di Paolo Bartolini. Filosofo, tra psicologie del profondo e spiritualità laica. Pubblicato in Sinistrainrete del 8 ottobre 2023.
Per vocazione e deformazione professionale non posso sottovalutare l'importanza di una graduale e profonda trasformazione degli stili di vita. Una società sostenibile e vivibile richiede che ognuno faccia la sua parte.
Le innovazioni più interessanti sono quelle che il molteplice dei movimenti e delle lotte sperimenta in giro per il mondo. Ecco allora che forme nuove/antiche di agricoltura, abitudini più salutari, cambi sensati di regime alimentare, mobilità dolce, forme cooperative in ambito produttivo, impiego di monete complementari e così via, appaiono come elementi cardine della riconversione ecologica/economica/esistenziale che ci serve.
Del resto sono innumerevoli le buone pratiche - anche culturali/artistiche - che possono annunciare, qui e ora, il mondo che vorremmo. Eppure, insieme a questo e come precondizione, dobbiamo parlare di giustizia sociale e ridistribuzione. Lo Stato e le istituzioni facciano la loro parte, si rendano davvero partecipate. E soprattutto, a proposito di emergenze: si dia il segnale per cui tutti dovremo fare sicuramente delle rinunce, ma commisurate alle possibilità di ciascuno e all'impatto effettivo sul pianeta dei diversi gruppi umani.
Ci risparmieremmo così i battibecchi inutili e compiaciuti tra le sinistre ZTL che leggono i quotidiani della borghesia guerrafondaia assumendo pose languide e riflessive mentre criminalizzano ogni dissenso, e i populisti vecchi e nuovi, quelli che da mesi si affannano a convincerci che i cambiamenti climatici non ci sono o sono prodotti da un sole particolarmente molesto (e non dall'emissione letale di CO2 in atmosfera). Le prime parlano di stili di vita sostenibili e li prospettano per tutti in egual modo, senza tener conto che per vivere bio e green servono molti denari.
I secondi negano la realtà, attaccano eminenze grigie rettiliane e succhiasangue, sottostimano la rovina ecologica e passano le giornate a cercare notizie di malori e crepacuori per confermare gli effetti diabolici del siero inoculato a milioni di italiani. Si può e si deve uscire da queste posizioni rigide e confuse, ribadendo chiaramente: transizione e trasformazione sì, a livello collettivo e individuale. No però alla retorica livellante e martellante dell'emergenza con cui si colpevolizzano i poveri cristi e la gente che lavora, chiedendo alla popolazione "sacrifici" mal distribuiti.
I primi a pagare devono essere coloro che hanno tratto dal neoliberismo vantaggi enormi sulla pelle della maggioranza delle persone e, metaforicamente, degli ecosistemi: multinazionali, industrie belliche, grandi evasori, personaggi dello star system, proprietari e azionisti dei mass media che orientano l'opinione pubblica e la manipolano, compagnie petrolifere...
Solo un segnale del genere può salvarci dal caos innescato da due anni di gestione pessima della pandemia/sindemia: un evento decisivo perché ha rivelato come in situazioni di pericolo lo stato di emergenza può essere usato per arginare le richieste legittime di protezione, giustizia e democrazia, e riorganizzare in maniera sempre più classista e verticale la società.