di Giancarla Codrignani. Pubblicato nel blog dell'autrice il 17 Gennaio 2024.
Repubblica, 12 gennaio 2024: l’articolo di Andrea Romano Putin, volto del fascismo di oggi, elenca le caratteristiche comuni: disprezzo per le democrazie liberali, persecuzione del dissenso, rifiuto delle diversità sessuali, culto della morte, pratica sistematica della violenza, nazionalismo anche etnico e suprematista e connivenza con l’antisemitismo.
Nulla da eccepire, ma la storia dice altro: a parte il culto della morte, tipicamente fascista già nel 1919, le caratteristiche dei sistemi autoritari non sono necessariamente fasciste. Il termine è sicuramente abusato per amore di conservazione. Il Cile di Pinochet fu “fascismo” in senso lato, ma la pratica del golpe in America Latina ha altre cause e altri metodi, diversi per ogni paese che ha fatto esperienza della dittatura. Quello che succede oggi in Myanmar o in molti paesi teocratici sono assolutismi non necessariamente fascisti.
Quanto a Putin la Russia non ha mai abbandonato l’imperialismo zarista: Nicola II fu ucciso, ma Stalin mantenne l’unità del potere di uno sterminato paese senza trasformazioni radicali del regime che teneva in piedi popolazioni diverse per lingua e religione nel nome anche tacito della Santa Madre Russia. Da questa linea Gorbaciov tentò di portare “le repubbliche” verso la democrazia, ma perse anche per colpa dell’Occidente; ma oggi resta la principale ragione che ha indotto Putin ad attaccare l’Ucraina, che non a caso ha avuto a Kiev l’origine ortodossa e politica del potere inaugurato dal principe Vladimir nel 988. Ovviamente Putin è un prevaricatore (sono ormai vent’anni che governa), ma continuerà a non perdere il consenso dei russi: forse verrà prima una richiesta di autonomia dalla Mongolia.
Mentre l’antifascismo “può” ragionare su che cosa sia stato o sia il fascismo – doveva “fare storia” prima di aprire l’equivoco mercatino di Predappio – ma “deve” cogliere le differenze che, in un tempo in cui le istituzioni non sono state difese dai partiti (in crisi alla fine della prima Repubblica) arresi ai “movimenti” privi di ideologia e, purtroppo, di idee, la democrazia registra elementi di vulnerabilità a causa del prevalere populista e della cultura dei social.
E’ possibile strumentalizzare la tecnologia e, se Trump può essere stato sostenuto dall’infiltrazione dei sistemi informatici russi, le fake news che trovano ascolto non solo negli sprovveduti configurano possibilità di perdere il senso della delega dei propri interessi al Parlamento che è proprio ciò che disturba il fascismo.
Nemmeno Ignazio La Russa dirà mai “di quest’aula sorda e grigia farò un bivacco dei miei manipoli”, ma i Fratelli d’Italia al governo per il voto di due terzi del paese (un terzo non è andato a votare) sembrano ignorare che i poteri democratici sono due: il governo e l’opposizione e si permettono di occupare posti di comando perché la loro tendenza è quella secondo cui il governo “comanda”.
Le conseguenze antidemocratiche sono visibili a tutti nella trasformazione della televisione di Stato, pagata dai cittadini non solo meloniani. Negli anni venti di un secolo fa Mussolini, già socialista e direttore dell’Avanti, inventò un “movimento populista”, chiese “l’ordine” per un paese depresso per la crisi del dopoguerra e preoccupato per la richiesta della sinistra di classe di fare come la Russia comunista del ’17. E chiese di “governare”: la stolta connivenza del re, ma soprattutto le elezioni gli diedero quel governo, mentre bruciavano le case del popolo e le sezioni del partito socialista e gli squadristi assalivano i democratici.
Non è un caso che il governo attuale non abbia deliberato la solenne commemorazione di Giacomo Matteotti, parlamentare assassinato da quel regime che il “governo” non vuole condannare contro il dettato della Costituzione.