di Andrea Gandini. Economista, analista del futuro sostenibile.
I dati dicono che in 10 anni solo nel 2022 c’è stato un vantaggio per il mercato libero.
Dal 10 gennaio 2024 finisce il mercato tutelato per il gas (da aprile quello della luce). Su 8,7 milioni di famiglie 4 milioni saranno obbligate a scegliere un fornitore nel mercato libero dove operano 700 imprese private (utility). Nel tutelato rimangono per ora 4,5 milioni di famiglie con disabili, over 75 e altre famiglie in difficoltà. Già è significativo che nel mercato tutelato rimangano le famiglie più fragili, a dimostrazione che, come peraltro avvenuto negli ultimi 10 anni, hanno quasi sempre avuto prezzi più bassi del “libero mercato”. Arera ha pubblicato i dati dei prezzi medi degli ultimi 10 anni da cui si desume che solo nel 2022 il “libero mercato” ha avuto prezzi più bassi, ma perché Draghi (allora primo ministro) ha imposto uno stop agli aumenti nel “libero mercato”. Il che dimostra che quando si vuole il Governo può limitare gli eccessi di prezzo delle imprese per tutelare i cittadini e il bene comune. Arera inoltre informa che chi è passato al “libero” negli ultimi 6 mesi ha pagato quasi sempre di più del tutelato.
Un caso da manuale per capire quali sono i limiti del nostro modello di società occidentale che si basa sempre più su quella che è una vera e propria ideologia e cioè che i “mercati” (la “concorrenza” tra privati) siano sempre e comunque meglio della gestione pubblica. Un assioma che ora viene proposto anche dall’Europa che ha infatti preteso che Draghi introducesse nel marzo 2021 questa riforma in Italia per ricevere i fondi del PNRR. L’assunto è che lo Stato o azienda pubblica è sempre più inefficiente, come confermano anche la politiche dell’attuale Governo Meloni che si appresta a privatizzare ulteriori asset dell’Italia (banca MPS, Ferrovie italiane, Poste, Tim, e altro). Un fenomeno che ora investe anche la sanità attraverso la strategia di aumentare il budget pubblico meno dell’inflazione, come peraltro aveva previsto lo stesso Draghi nella sua strategia finanziaria, non avendo mai negato di essere a favore delle privatizzazioni in tutti i settori.
Una prima contraddizione nasce dal fatto di obbligare milioni di famiglie a scegliere il libero mercato, in quanto la libertà ci sarebbe comunque se nel mercato ci sono 700 aziende private e una azienda pubblica. Ma il vero pericolo è che questa azienda pubblica che nel caso dell’Elettricità è l’Acquirente Unico (AU) riesca, proprio per il suo potere di mercato di acquistare per milioni di famiglie di spuntare sui mercati esteri (dove compriamo) un prezzo migliore dei privati, che poi rivende a Enel & c. a prezzi stabiliti dall’Autorità per l’energia (Arera) che sono di fatto migliori dei privati. L’AU non è sovvenzionata dallo Stato, ma funzionando come un’enorme gruppo di acquisto collettivo, spunta prezzi migliori sul mercato, costringendo tutti i privati a doverne tener conto e così fare prezzi più contenuti.
E’ vero che milioni sono passati al mercato libero ma chi è rimasto nel tutelato (anche solo per pigrizia) ci ha preso e ha sempre avuto prezzi minori. Dal 2012 al 2020 il vantaggio è oscillato da 0,8 all’anno a 4,39 cent al Kilowattora, il 16% del prezzo totale (Fonte Arera). In base a una memoria depositata alla Camera da Arera nel 2019, al netto delle imposte (che sono uguali per tutti) i clienti del mercato tutelato hanno pagato in media il 13% in meno di quelli passati al libero, nel 2020 il 24% in meno (189 euro contro 234). L’unica inversione di tendenza si è avuta nel 2021 2022 quando i prezzi erano quasi simili e nel 2022 quando in effetti nel mercato libero si è potuto guadagnare anche il 30%. Ciò è stato dovuto all’esplosione dei prezzi per la guerra in Ucraina e al fatto che Draghi ha bloccato i prezzi del mercato libero. Non a caso Bersani ha detto che così si “azzoppato l’Acquirente Unico”. Nel 2016 Arera aveva infatti deciso che AU avrebbe potuto comprare solo a prezzi “spot” (mercato giornaliero) senza poter operare su quello “a termine”, potendo così valutare i prezzi più convenienti (come fanno i privati). Da allora i prezzi sono decisi da Arera sulla base dei prezzi spot trimestrali che sono appunto esplosi nel 2021-22, legando così le mani all’AU (Acquirente Unico), mentre nei mercati liberi spesso il prezzo è concordato per 2 anni (da cui gli extraprofitti di molte nostre utility).
