di Marco Cattaneo. L'editoriale del n. 231 di Mind, marzo 2024.
È il 26 aprile 1979 il giorno in cui il secondo canale della Rai manda in onda – in seconda serata, alle 22.00 – la violenza delle parole. Una violenza che prende forma nelle domande cui viene sottoposta Fiorella, una giovane di 18 anni vittima di violenza carnale, nel documentario Processo per stupro. Gli avvocati difensori la incalzano, chiedendole se fosse stata picchiata, approfondendo dettagli sull’accaduto, interrogandola su eventuali precedenti rapporti con il principale imputato.
È in quel processo che l’avvocata Tina Lagostena Bassi porta sotto gli occhi degli italiani – 3 milioni di telespettatori, che diventeranno 9 nella replica di ottobre – un fenomeno frequente nei processi per violenza: la vittima trasformata in imputata. Nell’arringa, uno dei difensori dichiara che la vittima sarebbe una prostituta. E declama senza scrupoli: «Signori miei, una violenza carnale con fellatio può essere interrotta con un morsetto. L’atto è incompatibile con l’ipotesi di una violenza». «Ecco, nessuno si sognerebbe di fare una difesa di questo genere – è la replica di Tina Lagostena Bassi, confrontando il dibattimento con un processo per rapina – infangando la parte lesa soltanto. […] Ed allora io mi chiedo, perché se invece che quattro oggetti d’oro, l’oggetto del reato è una donna in carne ed ossa, perché ci si permette di fare un processo alla ragazza? E questa è una prassi costante: il processo alla donna. La vera imputata è la donna».
Ci sono almeno due aspetti che saltano all’occhio, rievocando Processo per stupro. Le stesse sinistre domande sono state rivolte in udienza – 45 anni dopo – alla ragazza che ha denunciato per violenza Ciro Grillo, Francesco Corsiglia, Edoardo Capitta e Vittorio Lauria.
«Ma se aveva le gambe piegate, come ha fatto a toglierle i pantaloni?», «Ci può spiegare come le sono stati tolti gli slip?», fino a «Come mai non ha reagito con un morso durante il rapporto orale?». Di queste dinamiche, del «ruolo determinante che le parole hanno nel modellare la percezione dei fatti», fino a influenzare la nostra stessa idea di che cosa sia uno stupro, fino alla colpevolizzazione della vittima, scrive Anna Rita Longo a p. 24, nel primo articolo della serie Lessico patriarcale, che ci accompagnerà nei prossimi mesi. Un vocabolario che non riguarda solo i reati, ma comprende espressioni che a volte forse pronunciamo senza nemmeno accorgercene.
Il secondo punto che vale la pena ricordare è che Tina Lagostena Bassi, in Processo per stupro, è avvocato di parte civile, non difensore della vittima. Perché fino alla Legge n. 66 del 1996 la violenza carnale, in Italia, non era un reato contro la persona. Rientrava nella categoria dei delitti contro la moralità e il buon costume. Sono trascorsi meno di 30 anni, insomma, da quando alla donna è stato riconosciuto di essere vittima, e non oggetto.
È questa implicita violenza delle parole, annidata persino nel corpo del Diritto, che alimenta la discriminazione nei confronti della donna. Ed è per questo che abbiamo deciso di esplorare i luoghi comuni tossici che ancora penetrano il tessuto sociale.
Vi racconteremo storie di donne e di stereotipi. Se volete parlarci delle vostre, scriveteci a [email protected].
Riassunti di articoli scelti di Mind n.231, marzo 2024.
Lessico patriarcale di Anna Rita Longo. “Te la sei cercata”, “sei nervosa perché hai le tue cose”, “era solo un complimento”: sono alcune delle frasi offensive che le donne si sentono rivolgere. Ogni mese proveremo a capire cosa si nasconde dietro questi stereotipi. E a combatterli insieme. Lo stereotipo è qualcosa che si nutre della sua stessa invisibilità, acquistando forza e potere distruttivo. Così vale senz'altro per gli stereotipi di genere, che sono tra i fondamenti oscuri e nascosti della società nella quale viviamo, in cui uomini e donne, a dispetto di secoli di progresso scientifico e tecnologico, sono costretti in ruoli piuttosto rigidi, incorrendo in un giudizio sociale stigmatizzante nel momento in cui non vi si riconoscono e scelgono di allontanarsene...
