di Andrea Gandini. Economista, analista del futuro sostenibile.
Il Reddito di base universale non è il Reddito di cittadinanza, ma un sussidio che andrebbe ai poveri (e, in prospettiva, a tutti) che consente di vivere anche quando non si lavora. L’ipotesi è però che tutti vadano a lavorare appena trovano un lavoro minimamente soddisfacente e che un sussidio di questo tipo spinga a ricercare il lavoro nel quale si è talentati, nell’ipotesi che a nessuno piace vivere senza far nulla, spingendo tutti a trovare il “posto giusto” nel mondo.
Favorevoli sono sia organizzazioni di sinistra1, di destra (ma anche non schierate politicamente), sia multinazionali e lo stesso Sam Altman, ora celebre in quanto Ceo di Open AI, il nuovo “guru” dell’Intelligenza Artificiale2. Altman si è pronunciato a favore del Reddito Universale già nel 2019, era preoccupato che AI producesse un alto livello di disoccupazione di massa e non escludeva la necessità di sussidi ai disoccupati per evitare rivolte di massa. Sam Altman nel 2019 aveva fondato “Y Combinator”, forse il più celebre incubatore di startup della California e aveva lanciato un programma sperimentale di sussidio destinato a 3mila persone basato appunto su “Universal Basic Income”. Il progetto prevedeva di elargire mille dollari al mese per 3 e 5 anni a mille persone e ad altre duemila un contributo di 50 dollari. Un progetto da 60 milioni di dollari, di cui però non si conoscono i risultati. Progetti simili furono avviati in Canada e Finlandia ma poi bloccati.
Lo scopo di Sam Altman (allora presidente di Y Combinator) era fornire una risposta alla disoccupazione che il progresso tecnologico e l’automazione potrebbero generare. «Sono abbastanza sicuro - riportava l’Ansa - che ad un certo punto nel futuro, con la tecnologia che continua a eliminare i lavori tradizionali, vedremo qualcosa del genere su scala nazionale. Quindi sarebbe una buona cosa rispondere ad alcune questioni teoriche ora. Le persone starebbero a casa a giocare ai videogiochi o creerebbero nuove cose? Si sentirebbero comunque felici e realizzate? Non avendo il problema di non riuscire a mantenersi sarebbero più utili per la società? Chi riceve il sussidio creerebbe più valore economico di quello ricevuto?».
Un tema, quello dell’UBI, controverso e che potrebbe diventare una nuova e inedita forma di welfare che certo farebbe scomparire molte povertà e sfruttamenti e parte della prostituzione.
Alcuni esperimenti sono andati a buon fine. Un imprenditore illuminato (che segue il pensiero di Rudolf Steiner) e possiede una catena di distribuzione alimentare di 15 mila dipendenti in Germania, aveva concesso la possibilità a chi voleva di licenziarsi per trovare un lavoro più adatto alle proprie potenzialità, potendo usufruire di un Reddito di base universale di importo simile a quello che riceveva come dipendente finché non trovava l’ambito nuovo lavoro. Una piccola percentuale di dipendenti ha usato questa opportunità e quasi tutti hanno trovato in pochi mesi un altro lavoro più confacente, per cui l’azienda non ha sostenuto spese significative di UNI (Reddito di Base Universale).
Nel 2018 Abhijit Vinayak Banerjee ha ricevuto il premio Nobel per l’economia per i suoi studi sulla povertà e si è focalizzato su un aspetto dell’UBI non ideologico ma pragmatico e cioè quale siano i suoi effetti sul comportamento lavorativo dei beneficiari evitando così le angustie ideologiche (come avvenuto in Italia) per cui per alcuni dare sussidi ai poveri riduce la propensione a lavorare e per altri è invece un modo per farli uscire dalla spirale della povertà.
Per evitare questo scontro ideologico una ONG californiana “GiveDirectly”, ha deciso di fare un esperimento unico al mondo per combattere la disuguaglianza sociale, attutire il divario tra paesi ricchi e paesi poveri, ma soprattutto per una più equa distribuzione della ricchezza, il reddito minimo appare a molti la soluzione più giusta. Così, GiveDirectly ha voluto “fare una prova”. A partire dal 13 novembre 2018, 40 villaggi del Kenya (circa 6mila persone) hanno ricevuto circa 22,50 dollari al mese, senza obblighi allegati, per 12 anni. Allo stesso tempo, 80 villaggi hanno avuto lo stesso importo ma per soli 2 anni, altri 80 villaggi una somma forfettaria, mentre 100 villaggi non hanno ricevuto denaro.
