di Elena Buccoliero, pubblicato in Azione nonviolenta del 7 dicembre 2023.
La scuola conosce la violenza e ha bisogno di contrastarla, ma è anche un elemento fondamentale nella costruzione della pace. In questi tempi di guerra, insegnanti e dirigenti scolastici ne sono consapevoli. Nell’arco di pochi giorni, giungono segnali da fonti diverse.
“Come lavoratori e lavoratrici nel campo del sapere sappiamo bene che nessun conflitto armato risolve i problemi, anzi prepara ad altre guerre ancora più sanguinose, semina odio ed accresce desiderio di vendetta”, scrivono nel loro appello gli insegnanti del Comitato Pace Scuola Costituzione, “ma rischiamo di essere inefficaci nell’affermarlo, perché i nostri allievi si rendono conto che una cosa è quello che imparano a scuola e un’altra è quello che avviene nella realtà”.
La loro è soprattutto una posizione di denuncia contro le continue violazioni alla Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, la Convenzione di New York, iniziando dal diritto alla vita (art. 6). “Israeliani, palestinesi, ucraini, e tutti i bambini e i ragazzi delle nazioni coinvolte in guerre, devono poter trovare sostegno e protezione da parte del mondo adulto, dei loro educatori, devono poterci vedere oggi come testimoni di rifiuto radicale della guerra e poter dire domani: «so che tu allora hai preso posizione per la pace»!”.
Del Comitato fanno parte insegnanti e dirigenti scolastici in pensione disposti a entrare nelle scuole per progetti sulla pace e di educazione alla nonviolenza. In modo analogo i centri del Movimento Nonviolento, nelle città in cui operano, offrono la loro collaborazione alle scuole e collaborano localmente con diverse realtà.
A Ferrara, dove vivo, le proposte educative sul contrasto al bullismo, alla violenza, all’uso di sostanze… vengono veicolate unitariamente a tutti gli istituti scolastici grazie a un protocollo provinciale coordinato dalla Prefettura. Quest’anno, per la prima volta, siamo entrati in quella programmazione proponendo iniziative che spaziano dall’obiezione di coscienza (su cui nell’ottobre scorso abbiamo realizzato una mostra e un filmato) alle esperienze di nonviolenza del Novecento attraverso i filmati di “Una forza più potente” (sono in rete la I parte su Stati Uniti, India, Sudafrica, e la II parte su Danimarca, Polonia, Cile), per arrivare alla gestione nonviolenta dei conflitti, al bullismo e ad altre forme di violenza tra pari.
Una pioggia di richieste ci ha raggiunti, dalla scuola dell’infanzia alla secondaria di secondo grado, con l’intenzione di coinvolgere anche i docenti, le famiglie, il personale scolastico. Per noi è la riprova di quanto la scuola sia interessata a questi argomenti. E, altro segnale significativo, i desiderata si sono concentrati su bullismo e gestione nonviolenta dei conflitti, accantonando le altre opzioni. Quasi a dire: tratti di violenza sono già qui, nella scuola, nei rapporti tra noi. Su quelli abbiamo bisogno di lavorare. La nonviolenza come teoria, la sua storia, la sua incidenza a livello sociale e politico ora non ci interessa, vogliamo prima rasserenare i nostri contesti di crescita e di lavoro.
Di questo si fa carico anche la proposta veicolata dal Movimento di Cooperazione Educativa (MCE) nazionale. La citazione di Célestine Freinet che apre il documento è molto significativa: “L’educazione che ha permesso, se non addirittura preparato, la guerra del ’14-18, gli avvenimenti apocalittici del’39-’45, poi l’intreccio attuale di odi e di guerre permanenti, questa educazione è fallita. Noi insegnanti abbiamo la nostra parte di responsabilità. […] La pace va costruita. Per costruirla non c’è altro cemento che l’educazione”.
Il programma è stato lanciato con un webinar cui ha partecipato Pasquale Pugliese per il Movimento Nonviolento. È ora il tempo, per scuole, classi, gruppi e associazioni, di presentare progetti, anche micro, da connettere in rete così da avviare il confronto con altre realtà ed entrare in contatto con associazioni che hanno maturato un’esperienza significativa nell’educazione alla pace e alla nonviolenta (oltre all’MCE, Movimento Nonviolento, Rete delle scuole di Pace, Archivio Pace e Disarmo, Movimento Internazionale della Riconciliazione, Rete della pace, SaltaMuri…). Ci sarà un monitoraggio intermedio nel febbraio 2024 e, ad aprile, la socializzazione delle esperienze fatte.
Il Movimento di Cooperazione Educativa propone tre prospettive su cui sperimentare:
- “Educare alla pace: è il primo passo, consiste nell’imparare a riconoscere cause, conseguenze, dinamiche dei conflitti: disuguaglianze e povertà, oppressioni e sfruttamento, dissesto ambientale, diritti negati, anche all’infanzia, in molti paesi del mondo, corsa agli armamenti, guerre. A partire da stimoli (arte, letteratura, testimonianze…) si possono promuovere momenti di mobilitazione/partecipazione collettiva per sensibilizzare, porre problemi, riflettere assieme.
- Educare in un contesto di pace: costruire una classe cooperativa e una scuola contraddistinta da una identità progettuale di pace e solidarietà fra tutti i soggetti nell’ottica della resilienza e della collaborazione. Favorire l’autoconsapevolezza sui propri comportamenti non cooperativi e sulla necessità di modificarli perché la pace va costruita a partire dalle relazioni interpersonali nella vita quotidiana.
- Educare per la pace: sviluppare progetti e percorsi educativi come operatori di pace nella propria realtà e gradualmente su scala più ampia”.
Il legame tra l’analisi della realtà, la sua trasformazione nell’ambito più prossimo – la scuola – e poi l’impegno come cittadini attivi, a qualsiasi età, è evidente e costituisce una premessa affinché ragazzi e ragazze vivano un’esperienza davvero significativa.
Vi è poi un dibattito aperto sul ruolo della scuola nel contrasto alla violenza di genere…. E su questo continueremo a parlare.