di Ilaria Dioguardi. Pubblicato in Vita del 19 dicembre 2023.
«Una mamma detenuta mi disse che la prima parola pronunciata dal figlio, in carcere con lei, non fu “mamma” o “papà” ma “apri”. Questo racconto mi fece capire che un bambino in carcere non può vivere». A parlare è Paolo Siani, direttore dell’Unità Operativa Complessa di Pediatria dell’Ospedale Santobono di Napoli ed ex parlamentare, autore del libro Senza colpe. Bambini in carcere (Guida editori).
Le nuove misure del pacchetto sicurezza, che arriveranno in Parlamento tra qualche mese, prevedono l’introduzione di «un regime più articolato per l’esecuzione della pena» per le donne incinte e per le mamme con bambini fino a tre anni e l’eliminazione del rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena per le donne in gravidanza e le madri di bambini di meno di un anno di età, prevedendo la detenzione in Istituti a Custodia Attenuata per detenute Madri, Icam. «È un fatto insopportabile perché avremo molti più bambini negli Icam. Questa è l’emergenza che si è creata in queste settimane, di cui va informata la popolazione», dice Paolo Siani.
«Mentre scrivo sono 20 i bambini innocenti detenuti con le loro mamme. Ma fosse anche uno solo, costretto a conoscere il mondo e a trascorrere la sua infanzia dietro le sbarre, quella che sto per raccontarvi sarebbe comunque una battaglia di civiltà».
Siani, nella nota introduttiva del suo volume c’è già la risposta alla domanda «perché ha scritto questo libro?»
Secondo il governo, l’Icam non è un carcere, invece lo è a tutti gli effetti. Bisogna spiegare ai parlamentari che questa norma non si può votare. Il diritto del minore è un diritto costituzionale: tra due diritti, prevale sempre il diritto del minore. Lo dice la Costituzione e anche la Convenzione sui diritti dell’Infanzia. Non possiamo fare finta di niente, con questa norma ce ne stiamo fregando dei diritti del minore. Sono stato nell’Icam di Lauro, dove ho visto quei bambini con le loro mamme. Una mamma mi disse che la prima parola pronunciata dal figlio non fu «mamma» o «papà» ma «apri»: una parola anche difficile da dire, è quella che un bambino sente più spesso in carcere. Questo racconto mi fece capire che un bambino in carcere non può vivere, il suo cervello riceve un input non fisiologico ma patologico, che si ripercuote sulla sua vita presente e futura.
Io ho visitato una delle due case famiglia che ci sono in Italia, una è a Milano e l’altra è la Casa di Leda a Roma, dove sono stato: una bella villa in cui non si ha l’impressione di stare in carcere. Quella sarebbe la soluzione migliore. Per recuperare una donna che ha commesso un piccolo reato non si può condannare un bambino a vivere in un carcere, è un’assurdità.
L’articolo 31 della nostra Costituzione tutela la maternità e l’infanzia. Che tutela è se metto in carcere donne incinte e bambini?
Leggere il mio libro fa capire perché non può stare in carcere un bambino innocente fino a sette-otto anni. Un bambino che vive gli anni più belli e importanti della sua vita in un carcere lo stiamo condannando a una vita di disagio fisico e psichico. Nel 2020 fu approvato un mio emendamento con lo stanziamento di un milione e mezzo di euro per tre anni, fino a questo anno, per realizzare case famiglia protette. Le regioni hanno ricevuto i finanziamenti ma non li hanno utilizzati per l’obiettivo prefissato.
sintesi di Alessandro Bruni
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