di Selene Zorzi. Pubblicato in Rocca del 18 giugno 2024.
Il Papa ha ribadito il suo no all’ordinazione delle donne nel primo grado del ministero. La decisione sconcerta dal momento che, come è stato scritto soprattutto dalle teologhe in innumerevoli testi, articoli, pagine cartacee e virtuali e detto e ripetuto fuori e dentro le istituzioni teologiche da diversi decenni, non ci sono motivazioni bibliche, storiche, teologiche, di tradizione o sistematiche per tale esclusione.
Andrea Grillo, che molto appassionatamente ha avviato un dibattito su questa questione, ha chiamato le teologhe ad intervenire. Se l’entusiasmo da parte nostra stenta ad accendersi e se l’entrata appare in seconda battuta non è certo per paura o per mancanza di argomenti. C’è piuttosto la sensazione che tutto quello che c’era da dire è stato già detto, scritto e ribadito più e più volte da ciascuna di noi a tempo opportuno e non opportuno.
Da parte mia posso aggiungere che emerge quasi una certa insofferenza ad essere chiamata ad entrare in un dibattito che pur riprendendo gli studi e le argomentazioni denunciate dalle teologhe, sembra ora essere preso sul serio solo perché avviato da teologi. Sappiamo infatti di essere state una tenace minoranza, anche un po’ di nicchia, e che la nostra riflessione è stata ignorata dalla più seriosa riflessione maschile, talvolta derubricata a questioni sociologiche, certamente quasi mai letta, nonostante la consistenza e la capillarità delle pubblicazioni. Forse c’è da ammettere anche che vi sia stato un certo timore in passato di parlare di queste questioni da parte dei teologi patentati, per paura di perdere il posto o di non fare carriera.
Ma sempre più mi convinco che il motivo deve risiedere anche altrove.
Il cervello patriarcale
Se, infatti, il no all’ordinazione delle donne appare sconcertante perché non può basarsi su nessuna argomentazione razionale e motivo teologico, un motivo però deve pur averlo e va probabilmente ricercato in qualche passione o paura, comunque in una reazione istintiva e non razionale.
Le reazioni che chiamiamo istintive e che spesso vengono confuse con “naturali” hanno a che fare anche con la biologia e con il nostro cervello. Le ricerche scientifiche dicono che la cultura plasma il nostro cervello e le nostre reti neurali in modo così forte da diventare un assetto quasi permanente di noi, da diventare talmente parte di noi da sembrarci “naturale”. Questo accade soprattutto se le convinzioni e l’educazione che riceviamo derivano da situazioni secolari e se ad esse siamo stati “addestrati” fin dall’infanzia. Un noto biologo e psicanalista, M. Benasayag, volendo farmi capire la plasticità del cervello ma anche il suo strutturarsi, ha usato l’esempio del fatto che i maschi non riescono proprio a vedere e capire certe istanze delle donne.
Non che i loro cervelli nascano “naturalmente” diversi, ma perché l’educazione patriarcale che hanno ricevuto, nella quale sono cresciuti e che hanno respirato fin da piccoli, ha “irrigidito” nel corso del tempo le loro reti neurali così. Il cervello infatti è plastico e può modificarsi, più facilmente in età giovanile che adulta, più facilmente negli strati più recenti che in quelli ancestrali. Ciò spiegherebbe la difficoltà del cervello di un cattolico maschio anziano a far cadere la riserva maschile all’ordinazione e la velocità delle sue sinapsi ad associare omoaffettività ad “anormalità”… per la felicità di Vannacci.
sintesi di Alessandro Bruni
per leggere l'articolo completo aprire questo link