L’idea è verificare cosa succede se vengono “assicurate” intere comunità che versano in condizioni di miseria estrema con un sostentamento costante e capire se questo effettivamente può cambiare le cose. È l’obiettivo del test, unico nel suo genere, e che dovrebbe fornire indicazioni importanti sull’utilità effettiva del tanto discusso Universal Basic Income (UBI). Nelle intenzioni dei promotori, sarà più facile capire gli effetti dell’UBI e rispondere alle domande cruciali che si pongono spesso al riguardo: cosa succede se la gente riceve denaro senza lavorare? Diventa inattiva o comincia a darsi da fare per avviare un’attività? Usa sapientemente il denaro o lo sperpera inutilmente, magari in droga e alcol? E, se le persone dispongono di denaro, diminuiscono gli effetti della povertà come violenze e furti oppure no? Quesiti che spesso gettano delle ombre su proposte di ridistribuzione del reddito che vanno in questa direzione. L’esperimento keniota intendeva fornire delle risposte.
A metà esperimento le cose sembrano andare in direzione di chi ritiene l’UBI una nuova forma positiva di Welfare State. “Gli ultimi 19 mesi, trascorsi da quando abbiamo annunciato i nostri piani per testare l'UBI, sono stati eccezionali" ha dichiarato il direttore finanziario di GiveDirectly, Joe Huston, sul blog dell'organizzazione. "Il dibattito sul reddito di base continua a imperversare, dagli scettici che lo definiscono “un atto insensato di auto-sabotaggio preventivo” agli ottimisti che lo considerano tra i diritti civili e politici del XXI secolo. "Ora è il momento di fare il nostro lavoro e aspettare per imparare", ha scritto Huston. "Crediamo di ottenere i primi risultati entro il prossimo anno, e poi abbiamo più di un decennio per capire cosa succede”.
I risultati dopo 5 anni dicono che nei 44 villaggi che hanno ricevuto l’UBI vi è, rispetto al gruppo di controllo, un aumento significativo delle attività commerciali e agricole e i guadagni sono in genere superiori del 20%. Chi invece ha ricevuto l’UBI per solo 2 anni non ha queste performance in quanto sembra che chi riceve l’UBI per poco tempo, sapendo che cesserà, anziché usarlo per “investire su se stessi” e sviluppare nuove attività, porta a risparmiare o consolidare la situazione esistente.
Il premio Nobel Banerjee ha sostenuto sul quotidiano “The Times of India”, sulla base di questi risultati, che questa misura permette ai poveri di cambiare “mindset” (mentalità) da “fisso a sviluppo”. Se gli aiuti ai poveri sono limitati nel tempo il povero si concentra solo sul recupero di risorse giornaliere per sopravvivere e toglie qualsiasi energia e spazio cognitivo alla ricerca di soluzioni alternative alla situazione di scarsità in cui vive, se invece il contributo è di lungo periodo si mette in modo positivamente.
Lo conferma anche la studiosa Eldar Sharif di Princeton.
Se i nostri politici dessero ascolto a questi risultati che discendono da studi sul campo il Reddito di Cittadinanza dovrebbe essere erogato non a livello centrale (Inps) ma dai Comuni e disegnato in modo che chi trova un lavoro precario o un “lavoretto”, possa conservare una percentuale elevata (tipo 50-60%) del sussidio almeno finchè non trovi un vero lavoro soddisfacente, come in parte era anche il primo Reddito di Inclusione.
Le origini dell’idea di “reddito di cittadinanza” sono riferite spesso al filosofo inglese Thomas More3. Nel suo libro Utopia egli propone di eliminare i ladri sviluppando più lavoro (un'industria manifatturiera di produzione di lana) favorendo il benessere sociale nella nazione. Idee simili le aveva anche Adriano Olivetti che aveva letto Rudolf Steiner. Thomas More considerava il male dei mali la proprietà privata e anche Steiner aveva un’idea originale, (quella della proprietà esclusiva dei beni, ma non privata) che permetteva per esempio di possedere una casa in modo esclusivo, ma anche di cederla al momento della morte alla comunità (non ai figli).
