di Erica Mencucci, Alessandro Senape, Margherita Marchi e Chiara Capanni. Pubblicato in Salute internazionale del 6 maggio 2024.
La Svezia appartiene, insieme all’Italia, ai sistemi sanitari a modello Beveridge, caratterizzati dall’accesso universale alle cure e finanziati tramite fondi pubblici ottenuti dalla fiscalità generale. La storia del sistema sanitario svedese, al pari di quella italiana, ha visto nel tempo il susseguirsi di diverse correnti sociali, politiche ed economiche.
Nonostante i venti del neo-liberismo, ad oggi, il sistema continua ad essere per lo più finanziato dalla tassazione generale e il carattere universalistico di stampo Beveridge si mantiene saldo. L’83% della produzione dei servizi rimane pubblico, con le Regioni e i Municipi che gestiscono rispettivamente gli ospedali e la presa in carico di anziani e disabili, mentre la spesa privata out of pocket rappresenta solo il 13% del totale, molto più bassa rispetto a quella italiana.
La Svezia riesce ad ottenere ottimi livelli di salute per la popolazione, con tassi di mortalità per malattie curabili e prevenibili tra i più bassi al mondo. Anche i livelli di soddisfazione della popolazione per i servizi offerti sono buoni. Questi risultati sono ottenuti a fronte di una spesa pro-capite elevata, più alta rispetto a paesi con livelli di mortalità paragonabili, dimostrando un’efficienza potenzialmente migliorabile.
Un punto di debolezza rimane il sistema delle cure territoriali, perennemente in affanno a causa della mancanza di personale. I medici non mancano (la Svezia è tra i paesi con più alto numero di medici per 100mila abitanti), ma pochi sono disponibili a lavorare in aree rurali. Territori vasti, poco abitati, con popolazione mediamente più anziana e meno ricca, sono poco attrattivi per il personale medico e per gli investimenti del settore privato, che quindi continua a concentrarsi nelle grandi città.. Dall’altro lato, queste caratteristiche territoriali premiano il ricorso a forme di telemedicina e altri sistemi volti a facilitare i contatti fra medici e pazienti. Altra grande problematica, forse quella vissuta con maggior disagio della popolazione, è la lunghezza delle liste d’attesa, a cui Regioni e Ministero fanno ancora fatica a porre rimedio.
Degno di nota, infine, è come la Svezia sia riuscita a limitare gli effetti delle correnti neo-liberiste sul suo sistema sanitario, non snaturandone la natura universalistica e pubblica. Negli ultimi anni sono aumentate le voci contrarie all’eccessiva decentralizzazione e all’aumento dell’autonomia regionale, visti come pericoli per la qualità del servizio pubblico e come potenziali cause di disuguaglianze. La sfida nel prossimo futuro potrebbe essere quella di riunire di nuovo i pezzi del puzzle in un unico sistema sanitario nazionale, rafforzando il ruolo decisionale del governo centrale e uniformando i servizi offerti sul territorio.
sintesi di Alessandro Bruni
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