di Riccardo Bonacina. Pubblicato in Vita del 23 settembre 2023.
Nella settimana in cui il Governo ha sfornato l’ennesimo decreto all’insegna della repressione, repressione annunciata e urlata in tv e conferenze stampa, ma assai inefficace, sia che si tratti di Caivano (vedi la scorsa Puntina) sia che si tratti della gestione del fenomeno migratorio.
“Globo terracqueo”, “a 360 gradi”, “guerra globale”, il linguaggio della nostra premier ci ha abituati ormai al tono “eccezionalistico”, quello che si usava negli anni Ottanta in pubblicità: “di più non si può”. Anche a New York intervenendo all’Onu si è espressa così: «Sono convinta che sia dovere di questa organizzazione rifiutare ogni ipocrisia su questo tema e dichiarare una guerra globale e senza sconti ai trafficanti di esseri umani». Aveva già detto che i movimenti migratori vanno contrastati con l’Unione europea, la Nato, l’Onu, e non ricordo esattamente se avesse citato anche la Flotta interstellare braccio operativo della Federazione dei pianeti uniti.
Su un punto la Meloni ha ragione, le migrazioni sono un “fenomeno globale” e sempre più imponente e tutti devono farsene carico. Sbaglia quando però pensa che la soluzione sia di tipo militare. Se pensiamo alla situazione in cui versano due Paesi che si affacciano al Mediterraneo come Libia e Marocco e alle sciagure che hanno subito, se pensiamo ai 135 mila sfollati marocchini e ai 25 mila libici, se pensiamo all’instabilità e contraddizioni dei loro regimi, si capisce quanto siano illusorie le sole politiche di controllo delle frontiere esterne.
“Più galera per tutti” ha titolato giustamente nei giorni scorsi il Corriere della Sera versione web, concedendosi una battuta che riassume il primo anno di governo Meloni.
Questa settimana il Governo ha sfornato l’ennesimo decreto all’insegna della repressione. Ora il Governo punta sui dodici nuovi Centri di permanenza per i rimpatri (Cpr), attualmente sono attivi dieci Cpr, con una capienza teorica di 1.338 posti, di cui 619 sono effettivamente utilizzabili (una goccia visti i numeri), e sull’aumento dei tempi di detenzione nei Centri per chi sbarca in Italia. Ma la soluzione per ora trovata all’emergenza migranti, crea problemi interni ed esterni. Come ha detto il governatore del Veneto, Luca Zaia, non proprio un esponente dei Centri sociali o delle ong, “è come sperare di vuotare il mare con un secchio”. Una filosofia, quella del Governo, sotto cui rischia di non esserci nulla, o assai poco.
Luca Zaia: «I dati degli ultimi anni ci dicono che soltanto l’8% avrà lo status di rifugiato. Se è vero come sembra che quest’anno gli arrivi toccheranno quota 200 mila, significa che solo 16 mila persone avranno il riconoscimento di essere scappate da morte e fame. Arrotondiamo pure i numeri, arriviamo con i diversi istituti di protezione al 30%, ma la verità è che almeno un 70% dovrebbe avere come unica destinazione il rimpatrio. Significa che alla fine dell’anno avremo 140 mila persone da rimpatriare. Lei sa quanti sono stati negli ultimi anni? Quest’anno i rimpatri forzati sono stati 2.270. Nel 2022, sono stati 3.200. La verità è che non siamo in grado di fare rimpatri significativi. Una procedura complicata che prevede passaggi di carte, organizzazione logistica e anche una scorta, a volte in aereo si vedono quattro o cinque agenti per accompagnare un solo migrante. Insomma: è un’utopia pensare di rimpatriare una parte significativa di coloro che sono arrivati senza titolo. È come cercare di svuotare il mare con un secchio».
Intanto i vescovi francesi, promotori degli “Incontri del Mediterraneo” che proprio oggi vedranno l’arrivo del Papa a Marsiglia, hanno commissionato alla ong Sos Méditerranée un rapporto che spiega come quella che attraversa il Mediterranea sia la «rotta migratoria più mortale al mondo». Così viene definita, senza giri di parole e con drammatica lucidità, nel “libro bianco” consegnato ai vescovi. «Il bacino annovera il 48% dei 56.216 migranti morti che sono stati censiti dalle Nazioni Unite dal marzo 2014 al giugno 2023. La direttrice verso l’Europa che registra il maggior numero di vittime è quella fra Libia, Tunisia, Malta e Italia, spiega il testo: oltre 21mila i morti in meno di un decennio», spiega il dossier voluto dall’arcidiocesi guidata dal cardinale Jean-Marc Aveline, promotore dell’appuntamento a Marsiglia.