di Luigi Viviani. Sguardi al futuro politico.
Le elezioni europee del prossimo anno rappresentano un'occasione irripetibile per ridefinire, in modo più compiuto, la strategia per accelerare il percorso dell’Ue verso un approdo ad un modello federale che consenta un nuovo protagonismo di un’Europa allargata nel contesto globale.
Finora, invece, questa scadenza, caratterizzata dal voto col sistema proporzionale, sta dando luogo in Italia ad un dibattito e a scelte contraddittorie, di segno identitario, puramente finalizzate a catturare il consenso per uscirne indenni. In tal modo questa scadenza elettorale rischia di mancare il suo obiettivo naturale, e il suo esito possibile sarà quello di ridefinire i rapporti di forza tra i diversi partiti, fatto che tuttavia può diventare rilevante per la politica di oggi.
Ma il futuro dell’Unione Europea rimane all’ordine del giorno, comunque con tutto il suo valore per il nostro futuro. L’Europa oggi sta attraversando un passaggio di estrema difficoltà e rilevanza per il suo cammino futuro.
Da un lato sta crescendo la sua importanza a livello geopolitico come soggetto terzo e ago della bilancia, potenzialmente decisivo per il futuro assetto globale, ancora orientato alla competizione e al conflitto tra due blocchi, anche se con modalità differenti dal passato.
Dall’altro essa rimane un progetto incompleto, pur appetibile tramite ulteriori adesioni, con identità e sovranità non pienamente definite e con una serie di forze interne, di prevalente segno sovranista e populista, che mirano a rovesciarne il ruolo, riducendolo ad una sorta di mercato comune volontario tra Stati sovrani.
Tra queste forze ostili c’è oggi l’Italia che, con il suo governo di destra, ha cambiato radicalmente ruolo passando da Paese fondatore, assieme a Francia e Germania, a soggetto oppositore, alleato con le varie destre europee come quelle di Ungheria e Polonia. In tal senso L’Italia è diventata la vera anomalia dell’Europa di oggi, che sta operando per cercare di realizzare, a livello europeo, quanto è avvenuto in Italia, cioè una Ue di destra, cambiandone identità e poteri.
Un obiettivo difficile da raggiungere, che richiede come primo atto, un esito elettorale nel 2024 con una nuova maggioranza, diversa dall’attuale formata da popolari, socialdemocratici e liberali, portando al governo le diverse formazioni sovraniste oggi ai margini. Il tentativo del governo Meloni di raggiungere un'alleanza con il Ppe, per incominciare a costruire questa nuova maggioranza, non ha finora determinato risultati apprezzabili, ma il medesimo obiettivo risulta sufficientemente chiaro anche dentro le scelte che vedono l’Italia in prima linea. Ad esempio, sulla regolazione dei flussi dei migranti, dopo un primo tentativo fugace sulla redistribuzione degli arrivi tra gli Stati membri, si è passati, con grande determinazione, a bloccare le partenze nei Paesi d’origine, scelta inapplicabile come dimostra l’esito dell‘intesa con la Tunisia.
Ma ciononostante si insiste su questa linea in Europa perché, in ogni caso, rimane sempre la possibilità di scaricare su di essa la responsabilità del mancato obiettivo. Lo scontro con la Germania sulle Ong mantiene lo stesso segno. Non si può aprire uno scontro diplomatico durissimo e il giorno dopo dichiararsi soddisfatti per un compromesso non ben definito. Questo è quanto è avvenuto nel Consiglio Ue di Granada, dove pur non raggiungendo l’unanimità per la dura opposizione di Polonia e Ungheria, non si è andati oltre una generica difesa delle frontiere e la lotta alla criminalità organizzata.
A voler essere magnanimi vuol dire che con i partner europei e la stessa Ue, l’Italia privilegia un rapporto rivendicativo a scapito della crescita del progetto europeo e della necessaria collaborazione. Eppure, se L’Italia fosse Paese fondatore, membro del gruppo storico di traino dell’Ue assieme a Francia e Germania, come fin dall’inizio è stata tramite la collaborazione dei tre leader popolari De Gasperi, Schuman e Adenauer, così come, negli ultimi tempi, era riuscito a fare Draghi, il pur difficile problema strutturale dei migranti, potrebbe essere risolto partendo dal fatto che Germania e Francia ospitano un numero di migranti multiplo rispetto all’Italia e quindi una redistribuzione a certe condizioni sarebbe possibile.
Ma occorre costruirla con la passione e l’impegno di partner affidabili e credibili, che pongono l’Europa in testa ai loro obiettivi futuri. Impresa però non possibile con un’Italia contraria a un’Europa futura dotata di sovranità. Va preso atto che ciò avviene in modo contrario a quanto prevede l’articolo 11 della nostra Costituzione che, dopo il ripudio della guerra, recita: “L’Italia consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”. Il futuro dell’Europa è il grave problema dell’Italia, provocato dal governo di destra. E’ necessario chiarirlo fino in fondo a tempo debito per evitare guai maggiori in futuro. Appare strano che l’opposizione non abbia incentrato le sue battaglie sul futuro dell’Europa che per noi deve diventare sempre più la seconda patria che integra e arricchisce la prima.