di Redazione di Studi sulla questione criminale. Pubblicato l'11 ottobre 2023.
L’attacco del governo, e in particolare del ministro Matteo Salvini, alla giudice Iolanda Apostolico per la mancata convalida – ampiamente motivata sulla base del diritto e della giurisprudenza europea – della privazione della libertà di tre migranti decisa dal questore, è un’aperta aggressione a due fondamentali principi della Costituzione repubblicana.
Il primo principio è quello della separazione dei poteri e dell’indipendenza della giurisdizione: si può criticare il provvedimento giudiziario, soggetto come tutti a impugnazione, ma non è tollerabile, in uno stato di diritto, che il potere politico aggredisca il/la giudice che lo ha emesso, con insulti e minacce dotate di una carica intimidatoria senza precedenti nel pur lungo e penoso conflitto tra politica e giustizia che avvelena il nostro paese da oltre trent’anni.
Il secondo principio, aggredito purtroppo non solo dal ministro Salvini e dalla maggioranza ma da gran parte della stampa, è la libertà di riunione esercitata dalla cittadina Apostolico con la sua partecipazione – documentata con l’ausilio di un’illegittima operazione di dossieraggio – a una manifestazione di protesta contro le pesanti lesioni dei diritti dei migranti. È evidente che questa seconda aggressione, mirata oggi contro Iolanda Apostolico, minaccia potenzialmente l’esercizio dei diritti politici di tutti e tutte.
L’aspetto più preoccupante di questa vicenda è l’inconsapevolezza, condivisa e ostentata dall’intera maggioranza di governo, dell’estrema gravità di questa scomposta aggressione ai due classici limiti costituzionali – la separazione dei poteri e i diritti fondamentali – ai poteri dell’esecutivo. Una conferma della refrattarietà della destra nata nel ’94, in tutte le sue articolazioni, ad accettare i limiti costituzionali alla pretesa assolutezza del potere politico.
Non solo. La convalida giudiziaria dei provvedimenti polizieschi che limitano la libertà personale è un’elementare garanzia di un diritto fondamentale stabilita dall’articolo 13 della nostra Costituzione. Lo stupore e addirittura lo sdegno per questa mancata convalida fanno supporre che i nostri governanti ne ignorino l’ovvia legittimità e normalità e diano per scontata la subalternità dei magistrati, in deroga a quei due limiti costituzionali, ai poteri sulle libertà dei migranti comunque esercitati dalle forze di polizia dipendenti dal potere esecutivo.
segnalato da Donatella Ianelli