di Chiara Milani. Pubblicato in Salute internazionale del 15 maggio 2024.
È di qualche settimana fa l’ufficializzazione della possibilità per migliaia di migranti salvati dall’Italia di essere mandati in Albania a seguito della ratifica di un accordo tra i due paesi da parte del Senato italiano che ha fatto seguito all’approvazione da parte della Camera dei deputati dello scorso gennaio.
Quasi contemporaneamente il 22 febbraio era avvenuta anche l’approvazione da parte del parlamento albanese dopo che a fine gennaio, il presidente della Corte Costituzionale albanese Holte Lacaj si era pronunciato affermando che “l’accordo è in linea con la costituzione” in risposta a trenta parlamentari avevano tentato di bloccarlo chiedendo un parere alla Corte.
La misura trova il sostegno della presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen. Nel frattempo, circa un mese fa (precisamente il 21 marzo), la prefettura di Roma ha pubblicato il bando per la gestione di tre centri per migranti in Albania che il governo vorrebbe fossero operativi entro il 20 maggio 2024.
L’accordo rappresenta il primo caso in cui un Paese non appartenente all’Unione Europea accetta migranti per conto di un membro UE. In cosa consiste l’accordo?
Prevede la costruzione di 2 centri di detenzione sul territorio albanese destinati a migranti portati in Albania dopo il salvataggio in mare in acque italiane da parte dell’Italia. I migranti aspetteranno in un ex porto della marina militare albanese a Shengjin, sulla costa settentrionale dell’Adriatico, mentre le loro domande di asilo italiane vengono esaminate. Da lì, i saranno condotti nell’entroterra a Gjader, ospitati e assistiti da uno staff di personale italiano. Ha una durata di cinque anni, prevedendo che l’Albania possa accogliere fino a 3000 migranti alla volta, per un totale di 36mila persone all’anno.
L’Italia rimarrebbe legalmente responsabile delle persone per tutta la durata del processo di richiesta di asilo e organizzerebbe la loro espulsione dall’Albania nel caso in cui venisse loro rifiutata la protezione internazionale. Tra 650 e 750 milioni di euro in cinque anni è il costo a carico del governo italiano stimato per la costruzione dei centri e delle infrastrutture per il funzionamento dei centri.
Tuttavia – non è difficile capirlo – questo accordo secondo le ong internazionali e di tutela dei diritti umani pone criticità e comporta il rischio violazioni gravi dei diritti umani, l’International rescue Committee lo ha definito “disumanizzante” e “colpisce ulteriormente il principio di solidarietà dell’UE”.
sintesi di Alessandro Bruni
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