L’Istat ha effettuato una simulazione di quello che sarebbe successo se non ci fosse stato l’intervento di Draghi (anti-mercato) nel 2021: ad ottobre il prezzo sarebbe salito non del +103% come avvenuto nel tutelato) ma del +329% nel libero…ecco perché Draghi è intervenuto a stoppare gli aumenti. Istat ha comunicato che a novembre 2023 il prezzo medio (inclusi iva e oneri vari) è salito nel mercato libero a 44,33 cent di euro per Kwh contro i 28,29 del tutelato.
Ed è questo lo scenario che attende 5 milioni di famiglie.
Mentre nei primi 30 anni del dopoguerra le cose sono andate molto bene (più salari per tutti, più occupazione, più uguaglianza, più welfare), dagli anni ’70 e ’80, proprio in coincidenza col fenomeno delle privatizzazioni e liberalizzazioni, si è andati molto male (e si continua).
L’ideologia è che la concorrenza tra privati favorisce sempre e comunque i consumatori con prezzi più bassi. In realtà sappiamo che in molti settori strategici (telefoni, acquisti on line, internet, social, materie prime,…) non c’è affatto concorrenza ma potenti oligopoli o monopoli che tengono i prezzi minimi artificiosamente alti. In Usa negli ultimi 40 anni in ¾ dei settori è diminuita di molto la concorrenza e le grandi multinazionali sono diventate oligopolisti che operano con enorme potere di mercato (spesso senza antitrust). Le multinazionali hanno necessità di penetrare i vari mercati rapidamente e quindi l’ideale è stato offrire anche in Europa un grande e unico mercato. Dietro la narrazione della “concorrenza” ci sono quindi molti oligopoli e monopoli.
Poi ci sono settori dove è dimostrato che un mercato concorrenziale tra privati non è affatto vantaggioso per i clienti in quanto ci sono “asimmetrie informative” oppure possibilità di acquistare grandi volumi a favore di milioni di clienti tra loro riuniti in una associazione, abbassando il prezzo (proprio come nel gas e luce). Cosa sono le asimmetrie informative?
Se per acquistare una casa, il telefono o l’auto tutti abbiamo un minimo di conoscenze che ci consente di fare una scelta tra privati diversi, così non è in alcuni settori come per esempio la sanità, la scuola, ma anche il gas o l’elettricità in quanto si tratta di settori ad alta complessità in cui o non sappiamo dove sono i medici e gli insegnanti migliori o, come nel caso di gas e luce, essendo la materia prima acquistata all’estero in grandi stock ed essendoci molte variabili, conviene avere un Unico grande Acquirente (AU) che svolga un servizio universale e che farà buoni prezzi se è controllato da una Autorità pubblica (come nel caso di Arera), evitando ai clienti che non hanno tempo o capacità di dover confrontare centinaia di offerte con una moltiplicazione di costi (personale, marketing,…) delle 700 imprese italiane che ricadono infine sui prezzi finali ai clienti.
L’alternativa tra avere due mercati (libero e tutelato) è meglio della tirannia del “libero mercato” obbligato comunque e per tutti. Sarà dura per un liberale ammettere che non ci deve essere scelta…alla faccia della libertà.
Chi non ha ancora scelto il libero mercato ha fatto bene perché dal dicembre 2021 al settembre 2023 i rincari delle bollette nel mercato tutelato sono stati nettamente inferiori a quelli del mercato libero (gas -8,8% verso +73,7%; luce -11,4% verso +47,4%, fonte Unione Nazionale Consumatori su dati Istat).
E’ vero che il 10% dei clienti del mercato libero ha avuto rincari minori di quelli avvenuti nel mercato tutelato (come nel caso di chi scrive), ma si tratta di una famiglia su dieci che ha avuto tempo e conoscenze per poter fare confronti e scegliere il miglior operatore, spesso spostandosi da un anno all’altro con però notevoli perdite di tempo e potendo contare su buone conoscenze. Un lavoro che non fa quasi nessuno (ho chiesto a 10 amici tutti laureati e nessuno sa neppure qual’è il prezzo della sua bolletta) e ciò spiega perché il restante 90% ha avuto rincari maggiori.
Tutti (o quasi) i partiti sono responsabili di questa “deriva” verso l’ideologia del “libero mercato”, in quanto è stato per primo il Governo Renzi nel 2014 a proporre questa scelta votata dal parlamento italiano nel contesto delle riforme necessarie per attuare il PNRR, poi confermata dal Governo Conte 2 e da Draghi e dalla Commissione Europea. Tutti spingono affinchè in tutti i paesi si affermi la logica della privatizzazione e della “libera” concorrenza.
