di Marialaura Matacena, Fabiola Maioli, Paola Forti. Pubblicato in Luoghi di cura del 8 novembre 2013.
Invecchiamento della popolazione e ridotta disponibilità di posti letto ospedalieri rendono necessari modelli di lavoro in grado di far fronte agli specifici bisogni socio-assistenziali dei pazienti anziani, spesso fragili e complessi: lo scopo è promuovere la dimissione in sicurezza verso il corretto setting di cura ed evitare il ricovero, laddove non necessario.
La letteratura scientifica evidenzia che le principali categorie a cui afferiscono le motivazioni dell’inappropriatezza delle cure sono le inadeguate misure di prevenzione, il mancato inserimento in un setting a minore intensità di cure, la discordanza tra il piano assistenziale proposto e le aspettative del paziente e/o del caregiver.
Le strutture di cure intermedie svolgono una funzione di collegamento tra i reparti per acuti e il domicilio dei pazienti. Sono fondamentali in tutte le situazioni in cui la complessità sanitaria – gravata spesso da problematiche socio-assistenziali – richieda un passaggio intermedio tra l’ospedale e il domicilio al termine della fase di acuzie; realizzano un setting a minor grado di intensità di cure, adeguato a pazienti che hanno raggiunto la stabilità clinica.
Il concetto di cure intermedie risulta pressoché inscindibile da quello di cure di transizione (transitional care): queste rappresentano l’insieme delle misure attuate al fine di assicurare la continuità delle cure e di evitare la perdita di informazioni al momento del cambio di setting, sia nel passaggio da una struttura per acuti a una di cure intermedie, sia nel momento della dimissione al domicilio. Gli interventi di transizione delle cure iniziano durante la degenza, attraverso la pianificazione precoce della dimissione, l’educazione al caregiver, la ricognizione e riconciliazione terapeutica, il contatto con il medico curante. La transitional care passa poi attraverso la programmazione del follow-up (ambulatoriale o telefonico) e attraverso un eventuale passaggio in strutture di cure intermedie.
Le pratiche di transitional care con un maggiore impatto dimostrato sulla corretta gestione del paziente prevedono:
- coinvolgimento del paziente,
- coinvolgimento del caregiver,
- gestione della complessità,
- riconciliazione terapeutica,
- educazione del paziente ed educazione del caregiver,
- benessere del paziente e benessere del caregiver,
- continuità di cura e assistenza.
I principi di cui si avvalgono le cure di transizione hanno come chiara fonte di ispirazione la valutazione geriatrica multidisciplinare, che in letteratura si è dimostrata essere il modello operativo di maggior successo in termini di gestione del paziente, nonché di ottimizzazione della spesa sanitaria. Inoltre, il tema dell’educazione e del coinvolgimento della famiglia è risultato essere fondamentale nel ridurre la re-ospedalizzazione: ciò acquisisce un valore ancora più importante per le persone affette da disturbo neurocognitivo maggiore quale la malattia di Alzheimer o altre forme di demenza.
Oltre alle figure strutturali, sono coinvolti nel modello operativo il fisioterapista, il medico di reparto, il case manager, la famiglia del paziente e il medico di medicina generale. La valutazione in team permette la presa in carico multidimensionale e multiprofessionale del paziente:
- il geriatra svolge un ruolo di supporto specialistico al medico di reparto nell’identificazione del setting di cura più appropriato, favorendo laddove possibile il ritorno al domicilio del paziente e personalizzando il percorso di cura; il geriatra inoltre valuta la stabilità clinico-laboratoristica, la conclusione del percorso diagnostico-terapeutico e la presenza di un follow up laddove necessario;
- l’infermiere di continuità garantisce competenze specifiche in ambito geriatrico e di continuità assistenziale, facilitando l’organizzazione di percorsi alternativi volti a favorire la gestione domiciliare;
- l’assistente sociale assicura una tempestiva ricognizione della situazione sociale e familiare attraverso l’istruttoria sociale con la famiglia, intercetta situazioni di difficoltà e costituisce il tramite con l’assistenza sociale territoriale per l’attivazione dei servizi al domicilio.
All’atto della segnalazione il medico responsabile effettua una proposta di setting di dimissione tra quelli possibili nell’ambito della Rete delle Cure Intermedie: lungodegenza, letti di cure intermedie, Casa-Residenza per Anziani non autosufficienti (CRA) temporanea. Fondamentale risulta essere anche l’interazione con la Rete delle Cure Palliative, che può essere finalizzata sia all’attivazione del servizio di assistenza domiciliare, che al percorso di hospice per pazienti con patologie oncologiche o con malattie croniche in fase terminale.
A livello ospedaliero l’intervento riduce i tempi di degenza, facilita la transizione ospedale-territorio, assicura la continuità delle cure e riduce il rischio di ri-ospedalizzazione. Ha inoltre come obiettivo quello di coadiuvare il medico di reparto nella messa in atto di tutte le misure di transizione delle cure citate precedentemente.
Il nostro studio, condotto su una popolazione di 150 pazienti ricoverati presso reparti per acuti e segnalati al Team di Cure Intermedie per la valutazione del percorso di dimissione, ha dimostrato come la valutazione multiprofessionale risulti decisiva nell’indirizzare il paziente anziano fragile verso il corretto setting di dimissione, valutando l’effettiva idoneità dei pazienti verso un setting di cure intermedie e favorendone laddove possibile il ritorno al domicilio.
Dai dati è emerso come fattori predittivi della possibilità di rientrare al domicilio, senza dover effettuare un passaggio presso un setting di cure intermedie, siano la presenza di disturbo neurocognitivo maggiore e la dipendenza funzionale di recente insorgenza. Questo non deve sorprendere: per il paziente con disturbo cognitivo l’ospedalizzazione è da evitare, mentre il paziente con dipendenza funzionale può beneficiare della sola attivazione di un servizio di assistenza domiciliare, senza dover rimanere in un contesto medicalizzato, seppure a minore intensità di cura. Altri fattori predittivi di dimissibilità al domicilio sono risultati essere la stabilità clinica, la presenza di un follow up e la corretta valutazione del medico responsabile del caso.
sintesi di Alessandro Bruni
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