Così facendo, immaginando la bassa risoluzione come una semplice forma di razionale arretramento, la si priva dei suoi possibili effetti positivi, effetti che in ogni forma di innovazione quasi sempre esistono e che, in casi del genere, vengono il più possibile ignorati. Nella mente del decisore italiano l’innovazione è quel fenomeno che presenta rischi ed opportunità (il decisore italiano ama descriversi come informato e ben disposto nei confronti del mondo che cambia) ma che ogni volta – guarda te il caso – vede i primi prevalere ampiamente, rendendo lecita e sacrosanta ogni forma di cautela immobile.
La bassa risoluzione però, nella sua versione completa si disinteressa di simili forme prudenziali e poiché riguarda la società e le sue prassi, prima o dopo certe idee, giuste o sbagliate che siano, tenderanno comunque a prevalere: lo smart working che oggi faticosamente tentiamo di lasciare fuori dalla porta rientrerà rapidamente dalla finestra.
Questo perché il pacchetto di valori ai quali siamo disposti a rinunciare, o sui quali saremo disposti a correre qualche rischio, sarà equilibrato da altri valori che riterremo rilevanti e che renderanno la negoziazione con l’innovazione un fenomeno non scontato. È questo secondo gruppo di valori che definisce con esattezza il mondo nuovo: è di questo secondo gruppo di valori che l’apparato conservatore italiano non vuole sapere niente.
In questa cecità convivono variamente due aspetti entrambi molto importanti. Una solida tendenza reazionaria che in questo Paese prevale in ogni strato della popolazione e di cui i politici sono semplice espressione. Una vicinanza inestricabile fra potere politico e potere economico: il primo sostenta il secondo mentre il secondo legittima il primo. La bassa risoluzione all’italiana sullo smart working è il risultato previsto di questi due fattori.