di Enrico Bucci. Pubblicato in Il Foglio dell'1 giugno 2024.
Credo che sia esperienza comune a molti l’interlocuzione con persone che, lontane dalla condivisione di porzioni anche piccole di conoscenza scientifica, ma soprattutto dei suoi metodi e del suo significato, esprimono una sostanziale delusione nei confronti del tipo di conoscenza che da essa scaturisce, perché la ritengono insufficiente in quanto mai certa. Ho già spiegato su queste pagine perché, lungi dall’essere un difetto, il tipo di certezza statistica – o per meglio dire il tipo di confinamento del grado di incertezza, mediante statistica e metodo sperimentale – è precisamente il vantaggio che consente alla scienza di evolvere e migliorare, invece di rimanere immota di fronte a fatti nuovi o alla scoperta di errori, come avviene per la pseudoscienza, il pensiero magico o la religione. Vorrei qui provare a esaminare brevemente la stessa questione sotto un’altra prospettiva: quella dell’informazione che è possibile ricavare sul mondo attraverso un qualunque metodo di indagine, e del suo rapporto con l’essenza della scienza, vista nella prospettiva del falsificazionismo di Popper.
Rispolverata la definizione data da Popper, passiamo a un argomento apparentemente molto diverso, ovvero la definizione di informazione moderna – quella data da Shannon. Per farlo, mi riferirò non al suo articolo fondamentale sulla misura dell’informazione, ma a una sua risposta data in un consesso più informale, adattata al punto che mi interessa evidenziare più avanti. Immaginiamo che di un certo oggetto fisico conosciamo tutti i possibili stati, e la probabilità con cui potremmo trovare l’oggetto in uno di quelli, ove andassimo a fare una verifica.
Il metodo scientifico sperimentale, cioè, consiste proprio nel guadagnare informazione sul mondo, eliminando ipotesi possibili a priori, ma scartate a posteriori dopo le opportune misure; e in questa ottica vi è un evidente ponte fra il falsificazionismo di Popper e la definizione scientifica di informazione data da Shannon. Vi è però un ingrediente ulteriore da considerare, che distingue l’acquisizione di informazione almeno provvisoriamente vera tipica della scienza dall’acquisizione di informazione in modo indiscriminato, e che è il punto di superiorità della scienza rispetto ad altre forme di pensiero quali quello magico. Lo scarto di ipotesi fra tutte quelle possibili, cioè, può avvenire anche attraverso un processo intuitivo e idiosincrasico; in questo modo, secondo la definizione di Shannon, guadagno sì informazione, ma essa è inutile se deve servire a conoscere il mondo in maniera tale, da poter fare previsioni su come ci si presenterà a una verifica basata su una misura.
sintesi di Alessandro Bruni
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