di Sabina Licursi. Pubblicato in Linkiesta del 23 aprile 2024.
Chi conosce la scrittura acuta e profonda di Sonia Serazzi troverà nel suo ultimo romanzo – “Una luce abbondante” (Rubbettino, 2024) – un’evoluzione delle sue straordinarie capacità di raccontare i margini, esistenziali e dei luoghi. Il romanzo sviluppa una storia complessa, in cui spesso i ruoli dei personaggi sono stravolti dalle necessità della vita: figli che diventano genitori di chi li ha messi al mondo; adulti che accolgono e accompagnano, come figli, bambini che hanno «gonfiato pance diverse per germogliare»; donne e uomini che subiscono le scelte di altri, e, a volte, trovano nuovi inizi allontanandosi dai luoghi e dalle persone che la sorte ha assegnato loro, perché può bastare «dimenticare il prima per avere un dopo, perché talvolta il futuro non viene per i nostri pugni serrati su terre passate» che non danno frutto.
Bisogna leggerlo. Non è un romanzo di cui si può facilmente ricostruire la trama. Lo stesso stile narrativo muta nel corso del racconto, per rispondere alle esigenze dei protagonisti, che a volte hanno bisogno di essere narrati e altre volte prendono la parola per raccontarsi o pregare: sono vite che chiedono occhi disposti a guardare e orecchie che ascoltano, mani che curano e proteggono, cuori pronti ad amare. Loro al pari delle altre creature di Dio, a cui spesso si affidano per cercare il senso di ciò che accade.
“Una luce abbondante” è pungente, forse perché Francabbù, una dei tre bambini vecchi che abitano a Sacravento, è una piccolina con lo sguardo appuntito, che «sceglie con cura la prima cosa da dire al mondo». Quando ormai tutti in paese sospettano che non sia in grado di parlare, grida che «non è giusto». E questa contestazione vigorosa delle cose storte che attraversano e segnano l’esistenza resta a fare da sfondo, chiama in causa alcuni personaggi della storia e non solo: nella trama e fuori di essa, a tutti è chiesto di assumersi la responsabilità per le persone e le cose più prossime.
È un romanzo che scuote il lettore o lo espone: lo proietta in un mondo di ferite, di eccezioni e di irregolarità, di cui saprà riconoscere alcuni segni anche nella propria vita, perché l’onda che ogni tanto si infrange su Marinzaina, portandola in un mondo di biglie colorate e gravidanze immaginarie, è solo la manifestazione più vistosa delle onde che, prima o poi, si alzano per tutti, perché l’azzurro della sirena dell’ambulanza richiama la fragilità che accomuna e rende «una sola famiglia per forza» tutti quelli che la vedono passare. Ed è lei, Marinzaina, la mamma con sei dita per ogni mano di Francabbù. Una donna che ammucchia in casa gli oggetti più diversi che altri hanno abbandonato. Non si aspetta che le tornino utili, semplicemente li custodisce, così pensa di avere il mondo in casa e di essere al sicuro. La gente del posto sbircia con curiosità nella sua vita, di lei conosce le stranezze da quando era piccola. Segue l’incontro con Silverio, il matrimonio, la sua unica vera gravidanza, le crisi e i ricoveri in psichiatria che segnano la sua esistenza.
sintesi di Alessandro Bruni
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