di Ilaria Dioguardi. Pubblicato in Vita del 22 aprile 2024.
Tredici agenti della Polizia penitenziaria, di cui dodici ancora in servizio, sono stati arrestati e altri otto dipendenti dello stesso corpo di polizia sono stati sospesi dal servizio nel carcere minorile “Cesare Beccaria” di Milano. Sono accusati di maltrattamenti aggravati dalla minorata difesa e dall’abuso di potere, tortura aggravata (anche mediante omissione), lesioni aggravate e falso ideologico e, inoltre, di una tentata violenza sessuale ad opera di un agente nei confronti di un detenuto.
I reati contestati sarebbero stati commessi a partire dal 2022 nei confronti di 12 ragazzini. «Questa è una pagina veramente dolorosa», dice don Claudio Burgio, da 19 anni attivo nell’Istituto penale per minorenni – Ipm “Cesare Beccaria” e diventato di recente cappellano dell’istituto, al posto di don Gino Rigoldi.
Don Burgio, cosa può dirci dei fatti successi all’Ipm Beccaria, che oggi sono stati scoperti?
È l’ennesima pagina triste per il Beccaria, che da qualche tempo è dentro le cronache. Quella che si è scoperta oggi è una pagina veramente dolorosa. Quello che dovrebbe essere un istituto rieducativo diventa un modello assolutamente antitetico a quello che è scritto nella Costituzione e a quello che prevede il senso di umanità. Abbiamo a che fare con minorenni, con ragazzi che, per quanto difficili da gestire e provocatori, non meritano certo questo tipo di trattamento. Ovviamente i fatti andranno accertati, non entro nel merito di quelle che sono le contestazioni di reato.
Oggi com’era la situazione nell’istituto?
Il clima era pesante, di dolore. I ragazzi hanno appreso quello che era successo dalla tv e dal sentito dire. Il corpo di Polizia penitenziaria non va preso di mira in senso assoluto, non va colpevolizzato l’intero corpo. Ci sono anche agenti encomiabili, che lavorano bene da tanti anni, facendo anche turni massacranti. È una pagina veramente triste. Il carcere rimane l’unico dispositivo totale, separato dalla società, ancora esistente in Italia, dopo la chiusura dei manicomi. Che un istituto totale si trasformi in totalitario il passo è breve.
Questa pagina dolorosa cosa ci racconta?
Siamo testimoni ancora una volta di come purtroppo, con la forza muscolare, con la prevaricazione non si possa certamente educare e neanche fronteggiare le situazioni più difficili. In questi momenti ci si chiede anche cosa si potrebbe fare, per fare in modo che fatti del genere non accadano più, o accadano il meno possibile. Certamente in giornate come quella di oggi il mondo educativo viene interpellato, e anche il mondo della sicurezza. Non basta inasprire, reprimere le condotte sbagliate. Bisogna anche farlo, ripeto, secondo il dettato costituzionale e secondo l’umanità. Posso immaginare che questi ragazzi fossero particolarmente difficili, soprattutto in un certo periodo, quello dell’evasione del Beccaria. Però è chiaro che nessuno immaginava che dietro ci fossero eventi di questo genere. Occorre una formazione che va data anche agli agenti, a chi deve garantire la sicurezza. In questo periodo con il nuovo direttore Claudio Ferrari, molto competente e molto presente, stavamo vivendo un periodo finalmente di miglioramento. Questi fatti spero non deprimano l’ambiente, finalmente avevamo un dirigente stabile, dopo tanti anni, una persona interamente dedicata al Beccaria, come non c’era stata da molto tempo. Dispiace che questi episodi siano emersi adesso, evidentemente sono situazioni che si erano consolidate.
Don Burgio, il vostro dispiacere è anche quello di non esservi accorti di nulla?
Sì, mi dispiaccio molto di non essermi accorto di quello che accadeva. Negli ultimi anni i ragazzi sono molto aggressivi. Gli episodi di conflitto, di mani addosso, sono non dico all’ordine del giorno ma quasi. I ragazzi purtroppo sono omertosi, anche perché probabilmente c’erano delle intimidazioni. Era difficile per me capire cosa stesse succedendo. Ora, con il senno di poi, ripensando, capisco alcune situazioni…