di Massimo Sandal. Pubblicato in Le Scienze n.665 di gennaio 2024. Presentazione con sintesi elaborata di Alessandro Bruni. Invito alla lettura dell'articolo completo.
Sono molecole progettate per avere effetti simili a quelli di droghe vietate, ma sono legali e entrano nel mercato degli stupefacenti. Il loro problema è che pongono sfide complesse per la salute, la ricerca scientifica e la società.
Storicamente le designer drug sono nate verso la fine degli anni settanta, in un periodo in cui l'eroina scarseggiava, alcuni chimici underground riscoprirono una pubblicazione scientifica del 1947 su un oppioide sintetico, l'MPPP o “China White”, potente e dalla sintesi facile. Nel 1976 Barry Kidston, uno studente dell'Università del Maryland, lo produsse sinteticamente in casa dei genitori per uso personale. Dopo un uso del primo lotto di produzione, che si dimostrò efficace, Barry ne produsse un secondo che però ebbe risultati devastanti sulla sua persona. Sviluppò mutismo, rigidità nei movimenti e grave sindrome di Parkinson giovanile. Problemi che lo indussero al suicidio due anni dopo.
Da quasi un secolo è in corso una gara tra la legge e la chimica. Di fronte a controlli sempre più stringenti su un numero crescente di sostanze stupefacenti, un esercito di chimici clandestini risponde, creando continuamente un caleidoscopio di nuove sostanze. Sono le designer drug, o droghe “su misura”.
Progettate a tavolino per imitare l'effetto di stupefacenti come la cannabis o l'anfetamina e sono un insieme enorme e diversissimo di molecole difficili da identificare, che appaiono e scompaiono di continuo poco comprese dalla comunità medica e scientifica.
Le designer drug pongono una serie di problemi complessi per la salute, la legge e la società. Sono un nodo in cui si intrecciano laboratori clandestini e intelligenza artificiale, controcultura e industria farmaceutica, e che mette in questione tutto il nostro rapporto con le sostanze psicoattive.
Le droghe su misura esplodono nei primo anni novanta con l'avvento di Internet, grazie a mailing list, gruppi di discussione e forum web. Le principali categorie di designer drug sono: cannabinoidi sintetici, catinoni, fenetilammine e altri stimolanti, oppioidi sintetici e altre sostanze difficilmente catalogabili.
In Italia, rispetto al 2021, è stato registrato un incremento si circa il 28 per cento dei consumi di sostanze stupefacenti nella fascia giovanile fra i 15 e i 19 anni di età con un aumento rilevante (circa il 10 percento) dell'uso di cannabinoidi sintetici e di nuove sostenze psicoattive. Nel 2022, oltre 140.000 ragazzi (circa il 6 per cento del totale) ha consumato queste droghe sintetiche almeno una volta, con prevalenza dei cannabinoidi sintetici seguiti dagli oppioidi di sintesi. Le nuove sostanze psicoattive in circolazione in Italia sono in aumento (fonte SNAP, Sistema nazionale di allerta precoce). A cambiare completamente la storia delle designer drug potrebbe essere l'arrivo in questo campo di applicazioni basate sull'intelligenza artificiale.
Uno dei problemi è costituito dal fatto che è pressoché impossibile produrre test antidroga mirati per le droghe su misura, trattandosi di migliaia di sostanze diverse che appaiono e scompaiono a volte in pochi mesi, troppo diverse dalla droghe note. Identificarle richiede tecniche analitiche raffinate che frniscno informzioni articolate sulla struttur chimica. Inoltre una strategi per non farsi scoprire è mettere in commercio miscugli con piccole dosi di numerosi composti simili in modo che l'effetto sia alto ma la quantità di ogni singolo composto sia sotto la soglia di identificazione strumentale. Bisognerebbe passare ad una identificazione per effetto e non per quantità di singolo composto, effettuato su cellule in vitro o su cavie. Un metodo certamente che presenta condizionamentidi tempo e di etica.
Da anni gli specialisti richiamano al fatto che spesso le politiche sulle droghe non seguono l'effettiva pericolosità delle sostanze, e sono più legate a fattori politici, culturali e sociali. Le droghe “su misura” non sono un'emergenza né un fenomeno secondario, ma sintomo del fallimento dell'attuale politica verso le sostanze psicoattive. È plausibile che sia necessario un approccio a sua volta su misura, che invece di reprimere o liberalizzare arbitrariamente tenga conto dell'intero contesto in cui le sostanze sono usate e di come bilanciare costi e benefici per la società.
Ritornando al caso di Barry Kidston, si ebbe all'inizio degli anni 80 una spiegazione del mistero della sua sindrome giovanile di Parkinson. Barry nel secondo lotto di produzione non aveva purificato con accortezza la produzione di MPPP lasciando la presenza di una altra molecola la MPTP, un contaminante che si forma durante la sintesi dell'MPPP. Solo nel 1984 si è scoperto che MPTP avvelena selettivamente i neuroni dopaminergici, gli stessi che vengono lentamente persi nel morbo di Parkinson. Il caso del'MPTP rivelò drammaticamente come la mancanza di controlli nelle droghe sintetiche possa avere conseguenze devastanti. Fu però anche un inatteso colpo di fortuna per la ricerca scientifica, che a quel punto aveva a disposizione una molecola capace di mimare perfettamente, negli animali, il morbo di Parkinson, e quindi un modello usato ancora oggi per sviluppare e testare terapie antiparkinson.