Si tratta di approcci che intendono mantenere i vantaggi dell’iniziativa privata-personale (e i vantaggi “capitalistici” che ne derivano dallo sviluppo dei propri talenti), ma nello stesso tempo c’è anche l‘idea di dover ripartire i beni materiali in maniera eguale, richiamando le idee del comunismo. La crisi globale del capitalismo potrebbe essere superata attraverso un nuovo sistema che prende dal capitalismo e dal socialismo le parti migliori: intrapresa ed eguaglianza. E’ anche l’unico modo per una produzione sostenibile che coniughi benessere con la tutela della nostra Terra e della Natura ormai gravemente minacciata e che ci porterà a breve danni incalcolabili.
Nell'isola di Utopia la proprietà privata è vietata e tutti hanno un lavoro di 30 ore settimanali in modo da dedicarsi alle proprie passioni e allo studio delle scienze e della filosofia. La famiglia ha un ruolo fondamentale; il divorzio è consentito ma non l'adulterio. E’ prevista la più larga tolleranza religiosa e chi infrange le regole viene scacciato da Utopia dove si deve vivere in pace ed avere come fine il benessere. Anche Keynes nel 1930 aveva proposto di lavorare 15 ore alla settimana per creare le condizioni di piena occupazione. In attesa di queste rilevanti trasformazioni del modo di produzione i tedeschi hanno capito che il modo migliore per creare uguaglianza è ridurre le ore di lavoro lavorate.
In Germania oggi si lavora in un anno 300 ore meno che in Italia e la media settimanale si è ormai assestata attorno alle 32-35 ore, per cui nelle famiglie lavorano entrambi i genitori ma con un orario corto e ciò ha consentito con lo stesso monte-ore di 60 miliardi di ore annuo di lavoro (le stesse di 20 anni fa) di ottenere 5-8 milioni di persone in più al lavoro. E’ questa la risposta tedesca (razionale) alla creazione di lavoro e al desiderio (giusto) di protezione sociale che nasce dai cittadini spaventati dalla rivoluzione digitale e dalle minacce di perdere lavoro e diritti. Per quanto riguarda i poveri (quelli veri) invece esiste da anni un aiuto monetario (max 400 euro) che non è condizionata al lavoro, anche perché spesso i veri poveri sono persone molto fragili, con malattie e problemi acuti e, quasi sempre, impossibilitati a lavorare.
In prospettiva la rivoluzione “digitale” potrebbe creare un’ampia disoccupazione che va affrontata con misure innovative di protezione sociale. La proposta di Thomas More esprime un’idea più vicina a quella del lavoro garantito, di cui si sta tornando a discutere negli Stati Uniti, piuttosto che quella di un reddito garantito per tutti, anche senza che una persona lavori. Per Steiner per esempio il reddito è un modo per aiutare nelle fasi di transizione al lavoro ma ‘obiettivo è trovare un lavoro corrispondente ai propri talenti. Inoltre poiché tale misura non è compatibile con l’attuale welfare state, proponeva che tutti i servizi (ora pubblici e gratuiti) fossero a pagamento. Solo in questo modo si può garantire un reddito di cittadinanza congruo e sostenibile.
La storia del reddito di cittadinanza è stata ricostruita nel libro Il reddito minimo universale, del filosofo politico Philippe Van Parijs4 e dal docente di Scienze politiche Yannik Vanderborght.
Il primo esperimento di aiuto economico generalizzato risalirebbe al 1795 a Spennhamland, nell’Inghilterra, dove i magistrati obbligarono le parrocchie “a versare un sussidio che integri i salari dei lavoratori poveri, in modo da raggiungere una soglia che tenga conto della composizione della famiglia e che sia indicizzata al prezzo del grano”. Quello di Spennhamland era in realtà un sistema di reddito minimo: una integrazione per raggiungere il salario considerato minimo per sopravvivere.
