di Sandro Spinsanti. Sguardi alla prossimità e all'etica della salute. Pubblicato nel blog dell'autore il 2 novembre 2023. Focus senilità Focus fine vita
Dove stanno andando le cure palliative? È più che mai giustificato l’interrogativo sul loro futuro. Diversi elementi dello scenario sociale ci fanno immaginare di trovarci a un punto di svolta. Come la crisi di risorse disponibili per la sanità pubblica: riusciremo ancora a garantire servizi estesi a tutti i cittadini, assicurando un’uniforme erogazione dei livelli di assistenza che coprono anche la fase dei trattamenti per le malattie che declinano verso la fine? In una prospettiva di un SSN che, come una coperta troppo corta, viene tirato da tutte le parti, si riuscirà ancora a trovare le risorse per dei servizi che non godono di nessuna spettacolarità? E ancora: come ridisegnare la rete di cure palliative, spostando il baricentro dei servizi nel territorio? La recente introduzione della specializzazione in medicina palliativa nel curriculum formativo universitario si tradurrà in un beneficio per la palliazione o la isolerà ancor più dal contesto generale della cura, facendola diventare l’ennesima specializzazione affiancate alle altre, in un percorso di cura fatto a pezzi? Sono alcune delle questioni che ci preoccupano.
Non sembri una provocazione se ci accingiamo confrontarci con le sfide del futuro rivolgendo il nostro sguardo verso il passato. Contestualmente alla domanda sul profilo che sta assumendo la palliazione nel contesto delle cure garantite dal nostro welfare state, ci chiediamo: da dove vengono le cure palliative? Naturalmente non stiamo parlando di una ricostruzione storica dell’evoluzione del loro sviluppo; ci limitiamo a una domanda simbolica: le cure palliative vengono da Marte o da Venere? Il rimando è ovviamente al libro di John Gray: Gli uomini vengono da Marte le donne da Venere (1), pubblicizzato come il libro sui rapporti di coppia più venduto al mondo. Il pensiero di base è tanto semplice quanto efficace: presuppone che gli uomini e le donne abbiano due diversi modi di pensare, di parlare, di amare; configurano quindi due stili di pensiero e di azione opposti e irriducibili l’uno all’altro.
Pienamente consapevoli che gli anni decorsi dalla pubblicazione del saggio hanno reso quel pensiero dualistico così ingenuo improponibile ai nostri giorni, ci appoggiamo tuttavia alla metafora perché ci aiuta a dar corpo a due diversi atteggiamenti del mondo professionale della cura in generale, e della palliazione in particolare. Indipendentemente da quanto è avvenuto nell’ambito dell’identità di genere, obbligata ormai a confrontarsi con la queerness, il mondo della medicina continua a essere segnato da due atteggiamenti diversi e contrapposti: quello che privilegia il curare e quello orientato al prendersi cura; quello che si riconosce nelle scienze esatte e quello che trae linfa dalle scienze umane; quello che valorizza la biologia e quello che nella cura tiene conto della biografia del malato. Sono, simbolicamente, i due modelli ai quali ci riferiamo evocando Marte e Venere.
Come medicina sotto il segno di Marte ci riferiamo alla pratica di cura che ci stupisce per ciò che è capace di fare: diagnosi accurate, trattamenti risolutivi, capacità di dar scacco alla patologia e assicurare alle persone una lunghezza di vita che le generazioni precedenti non hanno mai conosciuto. È la medicina che si nutre di sapere scientifico e di tecnologie sempre più sofisticate. Sotto il segno di Venere, invece, collochiamo la medicina bella e gradevole, gentile, accogliente; quella che ci stupisce non tanto per le cose che fa, quanto per “come” le fa; quella che, riferendosi a un trattamento ricevuto, fa esclamare: “Mi sono sentito trattato proprio in modo degno e rispettoso”.
Per insistere ancora sul bipolarismo, la medicina che viene da Marte e si nutre di scienze esatte può essere sintetizzata come la medicina che “conta”, mentre l’altra, pervasa di Medical Humanities, è la medicina che “racconta”. La prima ha il suo modello ideale nell’Evidence Based Medicine, la seconda nella Medicina Narrativa. Appoggiandoci alla sintesi offerta dal neuroscienziato Fabrizio Benedetti, abbiamo questi due scenari di fondo:
“La scienza non fa altro che misurare. Misura l’Universo, le stelle, i pianeti, le montagne, gli oceani, gli animali, l’uomo, le cellule, le molecole, gli atomi. E per far ciò usa la matematica, da quella più complessa, come la teoria della relatività, a quella più semplice, come il numero delle cellule in un tumore. Tutte le misure devono passare test statistici per verificare se ciò che è osservato non sia frutto del caso. In base a una o più misure si cerca di costruire una teoria che spieghi il perché delle cose.
Quali cure palliative, in sintesi, ci aspettano dietro l’angolo? Non siamo in grado di fare previsioni, ma quanto meno possiamo evocare due scenari. Uno è quello secondo cui la palliazione continui a modellarsi sullo schema bipolare che ha caratterizzato le sue origini: da una parte gli interventi che traggono ispirazione da Marte – ostinatamente determinati a non desistere da ogni forma possibile di interventismo, sordi a ogni attenzione alla qualità della vita e senza alcun tratto di quella competenza comunicativa necessaria per esercitare una cura con la persona malata e non sul malato – dall’altra una palliazione sempre più tardiva, e compensare con tratti attribuiti alla femminilità ciò che la medicina interventistica si ostina a ignorare. L’altro scenario è che la bipolarità possa essere rimessa in discussione e che le cure palliative si inoltrino nel terreno nuovo della queerness, che si mette di traverso sia a Marte che a Venere. Non ci resta che auspicare: God save the queer. Anche nella cura.
sintesi di Alessandro Bruni
per leggere l'articolo completo aprire questo link