intervista a Raphael Sako a cura di Giovanni Panettiere. Pubblicato in Alzogliocchiversoilcielo del 22 aprile 2024.
Seminari vuoti e chiese deserte fugano gli ultimi dubbi sulla secolarizzazione in atto. Ai numeri non resta che certificare la transizione da una società religiosa a una in cui la fede ha perso progressivamente centralità. Solo lo scorso anno i candidati al sacerdozio nel mondo, stando all’Annuario statistico della Chiesa, si sono ridotti sotto i 110mila. Quanto alla messa, per restare all’Italia, è affare di non più del 18,8% della popolazione (dati Istat).
Che fare? Se i porporati conservatori puntano il dito contro il Papa, reo di aver banalizzato la Chiesa, altri, come il cardinale Raphael Sako, patriarca dei caldei, spingono Francesco a continuare sulla via delle riforme, comprese quelle dei preti sposati e del diaconato femminile. Paure e ricatti permettendo, come quelli che (in parte) si celano dietro la decisione della Segreteria generale del Sinodo dei vescovi di omettere dall’assemblea sinodale di ottobre il tema spinoso del celibato (non, però, dell’ordinazione tout court di uomini sposati).
Cardinale Sako, cosa la spinge a promuovere anche per la Chiesa di rito latino l’ordinazione di mariti e padri di famiglia?
"Il calo delle vocazioni è sempre più evidente e in futuro la situazione peggiorerà ancora. Nel mondo, penso per esempio al sud America, abbiamo comunità nelle quali non si riesce a celebrare la messa tutte le domeniche. Questo non va bene, l’Eucarestia è centro e culmine della nostra fede. Dobbiamo trovare allora delle soluzioni: l’ordinazione di uomini sposati muove nella giusta direzione".
Nella Chiesa caldea, di rito siriaco orientale, che lei presiede, ci sono già preti sposati. Come sono visti dalla popolazione?
"Abbiamo una ventina di presbiteri con famiglia. Sono apprezzati e preparati, hanno una licenza o un dottorato in Teologia, si tratta di uomini capaci di sintonizzarsi sulle urgenze dei fedeli in quanto vivono nella loro esperienza le difficoltà di chi ha moglie e figli".
Come riescono a coniugare le incombenze pastorali con quelle domestiche?
"Al pari di ogni uomo che lavora. E, fattore non di poco conto, avendo famiglia, patiscono meno la solitudine che accompagna sempre più la vita dei preti".
Quale è il loro rapporto con i presbiteri celibi?
"C’è armonia, la vocazione al sacerdozio è unica, il celibato non è legato all’essenza dell’essere prete. Almeno fino al primo millennio dopo Cristo in tutta la Chiesa vi erano sia sacerdoti sposati, sia celibi. Anzi all’inizio i primi erano in numero maggiore".
Ha parlato al Papa della sua proposta di ordinare uomini sposati?
"No, non direttamente, ma sono intervenuto in due circostanze al Sinodo sulla sinodalità dell’ottobre scorso".
Altri cardinali hanno la sua stessa sensibilità?
"Nessuno ha detto nulla in tal senso, almeno al Sinodo. Mi auguro che nella sessione conclusiva di quest’anno qualcuno si faccia avanti".
Uno dei motivi contrari ai preti sposati sono i rischi conseguenti alla gestione ereditaria?
"No, il problema è risolto a monte. I sacerdoti non possono intestarsi nulla, comprano e hanno nel nome della Chiesa".