di Giacomo Gambassi e Marta Ottaviani. Pubblicato in Avvenire del 28 dicembre 2023.
La guerra vista dalla popolazione ucraina
«Andrò a morire. Ne sono sicuro. Se verrò costretto a partire per il fronte, questo sarà il mio destino». Anton S. sa che il nuovo arruolamento obbligatorio annunciato in Ucraina potrebbe abbattersi come uno tsunami sulla sua vita e su quella della sua famiglia. Trentadue anni, un passato da atleta agonista, è rimasto a Kharkiv da solo. «Non ho voluto lasciare la mia città – spiega –. Già la guerra mi ha stravolto tutto. Ho moglie e figlia in Germania.
Non è certo una “ribellione” isolata quella di Anton. Cresce, seppur sottovoce, il malcontento per la mobilitazione di 500mila uomini resa nota dal presidente Volodymyr Zelensky per rinvigorire un esercito stanco e per aggiungere ulteriori forze al milione di ucraini già in armi. È ormai il grande incubo. E ciò che sta facendo aumentare le distanze fra i vertici dello Stato e la gente.
«La mobilitazione è uno dei più seri problemi che gravano sulla nostra economica», sostiene Inna Kautina, vice-presidente della Camera di commercio di Kharkiv. La sua analisi è dura. «Veniamo privati di risorse umane fondamentali, di specialisti che sono mandati a combattere e non lasciati nelle aziende per risollevare le sorti del Paese. Per di più abbiamo urgenza di manodopera: gli uomini restano chiusi in casa per il timore di essere precettati sul posto di lavoro, come spesso succede». E Inna avverte: «Non basta investire sul versante militare se si vuole garantire un futuro all’Ucraina».
La paura dell’arruolamento si traduce in fuga all’estero o mazzette per venire esonerati. Più di ventimila uomini sono stati fermati mentre tentavano di lasciare il Paese nonostante il divieto di espatrio, ripetono le autorità nazionali. Il disagio per la “difesa imposta” non è però segno di sfiducia verso i militari. Anzi, si moltiplicano le iniziative di sostegno e le manifestazioni davanti ai palazzi del potere per chiedere maggiori stanziamenti a favore dell’esercito. Come i sit-in che dall’inizio di novembre si tengono ogni sabato a Kharkiv intorno alla sede del consiglio regionale e comunale. «Vanno aiutati i nostri ragazzi che si spendono per il popolo – sottolinea uno dei partecipanti –. Non possiamo trascurarli o abbandonarli».
La guerra vista dalla popolazione russa
In meno di due anni un milione i russi fuggiti dall'Impero dello zar. Scappano dalla Russia e sognano l’Occidente. Se all’inizio migliaia di russi si sono accontentati di mete “di fortuna”, a quasi due anni dall’inizio della guerra in Ucraina, chi se lo può permettere cerca di spostarsi nell’Europa dell’Ovest. Da quasi due anni Mosca sta vivendo un’emorragia di capitale umano, soprattutto di giovani, per lo più spaventati dall’ipotesi di finire a combattere sulla prima linea del fronte e in parte anche per la deriva presa dal loro Paese.
La maggior parte ha trovato rifugio nei territori dell’ex spazio sovietico, soprattutto l’Asia Centrale e il Caucaso del sud. Fra i Paesi più gettonati ci sono il Kazakhstan e la Georgia. Se nel primo caso i russi sono stati mediamente bene accolti, a Tbilisi hanno avuto problemi di diverso tipo. È andata peggio a chi ha scelto la Serbia. Solo nel Paese balcanico è stato scelto da circa 200mila russi per la loro nuova vita da espatriati. Salvo poi scoprire di essere letteralmente finiti in una succursale della Russia, braccati dai servizi segreti di Mosca, ma anche dalla polizia locale.
Chi ha potuto, è passato da nord e si è fermato ora in Scandinavia, ora nelle Repubbliche baltiche. Nella classifica dei Paesi più ambiti dai russi, al primo posto c’è la Finlandia. Il Paese scandinavo ha rilasciato oltre 150mila visto nel 2022. Al secondo posto c’è la Spagna, che nel 2022 ha rilasciato circa 130mila visti. Al terzo posto c’è la Germania, con oltre 50mila visti rilasciati.
sintesi di Alessandro Bruni
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