di Giovanni Dosi e Maria Enrica Virgillito. Pubblicato in Il Mulino del 25 settembre 2023.
Nell'Italia della morsa dell'inflazione, della crisi economica e di quella climatico-ambientale, nell'estate del record negativo per presenze turistiche interne e degli incendi che hanno devastato intere regioni, si è discusso nei tavoli istituzionali di salario minimo.
L’introduzione del salario minimo va considerata una misura complementare e non in sostituzione della contrattazione sindacale. In presenza di una contrattazione centralizzata capace di fissare un salario minimo settoriale erga omnes, il salario minimo per legge risulterebbe ridondante. Tuttavia non si può prescindere dall’indebolimento delle relazioni industriali, dall’effettiva assenza di copertura dei minimi contrattuali per numerosi settori di attività (non essendovi la copertura erga omnes), dall’esplosione dei contratti nazionali (oltre i mille, secondo il Cnel), dei quali soltanto un terzo è sottoscritto dalle organizzazioni sindacali “autentiche”. A ciò si associano l’elusione dei minimi contrattuali in numerose imprese e l’emergere di accordi pirata.
Date le condizioni effettivamente limitate della capacità e degli effetti della contrattazione centralizzata, occorre far coesistere l’introduzione del salario minimo con il ruolo del sindacato.
I rischi rispetto all’introduzione del salario minimo pertanto si configurerebbero sostanzialmente in rischi di non conformità da parte datoriale, di possibile fuoriuscita dai contratti nazionali, e dunque dall’indebolimento della contrattazione non per un ridotto ruolo del sindacato ma per un eventuale arretramento delle associazioni datoriali. Chiaramente, monitoraggi e controlli di conformità, insieme a forme di garanzie e tutele per chi denunciasse violazioni, sarebbero il minimo necessario, insieme a una rinnovata stagione di riconoscimento della dignità del lavoro e della giusta retribuzione.
sintesi di Alessandro Bruni
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