di Andrea Gandini. Economista, analista del futuro sostenibile.
Senato e Camera degli Stati Uniti hanno votato che entro fine gennaio 2025 l’App TikTok Us deve essere ceduta. La proprietà è per il 20% dei fondatori cinesi Bytedance, un altro 20% è dei suoi dipendenti e il 60% è stato comprato dal fondo speculativo finanziario americano BlackRock. Il motivo è che si teme che i dati dei consumatori americani siano usati dal Governo cinese (Bytedance nega). Ma i cinesi non solo non vogliono vendere ma, se costretti, si terranno certo il formidabile algoritmo che è il vero valore e faranno una battaglia legale in quanto considerano la norma anticostituzionale. Usata da 170 milioni di americani (è popolarissima tra i giovani), la faccenda appare molto protezionistica e poco da “libero mercato” e non piace a tutti gli Americani, anche perché sarà poi difficile parlar male di quello che la Cina fa a casa sua.
Che si debbano porre vincoli e regole ai big tech è sacrosanto, ma bisogna farlo con tutte le App, non solo quelle cinesi. Vedremo come andrà a finire.
Gli Stati Uniti hanno 200 anni di democrazia e al cospetto dell’Italia, uscita dal fascismo, la battono 3 a 1, ma l’”America” ha avuto volti e fasi molto diverse le une dalle altre, per questo il giudizio su di essa è contrastato. Ha salvato l’Europa due volte, nella prima e seconda guerra mondiale, ma l’ha anche condizionata due volte. La prima con quella pace maledetta del presidente americano Woodrow Wilson che, mettendo sulle spalle tedesche enormi oneri di guerra, sembrava fatta apposta per indebolire la Germania (cioè l’Europa) e che ha contribuito non poco alla nascita del nazismo. Poi, dopo la seconda guerra mondiale, l’errore non è stato ripetuto, ma si è optato per aiutare (anche col piano Marshall) a far “mettere le brache” agli europei in modo da doverla seguire come i bambini seguono la mamma (cosa che ancora avviene dopo 75 anni).
Dal 1850 al 1914 ha vissuto un’epoca di straordinaria crescita economica all’insegna dei monopoli, del libero mercato e di incredibili disuguaglianze (vedi Rothschild col suo petrolio) che portò però anche ad una legge (Sherman Act) che introdusse nel mondo per la prima volta l’idea di una Autorità pubblica che deve regolamentare i mercati, contrastare monopoli e oligopoli se si vogliono tutelare i consumatori. In Italia una legge analoga è arrivata nel 1970, cento anni dopo.
L’America sia quella del libero mercato che dell’intervento dello Stato nell’economia. Dopo 70 anni di crescente libero mercato, cade in depressione nel 1929 proprio a causa del liberismo. Con 10 milioni di licenziati (un terzo degli occupati) e impoverimento di massa, seppure dopo 4 anni (1933) Roosvelt cambia registro: avvia il New Deal, facendo proprie le idee di Keynes (dopo aver seguito Adam Smith per 153 anni) e introduce il ruolo dello Stato nell’economia per avere più occupati e crescita. Roosvelt divide le banche commerciali (buone) da quelle d’affari (cattive). Le prime aiutabili dallo Stato se fallivano, le seconde no. Dunque è la patria del libero mercato ma anche dell’importanza del ruolo dello Stato nell’economia. Lo sviluppo delle imprese private nell’high tech (da Internet al digitale all’AI) sono anche il frutto di massicci investimenti pubblici e, il paradosso, è l’aver abbandonato queste politiche pubbliche (riprese però nel 2023 con l’Inflaction Reduction Act -mille miliardi di investimenti pubblici-), proprio mentre la Cina le andava sviluppando creando così una leadership mondiale nelle auto elettriche, pannelli solari e nelle principali tecnologie green.
L’America è anche la patria della difesa dei consumatori e di una libera stampa che non fa sconti ai potenti. E se vogliamo saperne di più sulla guerra Russia-Ucraina conviene leggere il New York Times, il Washington Post o il WSJ (Wall Street Journal), i quali spiegano (da 2 anni), diversamente dai nostri, come sia impossibile vincere la Russia anche mandando tutte le armi di questo mondo agli Ucraini.
L’America è la patria delle più importanti innovazioni tecnologiche ed organizzative. Agli americani piacciono anche molto i dollari e qualche dubbio lo abbiamo se Olivetti nel 1961 (allora leader nei computer) ha uno strano incidente del suo capo ingegnere, il cinese Mario Tchou, morto in modo incomprensibile a bordo della sua auto, così come oscura è la morte del fondatore dell’ENI, l’ex partigiano Enrico Mattei, l’anno dopo su un aereo.
L’America è anche quella del 1999 che abolisce la divisione delle banche con il democratico Clinton (quando il suo collega di partito Roosvelt le aveva divise) e le fa diventare tutte speculative, avvia la globalizzazione e una serie di guerre infinite per difendere (?) la sua leadership mondiale.
Ma l’America è anche quella del 1962 quando il Congresso approvò una legge che limitava la libertà degli americani di abbonarsi a periodici comunisti. Il clima era quello della crisi Cuba-Usa. Tre anni più tardi la Corte suprema all’unanimità ritenne però la norma illegittima e contraria al diritto degli americani di leggere ciò che desideravano.
Insomma una America a due facce. Peccato perché non c’è affatto bisogno di leader verticali (tantomeno mondiali). Oggi la leadership (anche nelle imprese) è tale se è “orizzontale”, cioè lavora per il bene comune dei clienti, dei fornitori e dei lavoratori. Mi son fatto l’idea che gli americani sono così perché hanno sviluppato l’auto-coscienza e l’individualizzazione (l’uomo che si fa da sé, di per sé un gran bene) ma nello stesso tempo hanno sviluppato (forse per contrasto) la “paura”, da cui il desiderio di controllare tutto e tutti, basta vedere il sito del Pentagono, ma anche cosa è scritto “apertis verbis” sul retro della cartamoneta del dollaro attorno ad una piramide (simbolo dell’impero) sovrastata dall’occhio del Dio (denaro?) che “favoreggia le nostre imprese” (annuit coeptis) nel novus ordo secolorum.
Ma tutti gli Imperi hanno una crescita e un declino e dopo aver governato il mondo nel secolo XX, varrebbe la pena darsi una calmata nel XXI, così forse passerebbe la paura per un mondo multipolare (e si spera di pace) che comunque verrà. E così vien da dire: “c’era una volta l’America”.