di Andea Malaguti. Editoriale di La Stampa, del 18 maggio 2024.
L’Italia non ha firmato la "Dichiarazione sul continuo progresso dei diritti umani delle persone Lgbtiq in Europa” promossa dalla presidenza belga del Consiglio Ue e sottoscritta da 18 paesi Ue. Per l’Italia il dossier era seguito dalla ministra per la Famiglia e le Pari Opportunità Eugenia Roccella che ha preferito far schierare l’Italia nella porzione di Ue che non sembra avere i diritti delle persone Lgbtiq in cima alla propria agenda, vale a dire Ungheria, Bulgaria e Romania. Repubblica ceca, Lituania, Lettonia, Slovacchia e Croazia non hanno ancora comunicato la loro risposta. La firma è avvenuta nel contesto della conferenza ad alto livello organizzata a Bruxelles dalla presidenza di turno belga, in occasione della Giornata internazionale contro l'omofobia, la bifobia, la transfobia e l'intersexofobia (Idahot).
La firma mancante è quella di Eugenia Roccella. È la ministra per la Famiglia e le Pari Opportunità la responsabile del dossier della dichiarazione per la promozione delle politiche europee a favore delle comunità Lgbtiq, presentata dalla presidenza di turno belga ai Paesi membri dell’Ue. È lei a rappresentare l’Italia nel momento in cui c’è da sottoscrivere i documenti che compongono la dichiarazione. La sigla viene posta in calce a quello che chiede di condannare le leggi discriminatorie e di attivarsi per eliminare atti di violenza e di odio fisici e verbali nei confronti delle persone Lgbti. Ma viene, invece, accuratamente evitata quando nel documento appare uno dei fantasmi di questo governo: l’identità di genere. Roccella rivendica la sua scelta e la mette sul piatto già fin troppo pieno della campagna elettorale, quando ogni argomento si trasforma in arma da brandire contro gli avversari.