di Ruggiero Corcella. Pubblicato in Corriere della sera del 14 novembre 2023.
Le persone nello spettro autistico possono avere difficoltà a empatizzare e a comprendere il punto di vista altrui, abilità alla base di molte competenze sociali fondamentali che le persone cosiddette neurotipiche acquisiscono spontaneamente nel corso della crescita, ma che nelle persone con autismo potrebbero risultare alterate e possono essere allenate con la terapia. I risultati di questa prima sperimentazione indicano un aumento delle competenze sociali nelle bambine e nei bambini coinvolti nella riabilitazione con iCub, tra i primi robot umanoidi a essere entrato in un centro clinico con un protocollo riabilitativo proprio.
«La robotica riabilitativa non è nuova, ma spesso viene fatta in laboratorio, non in contesto clinico, e consiste in brevi interazioni che non vengono ripetute nel tempo. In questo caso invece, le attività con iCub sono state armonizzate con i protocolli riabilitativi tradizionali previsti per i bambini coinvolti, e svolte con continuità per un periodo di due mesi» spiega Davide Ghiglino, ricercatore IIT e primo autore dello studio. «È stata allestita una stanza apposita presso il centro Boggiano Pico, e le attività col robot avvengono in armonia con i protocolli riabilitativi tradizionali. In questa integrazione sta l’unicità della nostra attività: una tecnologia avanzata viene armonizzata ad un contesto sanitario, e dotata di un protocollo definito da ricercatori e operatori sanitari», aggiunge.
Il gruppo di ricerca ha osservato che nei bambini autistici c’è una naturale tendenza a interagire con i robot umanoidi. Interagire con un altro essere umano potrebbe inoltre fornire una quantità di stimoli troppo elevata e difficile da interpretare per individui con diagnosi di autismo. iCub permette di superare questa problematica perché in grado di frammentare un comportamento umano complesso in molte parti e ripeterne solo alcune, in modo da ridurre gli stimoli forniti al soggetto.
«È importante sottolineare il potenziale delle tecnologie come nuovi strumenti al servizio dei terapeuti, che restano in ogni caso centrali in ogni percorso riabilitativo — dice Agnieszka Wykowska —. La progettazione di attività collaborative tra bambino e robot consente al terapeuta di esplorare nuove tecniche di intervento, immersive e coinvolgenti, attraverso le quali il bambino può sperimentarsi in prima persona».
«Il robot non sostituisce in alcun modo l’attività umana che il terapista svolge con i bambini — sottolinea Federica Floris, psicologa e coordinatrice del progetto per l’Opera Don Orione —, ma le ricerche da noi svolte dimostrano che può essere un efficace ed ulteriore strumento di supporto all’équipe . soprattutto nel potenziamento di comportamenti che possono favorire lo sviluppo di competenze sociali fondamentali nella quotidianità. Nei prossimi anni – continua Floris – l’obiettivo è sviluppare nuovi protocolli che possano lavorare su competenze sociali sempre più complesse e specifiche, spendibili nei vari contesti di vita, come l’asilo, la scuola, il parco giochi e la famiglia».
Il prossimo passo, già in corso di svolgimento, è la creazione di nuovi training riabilitativi in setting che simulano ambienti e circostanze specifiche, per esempio una pizzeria o una gelateria, dove il bambino può allenare competenze sociali specifiche che possono poi essere replicate in contesti di vita quotidiana.
sintesi di Alessandro Bruni
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