di Sara De Carli. Pubblicato in Vita.it del 17 marzo 2024.
Il 15 marzo 2024, numero 29 – è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 18 marzo. La fine della corsa, tuttavia, lascia l’amaro in bocca. Due sono infatti, oggi, i motivi di delusione.
Il primo è di contenuto: nel decreto ci sono innegabilmente diverse cose utili, ma non è la tanto attesa riforma del settore, prevista dal Pnrr e attesa da un quarto di secolo. Riforma peraltro che la Legge Delega 33/2023, con il suo impianto innovativo, tratteggiava. Il secondo è di metodo: pochi altri provvedimenti possono vantare contemporaneamente la mancata intesa da parte delle Regioni, il mancato recepimento delle modifiche “di sostanza” chieste dalle Commissioni parlamentari e la chiusura del confronto con le organizzazioni della società civile impegnate sul campo. In questo caso specifico, le sessanta organizzazioni riunite nel Patto per un nuovo welfare per la Non Autosufficienza, ossia la gran parte delle organizzazioni della società civile coinvolte nell’assistenza e nella tutela degli anziani non autosufficienti nel nostro Paese: proprio grazie a loro la riforma della non autosufficienza venne inserita come uno dei pilastri del Pnrr, dopo essere stata invece “dimenticata” nella prima versione del nostro piano strategico.
Nonostante le dichiarazioni della viceministra Bellucci sull’importanza del confronto con Regioni e Parlamento, il decreto approvato in via definitiva dal Consiglio dei Ministri lo scorso 11 marzo è sostanzialmente identico a quello che il Governo aveva approvato a fine gennaio: le richieste di modifiche avanzate dalle Regioni e dal Parlamento, così come le proposte e le osservazioni della società civile non hanno trovato ascolto presso il Governo, risultando poco più di un dovuto giro di valzer. Soprattutto per quanto riguarda l’introduzione dello Snaa, la riforma della domiciliarità e quella dell’accompagnamento, che erano pilastri strutturali della riforma disegnata nella legge delega e spariti dal decreto legislativo.
L’unica modifica di rilievo, fra le tante osservazioni fatte al decreto in queste settimane, è il comma 2 dell’articolo 2, che mette una toppa a quell’articolo 40 introdotto all’ultimo secondo per cui – avevano rilevato le Regioni – gli anziani fra i 65 e i 69 anni rischiavano di esser tagliati fuori dai servizi. L’articolo 40 resta ma ora il testo bollinato all’articolo 2 precisa che «resta ferma la disciplina relativa alla realizzazione di prestazioni, interventi e servizi assistenziali nell’ambito dell’offerta integrata dei servizi sociosanitari in favore di persone non autosufficienti già prevista a legislazione vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto».
Ma il bassissimo livello di consultazione e dialogo sociale – lo abbiamo già detto in tante altre occasioni e con questo e con altri Governi, per esempio con il governo Draghi proprio sul Pnrr – significa perdere occasioni di innovazione, impatto ed efficacia, perché il Terzo settore non porta solo capacità operativa di rispondere alle emergenze, ma porta alte competenze tecniche e know how che si traducono in visione, innovazione, proposte di policy. Su questo tema specifico per esempio, l’ampio grado di consenso che le proposte presentate dal Patto per la Non Autosufficienza avevano trovato all’interno di una compagine tanto numerosa e diversificata, era la conferma di quanto fosse chiara, tra gli addetti ai lavori, quale fosse la direzione da imboccare per il cambiamento.
Il secondo elemento costitutivo della riforma della non autosufficienza dovrebbe essere la definizione di nuovi modelli di intervento, che siano adatti all’evoluzione dei bisogni e alle caratteristiche della persona anziana. Ma non se ne trova traccia nel decreto.
Più che la sperimentazione di un intervento riformatore è un “bonus anziani”, visto il requisito di accesso legato alla condizione economica, visto che non è previsto un monitoraggio degli esiti della sperimentazione e visto che l’ipotesi di allargarla all’intera platea degli anziani non autosufficienti avrebbe dei costi francamente insostenibili.
sintesi di Alessandro Bruni
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