Per le donne, si sottolinea nel Rapporto, il tema del bilanciamento tra lavoro e famiglia rimane critico per chi nella propria famiglia svolge un lavoro di cura non retribuito. Il gender gap tra il tasso di occupazione degli uomini e delle donne in Italia, nello stesso anno, era di 17,9 punti percentuali, ben più marcata rispetto alle differenze osservate a livello EU27 (9,4 punti percentuali) e seconda, di pochissimo, solo alla Grecia, dove la differenza è di 18 punti percentuali. Una spia delle difficoltà che le madri affrontano nel conciliare impegni lavorativi e familiari, viene mostrata dal numero di donne occupate di età compresa tra i 25 e i 54 anni: a fronte di un tasso di occupazione femminile del 63,8%, le donne senza figli che lavorano raggiungono il 68,7%, mentre solo poco più della metà delle donne con due o più figli minori ha un impiego, cioè il 57,8%. Al contrario, per gli uomini della stessa età, il tasso di occupazione totale è dell’83,7%, che varia e va dal 77,3% per coloro senza figli, fino al 91,3% per chi ha un figlio minore e al 91,6% per chi ne ha due o più.

Un’altra spia delle difficoltà per le madri nel conciliare lavoro e famiglia è senz’altro quella del lavoro a tempo pieno, più comune tra gli uomini rispetto alle donne, mentre accade l’opposto per il lavoro part-time: solo il 6,6% degli uomini che lavora, lo fa a tempo parziale, rispetto al 31,3% delle lavoratrici, che per la metà dei casi subisce un part-time involontario. E tra le donne che hanno figli, aumenta notevolmente la percentuale di donne impiegate a tempo parziale, ovvero il 36,7% rispetto a quelle senza figli, cioè il 23,5%. mentre, ra gli uomini, invece, si passa dall’8,7% per chi non ha figli al 4,6% per i padri.

La nascita di un figlio influisce pesantemente sulla disparità di genere nel mondo del lavoro, come mostrano i dati delle dimissioni volontarie post genitorialità: nel 2022 sono state effettuate complessivamente 61.391 convalide di dimissioni volontarie per genitori con figli in età 0-3 in tutta Italia, in crescita del 17,1% rispetto all’anno precedente e la percentuale che riguarda le donne è del 72,8% del totale, pari a 44.699. Mentre il 27,2% riguarda uomini, pari a 16.692. E per le donne il motivo principale delle dimissioni è la difficoltà nel conciliare lavoro e cura del bambino/a: il 41,7% ha attribuito questa difficoltà alla mancanza di servizi di assistenza, mentre il 21,9% per problemi di organizzazione del lavoro. Complessivamente, gli impegni legati alla cura rappresentano il 63,6% di tutti i motivi di convalida delle dimissioni fornite dalle lavoratrici madri. Per gli uomini, invece, il motivo principale è di natura professionale: il 78,9% ha dichiarato che la fine del rapporto di lavoro è stata dovuta a un cambio di azienda e solo il 7,1% ha riportato esigenze di cura dei figli.

Il Rapporto di Save the Children include anche l’Indice delle Madri, elaborato in collaborazione dall’ISTAT, una classifica delle Regioni italiane dove per le mamme è più facile vivere. Anche quest’anno, l’Indice indica la Provincia Autonoma di Bolzano a guidare i territori “mother friendly”, seguita da Emilia-Romagna  e Toscana. Nonostante rispetto all’anno precedente, la situazione italiana è migliorata sia in modo assoluto che per gap territoriale, le regioni del Mezzogiorno continuano a posizionarsi tutte al di sotto del valore di riferimento italiano: fanalino di coda risulta la Basilicata, preceduta in fondo alla classifica, da CampaniaSiciliaPuglia e Calabria. Sono queste le regioni che più di altre, scontano i mancati investimenti sul territorio, traducendosi in una carenza strutturale di servizi e lavoro.

Nelle conclusioni del rapporto (ove vengono proposte iniziative per la condivisione della cura, per il welfare e il lavoro e per i servizi per la prima infanzia) si evidenzia che: “Molti Paesi europei si sono dotati di strumenti politici volti ad affrontare e gestire il cambiamento demografico a partire da approcci diversi (ad esempio mettendo al primo posto il benessere delle famiglie come in Francia o la parità di genere come in Finlandia), ma attraverso una molteplicità di misure atte a rispondere al problema in maniera organica.” E in questo panorama, sottolinea Save the Children, l’Italia non sembra aver ancora affrontato il problema nella sua complessità, agendo su più fronti e con politiche organiche, olistiche e di lungo periodo.”