di Riccardo Bonacina. Pubblicato nel blog dell'autore, La Puntina, il 25 novembre 2023. sintesi di Alessandro Bruni.
Il patriarcato e la realtà
Non voglio aggiungere parole alle già troppe e insensate parole lette e ascoltate in questi giorni sull’ennesimo femminicidio (106 al 19 novembre!), quello di Giulia Cecchettin per mano di Filippo Turetta. Tutti si sono sentiti in dovere di parlare sopra questo abisso di male che da sempre cova dentro l’essere umano: politici, uomini e donne della società dello spettacolo, esperti e meno esperti.
Le parole meno stupide e inutili le ho lette su VITA grazie a Sara De Carli, una grande giornalista dalla sensibilità rara. Grazie a lei ho letto le sagge parole di Daniele Novara: «Quella del patriarcato è una retorica per non affrontare il tema educativo». E quelle giustissime proprio a proposito del tema educativo del docente di Psicologia dello sviluppo, Luca Milani: «Stiamo educando generazioni fragili di fronte ai no e di fronte ai limiti, è vero, ma secondo me il primo punto da tenere in considerazione è che bisogna tornare ad educare le persone – soprattutto i maschi – a considerare le relazioni intime non nella logica della proprietà (così che se la relazione viene meno genera una ferita narcisistica incolmabile), ma allenare alla dimensione del dono. Entrare in relazione è donarsi, non acquisire proprietà su qualcun altro».
Educare alle relazioni
Come è noto, nei giorni scorsi, sul tema educativo il ministro dell'Istruzione ha presentato il progetto "Educare alle relazioni": prevede 30 ore, in orario extra curriculare, nelle secondarie di secondo grado. L'adesione degli istituti sarà inizialmente facoltativa. Finanziato con 15 milioni di euro, prevede gruppi di discussione, con il coinvolgimento dell’Ordine degli psicologi e degli esperti dei centri antiviolenza. L’ora di relazione extra curriculare è però una ammissione del fallimento della scuola il cui compito primario dovrebbe proprio essere quello di “fare una classe”, favorire la nascita del gruppo, della piccola comunità scolastica, ovvero educare alle relazioni interpersonali tra diversi. Vabbè, uno degli obiettivi della scuola e in particolare proprio della scuola pubblica, lo si sposta in orario extracurriculare, per il resto si traferiranno solo nozioni.
Quasi quasi mi invento un reato
Non troppo tempo fa, ma quando ancora non era al governo, l’attuale ministro della Giustizia Carlo Nordio, disse che: «L’equivoco della destra è quello di pensare di garantire la sicurezza attraverso l’inasprimento delle pene e la creazione di nuovi reati». Aveva visto giusto, anche se ora ne porta tutta la responsabilità: di fronte ad ogni evento di cronaca, si tratti di Cutro o di Caivano, dei Rave party o dell’utero in affitto, questo Governo introduce un nuovo reato o inasprisce le pene, “populismo penale” è stato giustamente definito.
È andata così anche con l’assassinio di Giulia Cecchettin per mano d Filippo Turetta. Quasi come un tic meccanico, la destra risponde con una nuova norma o una normativa più stringente che va ad assommarsi alla moltiplicazione di norme di questi ultimi anni, mentre la sinistra invoca un’ora scolastica in più per lezioni di affettività, sessualità e quant’altro. Due tic meccanici. Due tic che, come la cronaca si incarica di documentare, non sono sufficienti a estirpare la malapianta del femminicidio e della relazione come possesso dell’altro.
Da oggi non sei più disabile ma anziano
Un collega qualche settimana fa mi scrive questo suo Sos: «Mi trovo in una situazione drammatica: ho un fratello schizofrenico che, come prevede la tragica legge della Regione Lombardia sulla salute mentale, avendo compiuto 65 anni, è stato dimesso da ogni struttura convenzionata e rilasciato a carico della famiglia (meriterebbe questa cosa vergognosa numerosi articoli). Lo abbiamo messo in una RSA con lieve assistenza psichiatrica, non il massimo ma ovviamente ci siamo dovuti dirigere alla struttura più economica che abbiamo trovato, potendo contare lui sulla misera pensione di invalidità e l'ancor più misero assegno di accompagnamento non riusciamo a coprire tutte le spese».
Proprio così, nella Lombardia del tecnocrate Guido Bertolaso, al compimento dei 65 anni magicamente e tragicamente non sei più disabile, ma semplicemente anziano: è un vero e proprio cambiamento di “status” quello che avviene agli over 65 con disabilità in Lombardia. E con la disabilità, soprattutto quella cognitiva e mentale, che lascia il passo alla “vecchiaia”, insieme al passaggio di “status” avviene un passaggio di servizi e competenze. Passaggio spesso destabilizzante, a volte addirittura drammatico, soprattutto quando porta con sé il trasferimento da una struttura residenziale all'altra.