di Marco Cattaneo. L'editoriale del n. 666 di Le Scienze, in edicola il 28 gennaio 2024.
«A livello mondiale, si è assistito a un rinnovato interesse per le armi nucleari, con molti paesi alla ricerca di soluzioni per garantire la propria sicurezza nel contesto delle crescenti tensioni globali». Con queste parole, alla fine del 2023, François Diaz-Maurin – redattore associato per le questioni nucleari presso il «Bulletin of the Atomic Scientists» – sottolineava quello che potrebbe essere l’inizio di una nuova corsa agli armamenti.
In un articolo intitolato A Renewed Interest in Nuclear Weapons—For and Against (Un rinnovato interesse per le armi nucleari, pro e contro), delineava il preoccupante quadro che si è venuto a comporre soprattutto in seguito a due anni di guerra in Ucraina. «Temendo che “l’Ucraina di oggi possa essere l’Asia di domani” – scrive Diaz-Maurin – alcuni leader della Corea del Sud e del Giappone hanno fatto pressione sugli Stati Uniti affinché rafforzassero la loro estesa deterrenza a Seul e Tokyo». Ma non è tutto qui. Il Pakistan continua ad ampliare il suo arsenale nucleare con nuove testate, più sistemi di lancio e un aumento della capacità di produzione di materiale fissile. E alcuni esperti «hanno espresso la preoccupazione che i paesi dotati di armi nucleari continuino a diffondere le loro tecnologie e i loro materiali nucleari in Medio Oriente e altrove».
Un passo indietro si è registrato anche sul fronte diplomatico. La Russia ha infatti sospeso – quasi simbolicamente, proprio a un anno dall’inizio della guerra in Ucraina – la sua adesione al New Strategic Arms Reduction Treaty (New START), il trattato bilaterale per la riduzione delle armi nucleari fortemente sostenuto da Barack Obama e sottoscritto nel 2010. E sempre la Russia ha revocato la ratifica del Comprehensive Nuclear-Test Ban Treaty, il trattato per la messa al bando totale dei test nucleari, che peraltro non era stato firmato o ratificato da altri otto paesi, tra cui Stati Uniti, Cina e India.
In questa cornice si inserisce l’ambizioso, controverso piano degli Stati Uniti per il rinnovamento dell’arsenale nucleare, iniziato formalmente proprio nel 2010, quando il Congresso ha autorizzato l’aggiornamento di tutte le armi atomiche lanciabili da terra, mare e aria, come racconta Abe Streep a p. 38. Cento miliardi di dollari sono già destinati al nuovo sistema di missili balistici intercontinentali, ma il piano prevede un investimento complessivo di 1500 miliardi. Uno dei primi passi di questo progetto di modernizzazione dell’arsenale nucleare – racconta Sarah Scoles a p. 53 – è l’aumento della produzione di nuovi noccioli di plutonio per le testate, un’inversione di rotta rispetto alla tendenza consolidata dalla fine degli anni ottanta, giustificata dal potenziale deterioramento del materiale fissile nei vecchi noccioli.
La Russia, intanto, ha appena completato il trasferimento di armi nucleari tattiche in Bielorussia. Durante la guerra fredda, la proliferazione delle armi atomiche era giustificata con la teoria della deterrenza, fondata sul concetto di mutua distruzione assicurata (MAD, nel sinistro acronimo inglese). Oggi però la sensibilità diffusa al rischio nucleare è radicalmente cambiata, come pure l’assetto degli equilibri geopolitici. La nuova proliferazione potrebbe essere non solo costosa, ma anche pericolosa.