di Luigi Viviani. Sguardi al futuro politico.
I fatti di questi ultimi giorni dimostrano, in modo incontrovertibile, che il rapporto con Unione europea rappresenta il maggiore nodo politico, l’ostacolo più difficilmente superabile, che rende esplicito il dissenso tra il progetto di Europa federale e l’ambiguo conservatorismo nazionalista di Giorgia Meloni.
A rendere più evidente tale contrasto sono intervenuti due fatti che stanno acuendo il conflitto con L’Ue e lacerando progressivamente i rapporti interni tra i partiti della maggioranza. Da un lato, il radicalizzarsi del contrasto sui diversi fronti aperti da tempo con l’Ue, trascinato dall’improvviso aumento degli sbarchi di migranti, in seguito ai disastri ambientali e politici verificatisi in Africa. Dall’altro l’influenza incombente delle elezioni europee che, per effetto del sistema elettorale proporzionale, obbligano i tre partiti della maggioranza a collocarsi sempre più su posizioni identitarie con l’effetto della messa in discussione dell'anomala unità del governo, fondata più su pressioni e ricatti reciproci che su una, seppur minima, convergenza programmatica.
I rapporti tra questo governo di destra e l’Ue stanno attraversando una fase di più esplicito dissenso perché l’insieme delle ambiguità e contraddizioni del governo non riescono più a reggere.
- La non ratifica del Mes (Meccanismo salva Stati) alla prova dei fatti, si dimostra solo una incomprensibile resistenza ideologica, e già si stanno creando le premesse per una frettolosa ritirata.
- Il Pnrr, in fase di revisione, si manifesta sempre più, per incompetenza gestionale, un problema di complicata soluzione, nel quale si disperdono le esigenze di risanamento programmato e strutturale dell’economia e della società, mentre il processo delle riforme, ad esso collegato, rimane del tutto fermo.
- Sui migranti, il governo, condizionato da pregiudizi etnici e nazionalistici di fronte alle aumentate difficoltà, torna a reagire ideologicamente con misure inattuabili (profughi fermi nei paesi d’origine, blocco navale, respingimenti), allontanando ulteriormente le necessarie soluzioni strutturali.
- Sulla riforma del Patto di stabilità si è fermi nel chiedere all’Ue vincoli meno stringenti, ma nello stesso tempo, non si dimostra un impegno effettivo nella riduzione del debito pubblico, come testimonia la crescita dello spread. Ora se è vero che, negli ultimi tempi, l’Europa, nel suo complesso, si è dimostrata più dura nei rapporti con l’Italia, come indica anche il rifiuto alla redistribuzione dei migranti da parte di Francia e Germania, occorre valutare tale irrigidimento anche alla luce del contraddittorio comportamento dell’Italia verso l’Ue.
Prima si è cercato di scaricare le difficoltà, in modo incomprensibile ma politicamente volgare, sul commissario Gentiloni, accusato di non difendere il proprio Paese, nonostante, nel corso della gestione del Pnrr, sia stato un attento suggeritore e sollecitatore delle scelte giuste dell’Italia.
Poi Meloni, che è rimasta presidente del gruppo europeo dei conservatori, oggettivamente incompatibile con la Presidenza del Consiglio di un grande Paese fondatore dell’Ue, ha organizzato in Calabria una convention di questo gruppo all’insegna dello slogan: “Meno Ue è meglio”. Oltre a ciò, da tempo la premier sta cercando di costruire un'alleanza con il Ppe per ribaltare l’attuale maggioranza che regge l’Ue.
Recentemente, Manfred Weber, capogruppo Ppe al Parlamento europeo e principale interlocutore di Meloni, ha dichiarato: “Tocca a socialisti, popolari e liberali ricostruire l’intesa per il futuro dell’Ue. I conservatori restano lontani”. Con buona pace delle illusioni della destra.
ultimo Salvini, dopo aver indicato un presunto complotto europeo ai danni del nostro Paese, ha invitato Marine Le Pen alla festa leghista di Pontida e ha preso contatti con la leader Afd, l’ultradestra tedesca antieuropea. Credo che, di fronte a tali comportamenti la credibilità europea del governo italiano sia tale da non sollecitare particolari solidarietà in ambito europeo.
L’altro elemento, che sta dividendo la maggioranza di governo, è rappresentato dalle modalità con cui si è iniziata la campagna elettorale per le elezioni europee del prossimo anno. La Lega di Salvini ha criticato come inconsistente la politica della premier sui migranti, e ha assunto una posizione a destra di Meloni sul futuro dell’Ue, collegandosi a diversi partiti antieuropei. A questo aggiramento la premier ha reagito assumendo posizioni più radicali sull’immigrazione, ritornando alla vecchia e mai abbandonata linea di quando era all’opposizione, mentre Tajani sta cercando una più esplicita identità di Forza Italia contestando alcune misure del governo, in particolare la tassa sugli extraprofitti.
L’effetto complessivo di tali scelte è la progressiva lacerazione della posticcia coesione della maggioranza, che potrebbe portare anche ad esiti imprevisti. Non a caso in questi giorni ha cominciato a circolare l’ipotesi di effettuare, assieme alle prossime elezioni europee, anche le elezioni politiche italiane, dopo che il governo in crisi ha dato le dimissioni.
Ciò che comunque risulta chiaro. è che il governo di legislatura, all’inizio facilmente prevedibile sulla base dei numeri, oggi rimane politicamente una conquista difficile da raggiungere. Inoltre, non si può cambiare radicalmente di soppiatto la politica europea dell’Italia, che ha rappresentato una costante in tutti i governi della Repubblica, come sta cercando di fare il governo Meloni, senza un preventivo e approfondito dibattito in Parlamento, con relativo voto, in modo che il Paese sia consapevole della scelta e delle sue conseguenze. Speriamo soltanto che l’opposizione, e in particolare il Pd, che non riesce a uscire dai limiti di un partito a vocazione minoritaria, se ne accorga e riesca a svolgere un ruolo di alternativa quale è richiesto dalla qualità della nostra democrazia repubblicana.