di Michele Brignone. Pubblicato in Fondazione Oasis del 2 novembre 2023.
In che modo Hamas ha giustificato l’atroce attacco del 7 ottobre scorso e quali sono i suoi obiettivi? In seguito all’operazione “Diluvio di al-Aqsa”, i leader politici del movimento islamista palestinese sono abbondantemente intervenuti su diversi canali arabi per esporre le loro ragioni e sono soprattutto le loro parole a essere state commentate. Minore attenzione è stata invece dedicata alla registrazione audio con cui Muhammad Dayf, leader delle Brigate ‘Izz al-Din al-Qassam, il braccio militare di Hamas, ha annunciato l’aggressione. Analizzare questo documento, che Oasis ha tradotto integralmente dall’originale arabo, è tuttavia utile per diversi motivi.
Innanzitutto, perché esso è stato elaborato dagli esecutori materiali dell’attacco. Vi è infatti più di un dubbio sulla partecipazione effettiva della leadership politica di Hamas all’ideazione dell’operazione del 7 ottobre. Qualcuno ipotizza addirittura che essa non fosse neppure informata del progetto. Nella celebre intervista fattagli dall’emittente saudita al-Arabiya, il capo di Hamas all’estero Khaled Meshaal aveva tra l’altro affermato che le scelte strategiche di Hamas vengono discusse dall’ufficio politico, ma che sono le brigate al-Qassam a prendere le decisioni sul campo.
In secondo luogo, le ragioni e gli obiettivi dell’attacco addotti dal comunicato consentono una valutazione più accurata delle aspettative di Hamas e del suo braccio militare, anche al di là delle finalità di altri attori regionali, a partire dall’Iran, con i quali il movimento palestinese si è verosimilmente coordinato.
Nel documento ricorrono i temi già ampiamente ripetuti dalla dirigenza del movimento islamista: all’origine dell’operazione vi sarebbero la persistente occupazione della Palestina da parte dell’«entità sionista», l’espulsione e l’uccisione dei palestinesi, la distruzione delle loro case e la confisca delle loro proprietà, l’inerzia e il silenzio della comunità internazionale, la violazione e la profanazione dello spazio sacro della moschea di al-Aqsa, la detenzione di migliaia di prigionieri in condizioni disumane. Ma il proclama annuncia anche che questo stato di cose è finito e invita alla sollevazione i palestinesi di Gerusalemme e della Cisgiordania, oltre a quelli che vivono in Israele (il messaggio audio parla del Negev, della Galilea, del Triangolo e di Haifa, Giaffa, Acri, Lod e Ramla, tutte città israeliane con una consistente popolazione araba). Vi è poi un appello specificamente rivolto ai fratelli della “resistenza islamica” in Libano, Iran, Yemen, Iraq e Siria, il celebre “Asse della Resistenza” guidato da Teheran, che precede quello indirizzato a tutti gli altri Paesi arabi e islamici.
sintesi di Alessandro Bruni
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