Fratelli d’Italia che aveva votato contro, si trova ora (al Governo) ad approvare questa norma, confermando che tutti coloro che arrivano al Governo devono uniformarsi alle regole della concorrenza e alla logica mercantilistica che vige oggi in Occidente e che è alla radice delle crescenti disuguaglianze, anche perché viene nel contempo ridotta sempre più la tassazione sia sui ricchi sia sulle imprese (complice anche l’evasione ed elusione fiscale sulla quale non a caso non c’è alcuna iniziativa, se non quella, recente, dei paesi non allineati all’ONU che in 120 hanno votato a favore di una tassazione globale e contro cui hanno votato 45 paesi europei e americani), tassando invece sempre più il lavoro (specie quello dipendente).
L’impoverimento è dovuto in gran parte alla crescita dei prezzi del gas e luce che sono raddoppiati in Italia a causa della fine della fornitura del gas russo. I depositi sono pieni di gas liquefatto (dagli Usa) che è costato il doppio. Nella rilevazione ISTAT sui prezzi chi cresce di più sono: gas, acqua, elettricità e combustibili. Un tipo di inflazione che colpisce in modo particolare le classi popolari (+15% rispetto alla media di 8,7%), essendo beni necessari a cui non si può rinunciare, o la cui moderazione è difficile.
Più che la guerra in Ucraina, l’aumento dei prezzi è dovuto alla speculazione di fondi finanziari e banche che hanno acquistato già in primavera 2021 tutti i titoli energetici alla borsa Ttf di Amsterdam; tanto che il Governo approvò in estate 2021 i provvedimenti del 28 settembre 2021 per abbassare la tassazione sulle bollette del gas e dell’energia elettrica (5 mesi prima dell’invasione dell’Ucraina).
Oltre all’impoverimento collettivo dei ceti più deboli, c’è un danno diffuso (di cui poco si parla) all’economia in termini di aumento dei costi di produzione per imprese che chiudono o sospendono la produzione (vedi Yara a Ferrara).
Alla base degli aumenti stanno le materie prime del gas (per elettricità e riscaldamento) e petrolio (per i carburanti). Per entrambi la filiera che va dal produttore (cioè da chi li estrae) al consumatore di base vede molteplici passaggi, con differenti margini di profitto. Ma il tratto più impressionante, come ha insegnato la crisi del 2008, è che si tratta di commodities fortemente finanziarizzate.
Il prezzo del gas viene determinato sul mercato di Amsterdam (Ttf), in cui si registra una massiccia presenza di agenti speculativi, maggiori di quelli che hanno un interesse commerciale. A ciò va aggiunto che i decisori europei hanno insistito presso la russa Gazprom, per sostituire contratti di lungo periodo (detti “take or pay oil link”) con altri di breve periodo (detti “gas to gas”), il che ha dato un margine maggiore alle manipolazioni finanziarie tendenti ad amplificare le oscillazioni di prezzo.
Per quanto riguarda il petrolio, il prezzo di riferimento (“Brent”) viene fissato presso l’Intercontinental Exchange di Atlanta – una borsa statunitense specializzata in derivati sviluppatasi grazie al trading elettronico sulle materie prime. Il prezzo del carburante alla pompa (a parte la tassazione) dipende tuttavia da un prezzo di riferimento stabilito da S&P Global Commodity Insights, una piattaforma/azienda situata a Londra, presso cui operano i maggiori fondi speculativi al mondo.
In questo contesto non si realizza affatto quel mitico “equilibrio concorrenziale” dei mercati di cui parlano i libri di macroeconomia, ma una serie di speculazioni finanziarie che alcuni Stati subiscono (se non si organizzano come l’Italia, non certo la Norvegia) e fanno pagare ai loro cittadini. I dirigenti UE hanno pensato di inserire ulteriori dosi di meccanismi mercatisti che non hanno prodotto nulla, così come le sanzioni con la Russia che era il principale fornitore di gas e di molto petrolio all’Europa. I Governi (da Draghi a Meloni) hanno assunto provvedimenti (a debito…buono o cattivo?) per alleviare il costo delle bollette, ma non possono sanare una dimensione strutturale di assuefazione alle logiche finanziarie il cui obiettivo è il massimo profitto delle imprese che vi operano a costo di impoverire la maggioranza dei cittadini e in particolare le classi popolari più povere.
L’alternativa sarebbe stato mantenere (per chi lo vuole) un prezzo amministrato (mercato tutelato) da Arera (Autorità pubblica) e in prospettiva avere un grande acquirente unico (AU) pubblico che vende poi a ENI controllato e regolato con tariffe trasparenti uguali per tutti e crescenti al crescere dei consumi, con una quota di base a basso prezzo per poveri e consumatori responsabili. Così invece se ne va un altro pezzo del nostro welfare.