di Riccardo Bonacina. Pubblicato in La Puntina di Vita.it del 9 marzo 2024.
Non voglio dire addio ai due amici e compagni di cammino come Carlo Borzaga e Claudia Fiaschi, preferisco scomporre la parola in ad-Dio ovvero pensare che il loro buon cammino è stato riconsegnato nelle braccia del mistero che fa la vita, quello da cui veniamo e a cui alla fine torniamo.
Con Claudia Fiaschi, dapprima come presidente del Gruppo cooperativo CGM e poi come portavoce del Forum del Terzo settore, abbiamo condiviso tanta strada, tante battaglie, tante discussioni appassionate. È grazie alla sua sapienza, che è un passo oltre l’intelligenza, davvero femminile che nel 2018 il Forum del Terzo settore è diventato piccolo azionista di Vita Impresa sociale. Ricordo gli incontri e la cura con cui preparò questo passaggio.
In un bell’articolo su VITA, Sara De Carli ricorda uno dei passaggi del suo libro Terzo, che più di altri dice in poche righe la visione che ha portato avanti passo dopo passo: “Il numero 3 apre la strada alla terzietà, alla mediazione e al superamento degli antagonismi, il ruolo del giudice, della saggezza, appunto del “Terzo” indispensabile per superare i conflitti per costruire la pace tra persone e comunità, missione di gran parte degli enti di Terzo Settore».
Da leggere la cronaca dell’ad-Dio di tanti suoi amici fatto a Firenze mercoledì scorso scritto da Stefano Arduini.
Anche con Carlo Borzaga, il professore a cui piaceva compromettersi con la vita e la costruzione comune (cooperante prima ancora di professore di cooperazione), quanti pezzi di strada, quante discussioni sulla differenza tra impresa sociale e cooperativa sociale, quanti abbracci e costruzioni comuni. Negli ultimi tre anni, il prof è stato alle prese con una nuova sfida, non più culturale, ma personale, esistenziale, una sfida imposta da una malattia dal nome che impressiona e a volte spaventa, Sla. «È una cosa strana, questa malattia in un primo momento allontana un po’ le persone», mi disse Carlo Borzaga raggiungo con una video call in quella che forse è l’ultima sua intervista, «hanno un po’ paura, si impressionano, perciò ho adottato la strategia di non dire direttamente della mia malattia ma di farlo dire perché così diviene più sopportabile per l’interlocutore. Ci sono persone che non vengono a trovarmi perché non se la sentono e che poi piangono al telefono. Bisogna dare alle persone il tempo, anche il tempo di dire cosa io rappresento per loro, come sono e sono stato importante (anche gli studenti) e spesso scopro cose che non immaginavo e che fanno piacere».
Leggete questa intervista, troverete una delle caratteristiche del prof, continuava a sognare, una delle poche garanzie contro la vecchiaia, e qui ci racconta uno dei suoi sogni, quello di una Università della Cooperazione.
Per non dirsi mai addio
Come non dirsi addio, anche quando il tempo e il luogo ci allontana, ve lo suggerisco con alcuni versi del grande Louis Borges nella sua poesia “Amicizia”:
- Non posso darti soluzioni per tutti i problemi della vita.
- Non ho risposte per i tuoi dubbi o timori.
- Posso, però, ascoltarli e condividerli con te.
- Non posso cambiare né il tuo passato né il tuo futuro;
- però, quando serve sarò vicino a te.
- Non posso cancellare la tua sofferenza; posso, però, piangere con te.
- Non sono gran cosa, però sono tutto quello che posso essere.