tratto da Umberto Veronesi. Longevità. Bollati Boringhieri, 2012, pagg. 76-77.
L'ergastolo è una pena iniqua. Sono contrario a pene detentive più lunghe di venticinque anni: oltre questo lungo lasso di tempo la persona non è più la stessa e la correzione inflitta (nelle pene così lunghe assomiglia a una punizione e non certo a una soluzione correttiva) non la riguarda più.
In pratica, chi vive all'ergastolo inizia la propria pena con la mente di chi ha commesso il reato e progressivamente diventa altro, cambia quasi completamente anche per ragioni cellulari: che senso ha protrarre la condanna per tutta la vita? Per non parlare della pena di morte, scandalo culturale e morale dell'umanità.
A chi serve togliere la vita a qualcuno usando la decisione di un tribunale? A consolare i parenti delle vittime?
Pensiamo sul serio che questa sia una consolazione, che questa morte possa avere conseguenze positive anche remote?
Oltretutto chi viene condannato a morte riceverà la pena dopo qualche tempo, la sua mente sarà cambiata. Non sarà più la stessa.
Provocatoriamente potrei dire che l'unica possibilità che la natura ci offre di punire con la morte l'individuo che ha commesso delitti efferati sia l'esecuzione sommaria, a ridosso dei reati stessi: se aspettiamo mesi o anni uccidiamo un'altra persona. Ma è folle uccidere illudendosi di correggere le ingiustizie del mondo.
Niente ergastolo e niente pena di morte, personalmente sono per la pace che si costruisce con la ragione, la cultura e con l'equilibrio.
Trovo che la scoperta della rigenerazione neuronale apra la strada a tante riflessioni. Se effettivamente cambiamo per una serie di fattori esterni e il cervello stesso sa rigenerarsi, quanta parte di noi rimane responsabile degli atti compiuti decenni prima? E quanto significato ha giudicare qualcuno molto tempo dopo?
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Umberto Veronesi (1925-2016) una delle personalità scientifiche italiane più note a livello internazionale. Oncologo innovatore, pioniere della chirurgia conservativa, ha a lungo combattuto perchè il mondo della medicna tenesse sempre al centro la vita del paziente nella sua interezza.