La demografia è una sfida, può essere un problema, è anche sempre più un rebus. E’ una sfida perché ci costringe a cambiare, ma non necessariamente in negativo. Il vivere a lungo e bene è un processo che va alimentato in positivo fornendo strumenti per cogliere per tempo il meglio dalle varie fasi. Può essere un problema perché va ad alterare il rapporto tra generazioni, con un aumento della fascia più matura della popolazione rispetto a quella più giovane. Squilibri che però si può evitare che diventino insostenibili con politiche a supporto della scelta di aver figli per chi li desidera. E’ sempre di più, anche, un rebus, perché anche i paesi che da più lungo tempo sono attenti e investono in modo solido sul versante delle politiche familiari non riescono a raggiungere la media dei due figli per donna (pur, comunque, non scendendo troppo sotto).
Se il rebus rimane in parte irrisolto almeno tre punti sono ben chiari. Il primo è che nelle società moderne avanzate – caratterizzate da crescente complessità e incertezza – la natalità tende a precipitare su valori molto bassi in carenza di adeguate politiche. Il secondo è che non esiste una misura che da sola funziona sempre e ovunque. I risultati migliori li ottengono i paesi e i territori che forniscono un sistema ampio di strumenti continuamente monitorato e rafforzato nel tempo. Il terzo è che uno degli aspetti chiave sia nella qualità della vita dei singoli che delle condizioni di sviluppo di un territorio, è la possibilità di consentire ai cittadini di integrare positivamente il ruolo di genitore con quello di lavoratore.
All’interno del sistema degli strumenti di conciliazione un ruolo centrale è ricoperto dai nidi. Difficile trovare un paese in Europa con ridotto divario tra numero di figli desiderati e realizzati, da un lato, e basso gap tra occupazione femminile e maschile, dall’altro, che non abbia investito su una solida rete di servizi per l’infanzia. E’ nei primi mesi dopo la nascita che si rischia di dover lasciare il lavoro e, soprattutto in Italia, non riuscire poi a rientrare.
Oltre ad un fondamentale ruolo come strumento di conciliazione, tali servizi, come mostrano molte ricerche internazionali, se adeguatamente realizzati e implementati, aiutano a contrastare la povertà educativa e a fornire pari opportunità per la crescita. La funzione di tale strumento per lo sviluppo delle potenzialità di relazione, autonomia, creatività e apprendimento che aiutano a “superare disuguaglianze, barriere territoriali, economiche, etniche e culturali” è riconosciuto esplicitamente dal Decreto legislativo 65 del 2017, che istituisce il Sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita sino a sei anni, tutt’ora in attesa di trovare vera attuazione.
Relativamente alla fascia 0-2 l’Italia è ancora ben sotto la soglia di copertura del 33% fissata come obiettivo per il 2010 dall’Unione europea, quindi ancor più lontana dalla nuova soglia elevata al 45%. Va poi osservato che i paesi membri con natalità e occupazione femminile più elevata presentano già da tempo valori superiori al 50%.
La possibilità per Italia di recuperare su questo fronte strategico è offerta dalle risorse di Next Generation Eu che finanziano in larga parte il PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza). Se l’obiettivo posto non viene raggiunto con successo – dando un forte impulso sul territorio ad un processo che consenta di alimentare un circolo virtuoso di domanda e offerta (più offerta di nidi che favorisce più nascite e più occupazione femminile, che porta a più domanda di nidi e quindi ancor più nascite e presenza attiva delle donne nel mondo del lavoro) – ci si condanna a squilibri e diseguaglianze sempre più difficili da contrastare.
Oltre a mantenere gli obiettivi iniziali del PNRR sul versante infrastrutturale, rafforzando la copertura omogenea su tutto il territorio, è contestualmente necessario renderlo un diritto universale: indipendente dalle caratteristiche dei genitori ed effettivamente accessibile a tutti, con costi progressivamente ridotti e qualità continuamente migliorata e monitorata. Non procedere ora, con l’occasione dei fondi disponibili e dell’impegno attraverso il PNRR, rischia di lasciare debole il paese su questo fronte con accentuazione dei divari interni.
sintesi di Alessandro Bruni
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