di Giuseppe Tattara. Pubblicato in Ytali del 22 Agosto 2023
Il trasferimento del sovrappiù prodotto dai paesi dell’Africa sub sahariana è importante nello spiegare lo sviluppo industriale dell’Europa, dell’America e dei grandi paesi asiatici negli ultimi anni, perché i paesi africani sono produttori di risorse necessarie per la crescita economica dei paesi sviluppati, come manganese, cromite, cobalto, fosfati, idrocarburi, uranio radioattivo e di molti prodotti dell’agricoltura. Tuttavia l’ammontare e anche la direzione di tale sovrappiù sono nascosti dai metodi comunemente adottati di calcolo del valore del commercio estero dei paesi africani. Bisogna ristudiare il processo di produzione del sovrappiù e demistificare l’atteggiamento di coloro che sottolineano la generosità degli aiuti forniti all’Africa sub sahariana dai governi occidentali e dalle istituzioni internazionali e l’incapacità dei paesi riceventi di trarne profitto.
La situazione economica dei paesi dell’Africa sub sahariana è sempre stata critica, segnata da grande povertà e da grandissime ricchezze, ma è peggiorata negli anni recenti per i cambiamenti climatici, per l’aumento dei prezzi dell’energia, di molte derrate alimentari a seguito della guerra in Ucraina, per il rafforzamento del dollaro e per la necessità dei governi di fronteggiare la pandemia Covid con un incremento della spesa sanitaria, e quindi un aumento dei consumi pubblici, e delle importazioni. Nel dicembre del 2022 il Ghana ha sospeso i pagamenti sul suo debito estero e ha domandato di poter usufruire di “provvedimenti emergenziali”. Prima era stata la volta del Mali e dello Zambia.
La contabilità ufficiale dice che i paesi dell’Africa sub sahariana hanno un passivo nei rapporti con l’estero che richiede un aumento dell’indebitamento: al 2022 il valore delle importazioni di beni e servizi è stato di 531 miliardi di dollari, le esportazioni 481 miliardi, con un deficit di cinquanta miliardi; in contropartita questi paesi ricevono assistenza allo sviluppo e aiuti per 62 miliardi. Ma la realtà è ben diversa; si tratta di paesi ricchissimi di risorse naturali, ma il valore delle merci esportate non compare nella sua interezza perché parte di queste risorse sono esportare illegalmente (avorio, pelli e altre) e le esportazioni che sono registrate vengono contabilizzate a prezzi molto ridotti da parte delle imprese venditrici, che in questo modo trasferiscono i profitti dai paesi africani, dove vengono realizzati nelle miniere, nei pozzi petroliferi, in agricoltura, ai paradisi fiscali, una pratica che è nota con il nome di sottofatturazione delle esportazioni.
Per esempio le filiali di una multinazionale localizzate in Nigeria possono evitare le tasse locali semplicemente prezzando basse le merci trasferite a una filiale localizzata in un paradiso fiscale, diciamo nelle isole della British Virginia; in questo modo viene spostato denaro dove la tassazione è nulla e allo stesso tempo si fanno fuoriuscire i capitali. Ci sono più di sessanta paradisi fiscali al mondo e sono controllati da un pugno di paesi ricchi occidentali. Paradisi fiscali sono il Lussemburgo, la Svizzera e l’Olanda e, negli Stati Uniti, stati come Delaware e Manhattan e poi le Isole Vergini britanniche, le Cayman nei Caraibi e, nella Manica, Guernsey e Jersey che fanno tutte parte del Regno Unito.
La crescente forza delle compagnie mercenarie a scapito del potere dello stato è una delle caratteristiche del sistema internazionale odierno, segna i mutamenti intervenuti nel modo con cui si gestisce il potere, significa che sempre un maggior numero di persone sono coinvolte in transazioni illecite e si devono affidare a strutture private per tutelare la propria sicurezza. È un circolo vizioso perché man mano che i governi appaiono indeboliti, i leader politici africani corrotti, che non mancano mai, si rivolgono a milizie private, a volte formate da criminali comuni, compensandole con la concessione nello sfruttamento delle risorse naturali del paese, nella completa assenza di trasparenza e nel totale disinteresse per la popolazione. È facile pensare che i profitti delle società finanziarie collegate agli eserciti mercenari non vengano investiti localmente e prendano la via dell’estero.
I paesi dell’Africa sub sahariana non hanno bisogno di carità ma di giustizia e di trasparenza, e sono altre le azioni che si possono e si debbono intraprendere. Cancellare il debito e elargire aiuti serve solo ad ammantare i paesi occidentali di uno status morale che non spetta loro, proprio perché i riceventi aiuto sono nella realtà i “veri donanti”.
sintesi di Alessandro Bruni
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