di Rossella Puca. Pubblicato in Pressenza del 3 maggio 2024.
Istituto penitenziario minorile di Milano “Cesare Beccaria”, mai titolazione meno azzeccata per un caso del genere. Perché sì, nonostante il nome del giurista illuminista, un reato di tortura codificato anzitempo e civiltà giuridiche che si presumono avanzate, nelle carceri italiane si continuano a perpetuare violenze ai danni dei detenuti.
Dopo Santa Maria Capua a Vetere, Ferrara, Melfi, San Gimignano (…e tanti altri) entra nel novero della cronaca delle violenze della polizia penitenziaria, questa volta a danni di minori, l’IPM Beccaria, uno dei più famosi d’Italia, sito nella periferia di Milano.
Lo scorso 13 aprile 2024, 13 agenti della polizia penitenziaria sono stati arrestati (e 8 sospesi) con l’accusa di aver commesso violenze e maltrattamenti proprio nei confronti di quei detenuti nel carcere minorile.
L’arresto segue un’indagine della procura di Milano che ha riscontrato violenze reiterate nei confronti di alcuni detenuti: le accuse per gli agenti sono di maltrattamenti a danno di minori, anche mediante omissione (cioè non impedendo il reato commesso da uno dei colleghi pur essendone a conoscenza), aggravati dalla minorata difesa e dall’abuso di potere; concorso nel reato di tortura, anche mediante omissione, aggravato dall’abuso di potere del pubblico ufficiale nonché dalla circostanza di aver commesso il fatto in danno di minori; concorso nel reato di lesioni in danno di minori, anche mediante omissione, aggravate dai motivi abietti e futili, dalla minorata difesa e dall’abuso di potere; concorso nel reato di falso ideologico ed infine una tentata violenza sessuale ad opera di un agente nei confronti di un detenuto.
Secondo le indagini, i maltrattamenti – cominciati nel 2022 – sarebbero stati compiuti soprattutto nelle stanze senza telecamere. La GIP, nell’ordinanza con cui ha disposto le misure cautelari contro gli agenti arrestati, ha scritto che all’interno del carcere ci sarebbe un «sistema consolidato di violenze reiterate, vessazioni, punizioni corporali, umiliazioni e pestaggi di gruppo» compiuti dagli agenti ai danni dei detenuti minorenni.
In questi giorni, invece, sono fuoriusciti sempre più dettagli (anche crudi) delle violenze attraverso le testimonianze dei ragazzi stessi: gli agenti ammanettavano i detenuti dell’IPM con le mani dietro alla schiena, in modo che non potessero proteggersi (uno di loro ha detto di essersi slogato la spalla in questo modo), li prendevano a calci, pugni e anche frustate fino a farli sanguinare, li minacciavano e li insultavano con espressioni razziste, spesso senza reali motivazioni.
Allontanandoci da ogni caricatura paternalista alla Mare Fuori, la giustizia penale minorile è realmente sotto attacco, serve una reale opposizione sociale ai programmi repressivi del Governo: contro la massiccia carcerizzazione minorile, per un carcere che sia realmente extrema ratio, se non addirittura superato, e non invece discarica sociale e macchina di annientamento, per una vera e propria educazione e cura del minore, fuori da violenze e torture di Stato.
sintesi di Alessandro Bruni
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