di Luigi Viviani. Sguardi al futuro politico.
Al Parlamento europeo, nella votazione sul testo del nuovo Patto di stabilità e crescita, frutto di mesi di trattativa alla quale ha partecipato il ministro Giorgetti, pressoché tutti i parlamentari italiani, di maggioranza e di opposizione, esclusi i 5 Stelle che hanno votato contro e tre che singolarmente hanno votato in modo diverso, hanno espresso un voto di astensione. L’esito finale del voto, con 368 voti a favore, 166 contrari e 64 astenuti, ha esplicitato tale singolarità degli italiani che il commissario Paolo Gentiloni ha amaramente commentato : “Abbiamo unificato la politica italiana”.
Tutto il centrodestra e lo stesso Pd, hanno votato in modo difforme dai gruppi europei di appartenenza, con evidente riferimento agli interessi di politica interna. Ma, mentre il centrodestra, per esigenze elettorali, ha ritenuto di occultare temporaneamente il consenso che il ministro Giorgetti e la stessa Meloni avevano recentemente espresso, non si capisce il senso politico dell’astensione del Pd. Il governo, pur avendo scelto contro l’interesse del Paese, nei prossimi giorni, in sede di Consiglio europeo, dovrà inevitabilmente uscire allo scoperto votando a favore mentre il Pd rimane isolato, con il grave limite di aver, in buona parte, indebolito la fondamentale battaglia di opposizione al governo sulle prospettive dell’Europa. L’aver scelto l’astensione sia pure per rispettare il parere della segretaria Elly Schlein o per timore di differenziarsi troppo dal M5S, non giustifica questa rinuncia ad assumersi fino in fondo le proprie responsabilità, in un ambito destinato a diventare sempre più strategico e decisivo per il futuro del nostro Paese.
In realtà, la nuova versione del Patto di stabilità si presenta meno rigida di quella passata e più attenta agli interessi dell’Italia che, tra l’altro, con la scelta del governo esce piuttosto male nel giudizio del Paesi europei, alla luce anche del trattamento di favore ricevuto con il Pnrr. Il voto favorevole di una parte significativa dell’Italia avrebbe avuto il significato della difesa effettiva dell’interesse nazionale. La battaglia di fondo che sottende il prossimo voto per l’Ue riguarda infatti le prospettive future dell’Unione Europea al fine di inserirsi da protagonista nel mondo di oggi.
La presenza di due guerre contigue al suo territorio, e la crescente esigenza di un ruolo globale dell’Unione Europea spingerà le nuove istituzioni Ue che saranno elette ad accelerare il processo di unificazione attraverso la cessione di parti di sovranità dai singoli Stati all’Ue, secondo il modello federale. Il centrodestra italiano, nel suo insieme, è contrario a tale prospettiva e, per ragioni di consenso elettorale, cerca di occultarlo dietro una temporanea astensione.
Il Pd, che dovrebbe essere un avversario particolarmente impegnato su tale materia, per pure ragioni di sopravvivenza elettorale, si nasconde in una inutile neutralità smentendo contemporaneamente il proprio commissario europeo Gentiloni e le ragioni strategiche di una sua indispensabile battaglia politica. L’esito delle prossime elezioni europee sarà in ogni caso decisivo per il futuro dell’Europa e il Pd, se vuole assumere un ruolo di protagonista in questa battaglia, dovrebbe innanzitutto evitare errori del genere, come avrebbe dovuto anche evitare candidature poi destinate a non entrare nel Parlamento Ue, e privilegiare candidati idonei più a svolgere un ruolo protagonista in Europa che a rappresentare interessi particolari, a quel livello meno rilevanti.
Sulla base di tali criteri, la lista dei candidati Pd, finora nota, appare ancora carente, frutto più dei precari equilibri tra le correnti interne, che dei compiti da svolgere e delle stesse possibilità del partito. Nonostante questi limiti il prossimo scontro elettorale e politico sul futuro dell’Europa mantiene tutto il suo valore strategico e costituirà comunque un banco di prova decisivo per il gruppo dirigente e per lo stesso futuro del Pd. E’ auspicabile che lo si affronti con piena consapevolezza di tale rilevanza e dei ritardi del partito per cercare di correggerli, almeno in parte, e impegnarsi, con ben altra determinazione, per un risultato positivo.