Nessuna voglia di Corinna Hartmann. Alcune persone che soffrono di malattie psichiche, oltre a sentirsi giù di morale, smettono anche di provare gioia. Come aiutarle a ritrovare il piacere? Tra che soffre di depressione, coloro che presentano sintomi di anedonia mostrano più spesso perdita di appetito e isolamento sociale rispetto a coloro per i quali prevale l'umore abbattuto. C'è chi perde il piacere solo in determinati ambiti della vita. I pazienti depressi con anedonia hanno di solito una prognosi pesante: la loro malattia è spesso più grave e risponde meno bene agli antidepressivi. Attualmente la ricerca sta testando medicinali e nuove tecniche di psicoterapia per cercare di alleviare l'anedonia. I ricercatori sperano che in futuro l'identificazione di sottotipi di depressione possa aprire la strada a una terapia più mirata...
L'età della prevenzione di Bruno Falissard e Bénédicte Salthun-Lassalle. Grazie a una maggiore prevenzione del campo della salute mentale, stiamo cercando di evitare la comparsa o il radicamento dei sintomi psichiatrici o psicologici. I benefici ci sono già Ma la strada da percorrere è ancora lunga. Negli ultimi trent'anni la prevenzione ha guadagnato terreno, consentendoci di evitare o rallentare diversi disturbi mentali. E anche le cure stanno migliorando. Questo perché le persone sono ormai consapevoli che la salute mentale è una “salute” a tutti gli effetti. È quindi molto probabile che la prevenzione della salute mentale sia solo all'inizio della sua rivoluzione e che continuerà a progredire negli anni a venire, soprattutto in considerazione delle crisi sanitarie, ambientali e sociali che stimo vivendo...
I segnali del corpo di Frank Luerweg. Il nostro cervello riceve in continuazione messaggi del corpo, per lo più senza che ce ne rendiamo conto. In presenza di disturbi d'ansia o dell'alimentazione e di forme di depressione, però, questa percezione interna è spesso alterata. Oggi molti ricercatori ritengono che il cervello confronti continuamente stimoli interni ed esterni e che a partire da questo confronto formuli ipotesi sulla situazione presente. Alcune interazioni sono già note. Per esempio, le persone in sovrappeso spesso non sono in grado di percepire bene lo stato di dilatazione dello stomaco e hanno un senso di sazietà limitato. Tuttavia non sappiamo ancora con precisione come interagiscono questi aspetti in diverse malattie mentali. La mediazione di tipo mindfulness può essere utile per normalizzare le capacità enterocettive dei pazienti con disturbi mentali...
La maledizione della sensibilità di Franziska Brorzeller, Mario Gollwitzer e Lucas Köhler. Crisi dei profughi, pandemia, cambiamenti climatici, guerre: non passa giorno, o quasi, in cui non ci raggiungano notizie drammatiche, che ci toccano a livello emotivo. Se lo facciamo e quali sentimenti proviamo nel farlo dipende molto dalla sensibilità di ognuno di noi all’ingiustizia. Ad aver un ruolo in merito non sono solo le norme e i valori sociali, ma anche la valutazione soggettiva di ciascuno. Secondo gli psicologi, le persone sono diverse sia per l’idea che hanno della giustizia, sia per quanto sono sensibili alle violazioni della giustizia. Chi ha particolarmente paura si essere sfruttato si comporta più spesso in modo poco collaborativo…
Un ormone eclettico di Frank Luerweg. L’ossitocina è un messaggero che rinforza i legami tra gli individui e alimenta le premure dei genitori. E’ cruciale nel formare il legame madre-figlio e rinforza anche quello tra innamorati. Ma è riduttivo chiamarla “ormone delle coccole”, dato che funziona soprattutto da collante sociale, ma il suo effetto dipende dalle circostanze e può variare da persona a persona. Non funziona mai da sola, ma può modificare la forza con cui le persone reagiscono a un dato stimolo, come ad esempio ad una carezza. Così nel sistema della ricompensa si attiva il rilascio di dopamina, anche senza ossitocina. Tuttavia l’ossitocina può rinforzare questo effetto. Forse, per aver successo, un trattamento autistico deve essere duplice: ossitocina e tante coccole.
Il rispetto tra i banchi di scuola di Anna Oliverio Ferraris. Quando il comportamento degli studenti in classe diventa aggressivo e irrispettoso, la scuola deve intervenire a livello disciplinare. Bisogna però anche chiedersi che tipo di educazione viene data in famiglia a quei giovani. Bisogna affrontare il problema nel modo più costruttivo possibile. Vengono suggeriti alcuni comportamenti basilari: Comprendere le cause del comportamento, comunicare con l’insegnante, collaborare con la scuola, imporre conseguenze adeguate, promuovere l’empatia, offrire supporto emotivo.