di Luigi Viviani. Sguardi al futuro politico.
Dopo le ferie, realizzate in Puglia e in Albania, la premier Meloni e il suo governo si accingono ad affrontare forse la prova più impegnativa rappresentata dalla presentazione in Parlamento della Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza (Nadef) entro il 27 settembre e, soprattutto, la Manovra di bilancio del 2024 nel successivo mese di ottobre.
Il primo documento, alla luce dell'attuale situazione economica del Paese dovrebbe contenere i parametri programmatici da raggiungere nel prossimo anno, mentre la Manovra dovrebbe indicare le cifre nei vari ambiti coerenti con i suddetti obiettivi. I dati di partenza su cui lavorare non rappresentano le condizioni migliori per risolvere il problema, sia perché gli ultimi sviluppi dell’economia registrano un andamento inferiore alle previsioni, e sia perché le risorse disponibili risultano nettamente inferiori a quelle necessarie per le scelte più urgenti, avendo anche presente che il prossimo anno sono previste le elezioni europee che potrebbero ridefinire i rapporti interni tra i partiti di governo.
La premier Meloni consapevole di queste difficoltà, e di come il periodo preelettorale spinga a richieste spot tese a far presa sull’elettorato, ha richiamato i partiti di governo a evitare richieste del genere e fughe in avanti, per concentrare le poche risorse disponibili o rintracciabili soprattutto sul lavoro, anche per contrastare la richiesta di salario minimo sostenuta unitariamente dall’opposizione.
Pur tenendo presente tali vincoli, le risorse necessarie per una manovra 2024 adeguata sarebbero pari a circa 30 miliardi, sulla base delle seguenti necessità: 6 miliardi per le spese obbligatorie, 10 miliardi per interventi sul lavoro (cuneo fiscale e altro) e pensioni, 3 miliardi per il pubblico impiego, 4 miliardi per la sanità, 1 miliardo per gli enti locali, 4 miliardi per la riforma fiscale, 2 miliardi per le infrastrutture, compreso l’avvio del Ponte sullo stretto. Attualmente sono disponibili soltanto circa 4,5 miliardi previsti dal Def più un paio di miliardi provenienti dalla tassa sugli extraprofitti delle banche, se non ci saranno modifiche, tutto il resto delle coperture dovrà essere trovato, ma non è chiaro il modo.
Va anche tenuto presente che ci sono alcune centinaia di decreti legge, provenienti da questo e dai precedenti governi, non ancora applicati, per un totale di 17 miliardi, che il debito pubblico naviga attorno al 160% del Pil, e gli interessi relativi supereranno i 100 miliardi nel 2024, in condizioni cioè di subire un’altra infrazione da parte dell’Ue, in occasione della trattativa sul nuovo Patto di stabilità, che la quarta rata del Pnrr di 16,5 miliardi è sub Iudice, che la guerra russo-ucraina continua a esercitare le conseguenze negative in termini di crescita. Per rendere più flessibile la situazione da un lato, Meloni pensa di sostituire l’attuale Ragioniere generale dello Stato Biagio Mazzotta, considerato troppo duro, e Giorgetti si appella all’Unione europea per ottenere più comprensione, ma in ogni caso l’operazione si presenta quanto mai ardua, fino a mettere in discussione la stessa idoneità del governo a gestire i problemi del Paese.
Aumentare le imposte non è previsto., anzitutto per l’opposizione ideologica di questo governo e per le scelte conseguenti previste nella prossima riforma del fisco. Ridurre la spesa rimane una strada non praticabile dopo gli interventi repressivi sul Superbonus e sul Reddito di Cittadinanza. Tuttavia, resta la inderogabile necessità di aumentare i salari di fronte all’aumento dei prezzi collegato a un’inflazione che, pure in discesa, morde ancora e rende possibile una deleteria rincorsa prezzi-salari.
A questo punto, resta probabilmente un ulteriore aumento del deficit pubblico, contrattato con l’Unione Europea tramite una dilazione dell’applicazione del nuovo Patto di stabilità, magari con l’approvazione del Mef finora tenuto fermo dalla mancata ratifica dell’Italia. La notevole restrizione delle possibilità di uscita dalla stretta in cui si trova il Paese mette in evidenza la drammaticità della condizione italiana, dovuta a sempre più stringenti vincoli strutturali, difficilmente allontanabili nel giro di pochi anni.
Accanto a questo macigno gravano sul governo nel prossimo autunno gli altri problemi posticipati come il pacchetto Giustizia, l’Autonomia differenziata, e la stessa riforma costituzionale del premierato che la premier intende far avanzare in parallelo con l’autonomia sostenuta dalla Lega. Credo che ci siano problemi sufficienti per fare del prossimo periodo l’occasione di un esame con poche possibilità di appello per queto governo di destra. D’altro canto, esso dovrà fare anche i conti con la ricerca di un ruolo centrale di FdI non ancora raggiuto, con le ambizioni non smorzate né ridimensionate di Salvini, e con l’incerto futuro di FI dopo la scomparsa di Berlusconi.