La prima proposta di un reddito di cittadinanza venne avanzata dal filosofo illuminista britannico Thomas Paine (1700), il quale propose che a tutte le persone di 21 anni fosse assegnata una somma di 15 sterline (proposta ripresa da Barca e dal Forum per le disuguaglianze). Le politiche di sostegno al reddito sono considerate di sinistra, ma la prima proposta di applicazione su larga scala per uno Stato moderno fu del presidente repubblicano Richard Nixon (Usa), che la portò avanti tra il 1969 e il 1970, senza riuscire però ad ottenere la sua approvazione da Camera e Senato.
- In Germania è stata presentata nel 2018 una petizione al Parlamento perché discutesse sulla proposta del “Reddito di cittadinanza incondizionato”, cioé la possibilità per ogni cittadino di percepire dallo Stato un reddito di mille euro al mese (più 400 euro per ogni figlio a carico) finanziato dalle imposte sui consumi. Questa proposta vede molte associazioni ancora oggi molto attive in Germania; non ha nulla a che vedere col Reddito di Cittadinanza del M5S, ora cambiata dal Governo Meloni. Ricevere 1.200 euro al mese per tre anni, a prescindere da qualsiasi reddito si percepisca per lavoro o da quanto si possieda. Questo è l’esperimento di My Basic Income (Mein Grundeinkommen), una piattaforma web tedesca creata da Michael Bohmeyer, un giovane imprenditore di 36 anni. Il progetto è finanziato da 141mila donatori privati ed è realizzato insieme all’Istituto tedesco per la ricerca economica Diw Berlin. Lo scopo è garantire un reddito (senza lavorare) a 122 persone, consentendo loro una sicurezza economica e vedere che effetto ha sulle loro vite. Qual è il senso dell’esperimento? A raccontarlo è lo stesso fondatore: «Vogliamo scoprire come un reddito di base incondizionato cambia le persone e la società. Vogliamo sapere che effetto ha sul comportamento e sugli atteggiamenti delle persone e se il reddito di base può aiutare a fronteggiare le sfide che la nostra società deve affrontare».L’Alaska è il primo paese al mondo ad aver istituito il Reddito di base universale nel 1982, un importo che è variato tra i 331.29 dollari (1984) e i 3.284 dollari (2022) l'anno (fonte). La Finlandia nel 2017-2018 ha fornito un reddito incondizionato di € 560 al mese a 2mila persone, il tasso di occupazione è cresciuto. In India oltre 11mila individui lo hanno ricevuto nel 2009 ed è stato raccontato nel libro Basic Income: a Transformative Policy for India, si è registrato un aumento delle attività imprenditoriali con un impatto particolarmente sensibile sul lavoro autonomo femminile. In generale, dagli esperimenti svolti sembra che il rischio di parassitismo non sia un’ipotesi realmente configurabile. Anche Papa Francesco è favorevole. Se fosse dato a tutti i 5,6 milioni di poveri per un ammontare di 500 euro al mese costerebbe € 33 miliardi all’anno (1,9% del PIL), ma si ridurrebbe in base poi a quanti trovano un lavoro full time.
- Come sottolinea Evgeny Morozov, una parte dei big della Silicon Valley vedono il reddito di cittadinanza come una alternativa allo stato sociale giudicato altamente inefficiente e costoso. Il ragionamento quindi parte da una parte degli Stati Uniti particolare, dove le risorse finanziarie non sono mai state un vincolo. E dove invece il mercato e quindi i cittadini sono il “consumatore” da studiare e capire prima di fare qualsiasi mossa. C’è anche la proposta “Stockton” che ha ricevuto un finanziamento da parte di una grande fondazione “non profit” americana, guidata da uno dei cofondatori di Facebook, Chris Hughes. La fondazione, l'Economic Security Project, verserà un milione di dollari per rendere possibile il reddito universale tra i residenti. Hughes, 34 anni, ha un particolare impegno su questo fronte: a livello nazionale propone un piano federale da 290 miliardi, pagato da imposte sui ceti più ricchi, per dare a tutti gli americani che guadagnano meno di 50mila dollari l'anno un contributo di 500 dollari.
- Olivetti anziché sanzionare un operaio che aveva rubato degli utensili dalla fabbrica, gli aumentò il salario in modo che se li potesse acquistare.
- Che cosa è una società giusta? 1995, Ponte alle Grazie, Firenze. Il reddito minimo universale, 2006, Università Bocconi, Milano.