di Luigi Viviani. Sguardi al futuro politico.
Da troppo tempo nel dibattito politico italiano emerge periodicamente la constatazione dell’irrilevanza della presenza dei cattolici nell’attuale nostro sistema politico. Finora, tali dibattiti non hanno prodotto alcuna novità significativa perché si è trattato di discussioni contrassegnate da un errore di fondo, cioè la presenza determinante di una antistorica nostalgia della DC.
Va precisato che oggi i cattolici sono presenti nella politica italiana in vari partiti, ma in modo direttamente organizzato come tali in diversi gruppuscoli, tutti nati dal tentativo si far rinascere, in vario modo la Dc. Il tempo ha dimostrato che si è tratta di scelte prive di prospettiva, che hanno dato vita a raggruppamenti di dimensione minuscola che solo in pochissimi casi sono riusciti ad eleggere qualche parlamentare, finendo per diventare una appendice marginale delle coalizioni, quasi sempre di centrodestra e ben lontani dalle caratteristiche del vecchio centro democristiano.
A questa situazione siamo arrivati perché non si riesce a prendere atto che la Dc è figlia del suo tempo. Essa è terminata formalmente 18 gennaio 1994 con una decisione politica del Consiglio nazionale, dopo il fallimento del tentativo di rilancio di De Mita e della successiva gestione di sopravvivenza di Andreotti all’ insegna del motto: “Meglio tirare a campare che tirare le cuoia”. Nelle successive elezioni europee del 18 giugno di quell’anno gli elettori davano il 30% a Forza Italia di Berlusconi che in seguito, tramite il Polo delle libertà diede luogo ad una coalizione con la Lega di Bossi e Alleanza Nazionale di Fini, non a caso le medesime forze che compongono l’attuale governo Meloni. La Dc, quindi, non è morta per un incidente di percorso ma perché il suo tempo storico era finito.
La società italiana ormai secolarizzata, culturalmente pluralista, laica e con la libertà religiosa non reggeva più una organizzazione politica fondata sulla comune appartenenza cattolica. Di questo, i vari gruppi che, sulla base della nostalgia del passato cercano, di sopravvivere, dovrebbero prendere atto. Per le strane coincidenze della storia, una sorte analoga è toccata anche al maggior avversario di sinistra della Dc, cioè al Pci che pure è finito, non tanto per l’anticomunismo dei suoi critici, ma perché nel 1989, con la caduta del muro di Berlino, la storia ne ha decretato la fine. Anche in questo caso con tanti problemi creati dai suoi epigoni alla sinistra del futuro.
Con la fine della Dc la politica italiana è entrata progressivamente in crisi di idee e di strategia e questo processo ha coinvolto anche i cattolici che, in media, hanno perso lucidità di visione strategica, e capacità di sintesi efficace tra fede e azione politica così come aveva indicato il Concilio Vaticano II. Ad un certo momento, per cercare di risalire la china, la Chiesa gerarchica ha ritenuto opportuno proporre alcune iniziative di diretta discesa in campo dei cattolici: dai referendum per abrogare le leggi sul divorzio e l’aborto (entrambi persi) al Family Day all’insegna dei cosiddetti “valori non negoziabili” sulla vita e la famiglia.
Con effetti paradossali e contraddittori perché alla rigidità dei principi ha corrisposto un adeguamento al ribasso dell’impegno dei cattolici, e la discussione su tali valori si è ridotta agli ambiti angusti della polemica politica. Constatata la sterilità dei tentativi di ripresa di segno neo-clericale, il cattolicesimo politico non è inevitabilmente destinato a l'insignificanza, deve però cambiare modalità di presenza.
Credo che la responsabilità maggiore di tale inadeguatezza sia innanzitutto dei laici cattolici, perché, eludendo la lezione di libertà e di responsabilità del Concilio, hanno spesso assunto un impegno relativamente tranquillo, magari alla ricerca di una coerenza tra fede e vita, ma insufficiente rispetto al ruolo che la situazione politica richiede. Una volta superate le forme di organizzazione politica diretta, i cattolici possono militare in partiti diversi, ma è indispensabile fare i conti, più da vicino, con i valori di libertà, uguaglianza, solidarietà e pace in cui essi credono. Ciò comporta, dentro il partito e nell’azione politica e legislativa, operare scelte di ispirazioni cristiana, intese come le migliori mediazioni possibili tra valori e realtà, all’insegna della crescita del grado di umanità nella società.
Dal punto di vista politico e strategico, i punti essenziali di riferimento potrebbero essere: la laicità, intesa soprattutto come condizione di piena assunzione di libertà e responsabilità personale nelle scelte politiche, la Costituzione, che, nei contenuti, rappresenta una positiva e sperimentata sintesi dei diritti e dei doveri che sostanziano la nostra Repubblica, e l’Europa come progetto di sviluppo democratico e civile, ancora incompiuto che, tuttavia, rappresenta l’unica strada per garantire all’Italia un futuro di sicurezza e di protagonismo globale.
In questo lavoro di ricostruzione di una nuova presenza efficace dei cattolici in politica, la Chiesa italiana è chiamata a compiere alcune innovazioni di rilievo rispetto ai suoi usuali comportamenti. Nel pieno rispetto della laicità della politica dovrebbe, nei suoi documenti e nella sua azione pastorale, da un lato, rivalutare tra e oltre il mondo cattolico, la vocazione politica come impegno prioritario, essenziale per la costruzione del bene comune, dall’altro, impegnarsi per fornire ai politici cattolici una adeguata formazione cristiana al loro difficile compito e il discernimento di alcuni segni di questo tempo così preoccupante e sfiduciato.