togliamo anche questo peso? Li utilizziamo per descrivere degli stronzi che vogliono fare dei selfie? Dimmi tu in che modo è meglio renderli più invisibili possibili. Sono tutta orecchi.
Ma tu lo sai quanto ho desiderato che mio figlio facesse parte della schiera di chi fa le cazzate, si fa i selfie, esce con gli amici, beve troppo e posta sui social delle tette nude? Per fortuna, invece, mi è capitato di avere un figlio cerebroleso, che mi ha insegnato che i valori della vita non stanno nella carriera, nella costante produzione di idee, di plastica, di fuffa, di mine vaganti. Non ci crederai, ma mio figlio è il mio fiore all’occhiello, è la mia salvezza da una società malata, in cui tutto passa, va tutto bene, basta che venda.
Parlare del contesto è ormai superfluo, una scusa che non serve più a niente. Oggigiorno, nel 2023, non riesco a pensare ad alcun contesto in cui si possa dire la parola fro**o, ne**ro, cicc**ne, mong*****e. Non ci è più permesso, perché se non ci si arriva con l’empatia, bisogna in qualche modo arrivarci: insultare le persone perché diverse da noi, ma non per questo inferiori, non è consentito in nessun contesto. Soprattutto, aggiungo io da madre di un cerebroleso, insultare persone che non si possono neanche difendere è ancora meno accettato.
Mi scuso per lo sfogo, ma mi sono sentita in dovere di dire la mia. Chiamiamola deformazione professionale: sono anni che mi ribello, anche se ovviamente non serve a niente.
Colgo l’occasione per salutarti e per augurarti tutto il bene.
Marina Viola