di Francesca Faccani. Pubblicato in Vogue il 15 maggio 2024.
Alice Munro, madrina di un'arte per cui all'inizio non nutriva alcun interesse, è morta il 14 maggio 2024 dopo aver vissuto dieci anni nella demenza nella sua casa nell'Ontario, Canada, dove ha sempre vissuto.
Per rispondere ai lettori che chiedevano da quale libro di Alice Munro iniziare quando nel 2013 si era aggiudicata il Premio Nobel per la Letteratura, il New York Times aveva formulato una risposta stupenda. Non c'è nessun ordine temporale o di senso da seguire, non ci sono prerequisiti, come spesso capita nella lettura di autori complessi: «L'unico prerequisito per leggere Munro è aver vissuto». Perché, spiega: «I suoi libri non appartengono agli scaffali alti della libreria, ma nel sedile del passeggero della macchina, nella tote bag che ti porti a fare la spesa». I protagonisti dei suoi libri sono ragazze che prendono il treno regionale, che fanno scherzi, che si amano con normali e famigliarissimi uomini.
Dal giorno del suo 14esimo compleanno, Munro inizia a rispondere alla domanda “Che cosa vuoi fare da grande?” con: “La scrittrice”. Capisce qualche tempo dopo che era un desiderio da non pronunciare a voce alta. Va a studiare all'università scrittura e giornalismo con una borsa di studio, era l'unica cosa che sapeva fare dopotutto, e poi a vent'anni si sposa e lascia l'università, trasferendosi a Vancouver col marito che lì apre una libreria. Lei scrive nei ritagli di tempo, mentre i bambini dormono, mentre vanno all'asilo, quando la casa è pulita e si può concedere qualche oretta per chiudersi nella stanza da letto e buttare giù qualche riga. Anche perché per assemblare la sua prima raccolta di racconti ci impiega vent'anni: Danza delle ombre felici (Einaudi) esce quando lei ha trentasette anni. C'è già tutta Alice Munro in quella raccolta di racconti: storie che si dispiegano nelle fattorie e distese rurali dell'Ontario (Canada) e che non raccontano nulla se non le piccole gioie e disperazioni degli esseri umani, soprattutto delle donne, e la loro relazione col tempo, con gli affetti, con le proprie paure e aspirazioni: non raccontano nulla di ché, in realtà, ma forse un po' tutto.
Evasiva, eversiva, con un'idea chiara di quello che stava facendo, illustrando il mondo delle ragazze. «La parola ragazza m'era prima parsa innocente e senza implicazioni, come la parola bambino; adesso pareva che non fosse tale (…) era una definizione, sempre segnata da enfasi, riprovazione, delusione», fa dire a una delle protagoniste della sua raccolta di racconti forse più celebre: Nemico, amico, amante (2001). È qui che troviamo uno dei suoi racconti canonici e premonitori della sua stessa vita conclusasi con la demenza senile, L'orso attraversò la montagna, che racconta la storia di Fiona, 70 anni, che inizia a non ritrovare più le cose per casa, a perdersi per andare a fare la spesa, finché il marito non la manda in un ospizio, dove, finalmente felice, non trova un nuovo fidanzato. Forse l'aspetto più desolante dell'amore non è la morte oppure il tradimento, ma quando inizia a essere dimenticato.
sintesi di Alessandro Bruni
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