di Alessandro Bruni
Ho letto le tracce proposte per l'Esame di Stato Conclusivo del secondo ciclo di istruzione diffuso dal Ministero dell'Istruzione e del merito. Sono rimasto colpito dalla Proposta B3 della prova di italiano che qui a seguire riporto:
Produzione
Sulla base delle tue conoscenze personali, delle tue esperienze e della tua sensibilità, elabora un testo nel quale sviluppi il tuo ragionamento sulla tematica proposta nel brano. Argomenta in modo tale che gli snodi della tua esposizione siano organizzati in un testo coerente e coeso.
PROPOSTA B3
Testo tratto da: Nicoletta Polla-Mattiot, Riscoprire il silenzio. Arte, musica, poesia, natura fra ascolto e comunicazione, BCDe, Milano, 2013, pp.16-17.
Concentrarsi sul silenzio significa, in primo luogo, mettere l’attenzione sulla discrezionalità del parlare. Chi sceglie di usare delle parole fa un atto volontario e si assume dunque tutta la responsabilità del rompere il silenzio.
Qualsiasi professionista della comunicazione studia quando è il momento opportuno per spingersi nell’agone verbale: la scelta di «smettere di tacere» è un atto rituale di riconoscimento dell’altro.
[…] Si parla perché esiste un pubblico, un ascoltatore. Si parla per impostare uno scambio. Per questo lavorare sull’autenticità del silenzio e, in particolare, sul silenzio voluto e deliberatamente scelto, porta una parallela rivalutazione del linguaggio, la sua rifondazione sul terreno della reciprocità. Dal dire come getto verbale univoco, logorrea autoreferenziale, al dialogo come scambio contrappuntistico di parole e silenzi.
Ma il silenzio è anche pausa che dà vita alla parola. La cesura del flusso ininterrotto, spazio mentale prima che acustico. […] Nell’intercapedine silenziosa che si pone tra una parola e l’altra, germina la possibilità di comprensione. Il pensiero ha bisogno non solo di tempo, ma di spazi e, come il linguaggio, prende forma secondo un ritmo scandito da pieni e vuoti. È questo respiro a renderlo intelligibile e condivisibile con altri.
Il silenzio è poi condizione dell’ascolto. Non soltanto l’ascolto professionale dell’analista (o dell’esaminatore, o del prete-pastore), ma della quotidianità dialogica. Perché esista una conversazione occorre una scansione del dire e tacere, un’alternanza spontanea oppure regolata (come nei talk show o nei dibattiti pubblici), comunque riconosciuta da entrambe le parti. L’arte salottiera e colta dell’intrattenimento verbale riguarda non solo l’acuta scelta dei contenuti, ma la disinvoltura strutturale, l’abile dosaggio di pause accoglienti e pause significanti, intensità di parola e rarefazione, esplicito e sottinteso, attesa e riconoscimento. Si parla «a turno», si tace «a turno».
Comprensione e analisi
Puoi rispondere punto per punto oppure costruire un unico discorso che comprenda le risposte a tutte le domande proposte.
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- Riassumi il contenuto del brano e individua la tesi con le argomentazioni a supporto.
- Perché ‘la scelta di «smettere di tacere» è un atto rituale di riconoscimento dell’altro’? Illustra il significato di questa frase nel contesto del ragionamento dell’autrice.
- Quali sono le funzioni peculiari del silenzio e i benefici che esso fornisce alla comunicazione?
- La relazione tra parola, silenzio e pensiero è riconosciuta nell’espressione ‘spazio mentale prima che acustico’: illustra questa osservazione.
Produzione
Commenta il brano proposto, elaborando una tua riflessione sull’argomento come delineato criticamente da Nicoletta Polla-Mattiot . Condividi le considerazioni contenute nel brano? Elabora un testo in cui esprimi le tue opinioni organizzando la tua tesi e le argomentazioni a supporto in un discorso coerente e coeso.
Ora è chiaro che nessuno studente (e tanti di noi) ha letto il libro di Polla - Mattiot e quindi la proposta del Ministero è basata sulla capacità di ragionamento e di collegamento creativo degli studenti sulla base di quanto proposto. Questo invito allo studente di creare una riflessione originale e creativa, mi è molto piaciuta perché invece di indagare su quanto prevedibilmente ha conosciuto nello studio diretto a programma, lo si invita ad esprimere un sapere più profondo sulla natura dell'interazione tra quello che ha imparato a scuola e quello che ha saputo dedurre nella sua vita di relazione globale, ponendolo come soggetto creativo di fronte a una conoscenza di se stesso e al suo vissuto.
Questa proposta riflessiva mi ha ricordato un mio vecchio professore all'università che dopo aver chiesto argomenti in programma faceva domande su quanto non era in programma. E alle timide rimostranze dello studente rispondeva serafico che nella sua vita professionale avrebbe dovuto affrontare pazienti che non erano classificabili con una malattia, ovvero di sintomi che non corrispondevano ad una sua conoscenza diretta, ma che lo costringevano a mettere in atto un sapere più profondo per dare un inquadramento di ricerca verso una soluzione patologica apparentemente sconosciuta. Una situazione in cui il medico non ha termini di conoscenza diretta di studio o di esperienza, ma è nell'obbligo etico di dare una risposta di indirizzo al paziente che vada oltre al "non lo so", ma attinga ad una esplorazione attraverso esami e orientamenti conoscitivi che permettono di dare risposta certa ai suoi malanni. In queste situazioni il medico deve mettere in atto il "silenzio informato" che è la base della successiva tappa esplorativa che per tentativi affondano non nella conoscenza, ma nel sapere da lui acquisito nell'esperienza professionale e nella sua personale ricerca della verità.
Trovo che questa traccia di proposta colga il segno dell'aprire lo studente ad una riflessione personale che si colloca sul sentire e sull'essere nell'eterno conflitto del rispetto verso chi parla e verso chi ascolta. Una riflessione che dovremmo fare anche noi che scriviamo e leggiamo questo blog, bene espresso nella frase propositiva:
“Elabora un testo in cui esprimi le tue opinioni organizzando la tua tesi e le argomentazioni a supporto in un discorso coerente e coeso”.
Alla luce di questa frase, mi chiedo se io e voi siamo capaci di esercitarci criticamente e introspettivamente di fronte agli argomenti proposti in questo blog. Eppure, dovrebbe essere un esercizio quotidiano di discrimine e di elaborazione che le tante notizie dei media fanno nel nostro vivere una cittadinanza attiva, non da cerebrolesi del mainstream. Non vi nascondo che il testo di Polla-Mattiot mi mette in crisi perché mi impone “il silenzio che è anche pausa che dà vita alla parola”. Conosco questa fatica e conosco le mie difficoltà nelle risposte e nelle parole che dovevano essere taciute e nei silenzi di indifferenza che invece dovevano essere interrotti. Mi chiedo se noi adulti siamo ancora capaci di formulare un discorso coerente e coeso da cittadini di un futuro non distopico. O le "vaccinazioni dell'età" e del "vissuto" ci hanno resi tutti inconsciamente cacciatori di giovani per noi alieni, timorosi che la loro autoriproduzione intellettiva ci danni all'obsolescenza in un tempo percepito come del tutto spiacevole e indesiderabile.