di Alberto Varinelli. Pubblicato in La barca e il mare il 15 marzo 2024.
Arriva il concorso per l’entrata in ruolo degli insegnati di religione. Ma per i preti lombardi, niente. Così hanno deciso i Vescovi. Nasce il sospetto che forse si ha paura di perdere il controllo dei preti.
Aspettavamo da tempo, se ne parlava già dieci anni fa, quando ero ai primi anni da insegnante di religione e la dirigente della scuola dove insegnavo mi raccomandava: “Don Alberto, se esce il concorso per insegnanti di religione, mi raccomando lo faccia!!!”.
Giunge il 2024 e arriva il momento sospirato: è tutto vero! Il concorso per gli IdR (Insegnanti di Religione) è stato indetto! Faccio qualche riflessione: dovrei avere titoli e anni di insegnamento sufficienti per accedere (tredici e mezzo continuativi nella scuola statale).
Un bando sorprendente
Beh… leggiamo il bando! Ma, prima dell’arrivo del bando ufficiale, la doccia fredda. Giunge un documento dall’Ufficio Insegnamento Religione Cattolica della Diocesi, che reca il messaggio dei direttori delle Diocesi lombarde agli insegnanti di religione. Qui riporto le ultime cinque righe del testo: “Sostenuti come sempre dai Vescovi della Conferenza Episcopale Lombarda- che per favorire gli IdR laici hanno deciso di confermare la presenza nella scuola dei sacerdoti mantenendoli nel 30% non di ruolo– e in dialogo costante con il Responsabile Nazionale del Servizio IRC, siamo a confermarvi l’apprezzamento per il lavoro che svolgete con professionalità nella scuola e la nostra fiducia nel vostro compito educativo.”
Leggo e rileggo, contatto qualche confratello che, come me, è rimasto a bocca aperta. Con una formula meno diplomatica rispetto al testo sopracitato, si può riassumere così la questione: i preti non possono accedere al concorso, per decisione dei vescovi lombardi. Qualcuno insegnerà ancora, è vero, ma non sarà mai immesso in ruolo. Qualche crocerossina interverrà immediatamente ad affermare che non importa, che la cattedra verrà assegnata comunque a qualche prete, che in fondo è uguale…
Beh, io non sono d’accordo. Ovviamente non conta nulla il parere di un vecchio curato di quarant’anni (e forse quello di nessuno, perché la decisione è giunta improvvisa lasciando stupiti un po’tutti… insegnanti laici compresi, tanto che qualcuno stentava a crederci). Però, mi piacerebbe capire. Forse nemmeno avrei superato quel concorso, o mi avrebbero detto i superiori che altri meritavano di accedervi più di me e che non era opportuno io mi iscrivessi. Nessun problema, conosco bene i miei limiti e le mie fatiche.
Qualche domanda di un prete che non capisce. Per tentare di capire
Forse per questo, essendo io tardo a comprendere, avrei piacere di conoscere le motivazioni della scelta, che devono risultare evidenti a chi ha preso la decisione, ma non lo sono per me.
Chiedo pertanto clemenza e, se possibile, la pazienza di aiutarmi a capire. Perché noi preti lombardi non possiamo entrare in ruolo come insegnanti di religione? Ci sta così male un prete nelle scuole a insegnare religione? Perché (giustamente) si permette a qualche prete laureato in altre discipline di entrare in ruolo tramite concorso nelle materie studiate (filosofia, lettere, ecc.), ma non in religione? Se noi preti “portiamo via” spazio ai laici, perché continuare a far insegnare il 30% dei preti con contratti annuali? Spazio ai laici e noi facciamo altro!
Perché non pensare che qualche prete dedichi il suo ministero alla presenza da insegnante di religione nelle scuole, soprattutto se questo valorizza quel prete nelle sue capacità (magari lo stesso prete, in altri ruoli, fatica e colleziona delusioni…)? Lo spazio ai laici, di cui tanto si parla, va favorito proprio così, come dice il documento? E perché non in altri ambiti quali la Curia stessa, la gestione di parrocchie e oratori, ruoli diocesani ecc.?
La paura di “perdere il controllo” dei preti
Inevitabilmente, qualche dubbio si affaccia (meno male che la confessione pasquale è vicina… ah, questi cattivi pensieri…). Non c’è forse paura di perdere il controllo del prete, qualora questi diventasse insegnante di ruolo? Del resto, se un prete, ad esempio a Bergamo, entrasse in ruolo in un liceo cittadino, si dovrebbe poi collocarlo in una parrocchia non lontana dalla scuola, giusto? E se quel prete, con diciotto ore di insegnamento, diventa totalmente indipendente dal sostentamento del clero a livello economico, perché il suo stipendio è interamente pagato dallo stato per il lavoro a scuola, ci sarebbero dei pericoli per la sua obbedienza e disponibilità? È forse anche per questo che, per evitare problemi, meglio affidare ai preti incarichi di insegnamento annuali, che possono essere modificati o tolti con facilità?
Sono semplici domande di un prete che capisce poco, ma che si ostina a voler capire (ed ecco il dilemma per intellettuali veri: perché il prete che non capisce vorrebbe fare l’insegnante, per di più di ruolo, se non capisce?).
Se qualcuno volesse aiutarlo a trovare risposte, avrà la sua gratitudine e la sua riconoscenza.