di Sara De Carli. Pubblicato in Vita.it del 29 marzo 2024.
Natalità in discesa, mortalità in forte calo. Il numero medio di figli per donna scende a 1,20 da 1,24 nel 2022. Con appena 379mila bambini venuti al mondo, il 2023 ci restituisce l’ennesimo minimo storico di nascite: è l’undicesimo minimo storico di fila, dal 2013. La riduzione della natalità riguarda indistintamente nati di cittadinanza italiana e straniera. Nessuna sorpresa dagli ultimi dati diffusi dall’Istat sugli indicatori demografici, presentati oggi.
La contrazione del numero medio di figli per donna interessa tutto il territorio nazionale. Nel Nord numero medio di figli per donna è l’1,21 nel 2023, nel Centro 1,12 e nel Mezzogiorno il tasso di fecondità totale è pari a 1,24. Riparte anche – prosegue l’Istat – la posticipazione delle nascite, «fenomeno di significativo impatto sulla riduzione generale della fecondità, dal momento che più si ritardano le scelte di maternità più si riduce l’arco temporale disponibile per le potenziali madri. Dopo un biennio di sostanziale stabilità, nel 2023 l’età media al parto si porta a 32,5 anni (+0,1 sul 2022)». Tale indicatore, continua a registrare valori nel Nord e nel Centro (32,6 e 32,9 anni) superiori rispetto al Mezzogiorno (32,2), dove però si osserva l’aumento maggiore sul 2022 (era 32,0).
Il Trentino-Alto Adige, con un numero medio di figli per donna pari a 1,42, continua a detenere il primato della fecondità più elevata del Paese. Seguono Sicilia e Campania, con un numero medio di figli per donna rispettivamente pari a 1,32 e 1,29. In queste tre regioni le neo-madri risultano mediamente più giovani che nel resto del Paese: 31,7 anni l’età media al parto in Sicilia; 32,2 anni in Trentino-Alto Adige e Campania. La Sardegna continua a essere la regione con la fecondità più bassa: stabilmente collocata sotto il livello di un figlio per donna per il quarto anno consecutivo, nel 2023 si posiziona a 0,91 figli.
«Un grande Paese, il nostro, che sarà sempre meno grande per il futuro, e vedrà calare il proprio Pil a causa della variabile demografica. Nell’ipotesi più accreditata da Istat si va verso 13 milioni di abitanti in meno nel periodo 2023-2080. Si perderà l’equivalente dell’attuale intera popolazione del Mezzogiorno se non si interviene con tempestività, progettazione di lungo periodo ed ingenti risorse. Nel medesimo periodo i dati previsionali Istat ci dicono che la potenziale forza lavoro si dimezzerà, così come il contingente dei giovani ed esploderà la componente anziana, con i ‘grandi vecchi’ che quasi triplicheranno. Di fronte a tutto ciò, serve un Piano shock di rilancio di cui deve farsi immediatamente carico la politica nazionale, ma anche europea e locale. Non possiamo più perdere tempo altrimenti verremo ricordati come quelli che sapevano e non hanno agito».
sintesi di Alessandro Bruni
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